
Una collocazione definitiva per la celebre opera di Enrico Baj “I funerali dell’anarchico Pinelli” (1972) che trova sede al Museo del Novecento, in una sala monografica dedicata all’artista.
Da domani, giovedì 20 febbraio, sarà esposta al pubblico la grande installazione polimaterica in uno spazio dedicato a Enrico Baj all’interno della Galleria “Gesti e processi [Anni 60-90]” recentemente riallestita.
La sala si apre su piazzetta Reale rafforzando l’idea del Museo come soglia: lo sguardo del visitatore si allarga sull’esterno mentre anche i passanti possono scorgere l’opera dalla strada come già avviene in Piazza Duomo con l’ormai iconica Sala Fontana.
Il dialogo con la città rafforza la denuncia civile di un episodio drammatico che ha segnato la vita cittadina e dell’intera nazione.
Il riferimento a Guernica (1937) di Picasso è esplicito, lo ritroviamo nell’impianto compositivo e nella spazialità immersiva, nelle figure scomposte e nelle espressioni sconvolte dallo sgomento e dal terrore. Ma anche nel voler condividere, attraverso l’arte, lo sdegno e il dolore di fronte ai fatti violenti che hanno coinvolto la società civile tutta.
L’opera “I funerali dell’anarchico Pinelli”, alta tre metri e lunga dieci, è composta da figure ritagliate su sagome di legno e assemblate con la tecnica del collage, tipica di Baj. L’installazione completa il percorso espositivo della Galleria “Gesti e processi” che vede protagonisti opere e movimenti artistici al centro degli avvenimenti culturali e sociali che hanno contraddistinto Milano dagli anni Sessanta agli anni Novanta.
I preziosi scatti di Ugo Mulas, esposti sia nella prima sala con i lavori di Piero Manzoni sia nella successiva dedicata al Nouveau Réalisme, restituiscono l’atmosfera del gesto creativo e dello spirito dell’epoca. Da qui il visitatore accede allo spazio che ospita l’opera di Enrico Baj che, fondatore del Movimento Arte Nucleare cui partecipa anche Manzoni, condividerà il fare partecipativo e lo spirito eversivo del Nouveau Réalisme.
La sua ricerca continuerà poi mettendo al centro l’uomo con le sue pulsioni, il desiderio di libertà e l’impegno civile a costruire mondi possibili.
Il percorso espositivo prosegue con lavori significativi dell’Arte Programmata e Cinetica, protagonisti del Pop Italiano e dell’Arte Povera, fino alle sperimentazioni video e si conclude con l’emblematica Lullaby di Maurizio Cattelan. L’installazione realizzata con le macerie del PAC Padiglione d’arte contemporanea, distrutto dall’attentato di matrice mafiosa del 1993, può essere considerata la metaforica fine delle aspirazioni del Secolo breve ma può essere interpretata anche come un’aperture alle nuove ricerche dell’arte contemporanea che troveranno spazio nel progetto del nuovo Arengario.