Lynn Hershman Leeson. Anti-Bodies

sede: HeK – Haus der elektronischen Künste (Basilea).
cura: Sabine Himmelsbach.

Una delle esposizioni più singolari che si possono vedere in questi giorni a Basilea – proprio nel periodo di apertura della più importante fiera d’arte del mondo – è senza dubbio quella di Lynn Hershman Leeson alla HeK (Haus der elektronischen Künste).
Anche se poco conosciuta in Italia, questa artista americana fin dagli anni ’60 è considerata una dei pionieri della new media art.
Ha lavorato sulle interazioni dei media con l’identità, ha trattato gli scambi fra il corpo e la tecnologia e le relazioni fra il reale e il virtuale.

Verso la fine degli anni zero, Hershman Leeson ha coniato il termine “Anti-body”, per definire la sua identità virtuale in Internet. Una identità che manifesta una propria intelligenza artificiale.
Ciò che cerca di mettere in evidenza è il fatto che, nell’epoca della biologia sintetica, i confini fra vita naturale e vita artificiale si stanno sempre più assottigliando e progressivamente dissolvendo. Per la Hershman Leeson la vita può essere realizzata artificialmente.

La mostra presenta vari ambienti che riproducono o ricordano i laboratori nei quali si svolgono ricerche scientifiche, tant’è che viene chiesto ai visitatori di indossare un camice bianco.
Le stanze prendono il nome di “Ingegneria genetica”, “Tracce forensi”, “Anticorpi”, “DNA e anticorpi”, “Strane culture”,…
Questo tipo di opere, che si muovono fra biologia, elettronica, software, tecnologie emergenti, intelligenza artificiale, si collocano, secondo una recente classificazione proposta da Ars Electronica di Linz, nell’area delle Hybrid Arts.
E’ una risposta al ruolo centrale della ricerca scientifica e tecnologica nella cultura contemporanea, ma al contempo un critica alla arroganza e alla disumanizzazione che questi processi portano con se.
Ennio Bianco