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Enrico Grasso. Italian tales
sabato 7 Ottobre 2017 - sabato 21 Ottobre 2017

sede: Satura Art Gallery (Genova);
cura: Andrea Rossetti.
Pizza e pasta, da intoccabili icone popolari ad oggetti di culto concettuale.
Non è fantascienza, ma Enrico Grasso ad essersi spinto tanto oltre la Pop art dall’aver tramutato l’uso di quel linguaggio – in verità già di suo assai mentale e per niente frivolo – nell’esplicitazione radicale di un Made in Italy invidiato e celebrato da tutto il mondo.
E quindi in una visione pittorico-concettuale fuori dai soliti schemi.
Aver lavorato per anni come grafico pubblicitario ha evidentemente lasciato in Grasso un imprinting specifico; un’inalienabile sensibilità di comunicazione senza cui non riuscirebbe oggi a subissare i nostri sensi con la sua fitta raffica d’input visivi / più-che- visivi, indispensabile collante tra il proprio credo pittorico ed una dimensione narrativo-introspettiva abile a scavare nel subconscio.
Una dimensione al tempo stesso capace di processarsi seguendo i temi della partecipazione emotiva, portando l’artista romano a spalancare le porte su ambientazioni empatiche, costruite a tavolino, dove nulla risulta pittoricamente lasciato al caso ed anche l’esigenza di un tête à tête tutto al femminile assume valore pienamente universale (Parla di me. Coscienza – inconscio).
Oppure – invertendo il senso d’azione – a convincerlo nel rinchiuderci dentro situazioni formali in cui l’individualità del libero arbitrio può tenersi in allenamento, indossando i panni della propria Personalidad; ad archiviare momenti storici autoproclamandosi regista di “ritorni al passato”, in stralci pittorici dove l’orgoglio italiano targato anni Sessanta si riaccende tra un deflettore aperto, un finestrino abbassato e le inconfondibili curve della Fiat 500 (1966).
Sempre e comunque a Grasso servono pochi elementi, scelti scavando in un background iconico che è patrimonio universale.
A condizione però che siano solo quelli giusti.
Congruenti contro ogni ragionevole logica, come le parti diverse e complementari di un’unica Evolution, brillante esempio di un sincretismo scultura / pittura che, a sua volta, funziona da surreale ponte congiunturale tra differenti (distanti, ma parimenti distintive) mitologie: da una parte quella a stelle e strisce di Capitan America, dall’altra quella tricolore – se non particolarmente capitolina – degli obelischi e della michelangiolesca Creazione di Adamo.
Et voilà, la globalizzazione è servita.