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Fabula / Incroci – Mostra Collettiva
sabato 11 Febbraio 2017 - domenica 14 Maggio 2017
sede: Museo del Paesaggio (Torre di Mosto);
a cura di: Giorgio Baldo e Stefano Cecchetto.
L’esposizione che inaugura il nuovo anno, curata da Giorgio Baldo e Stefano Cecchetto, è nata dall’idea di celebrare il decennale dell’attività del Museo del Paesaggio aprendo un nuovo orizzonte alla sua futura ricerca: aprire l’occhio a un altro paesaggio, il “paesaggio del fantastico”, quello che vivifica come un fiume carsico tutti i grandi libri dell’uomo.
Accanto al reale e alle infinite sorprese delle sue rappresentazioni ci si è proposti di ritrovare e presentare, in un ciclo triennale, le grandi narrazioni che rincorrendo mitologie, favole, avventure fantastiche hanno nei secoli costruito un altro mondo accanto a quello “vero”: irreale certo nella sua fisica e nella sua consistenza di materia, ma vivo di immagini straordinarie, frutto esclusivo delle invenzioni della fantasia.
Vicino alle rivisitazioni di alcune delle storie e favole “classiche”, sono inserite storie più recenti e contemporanee; sono stati coinvolti gli artisti che hanno esposto le loro opere al Museo negli ultimi anni e, a incrociare dipinti e installazioni, le opere di alcuni dei più importanti artisti italiani e internazionali che operano nel campo dell’illustrazione e del fumetto.
La mostra che si è sedimentata nell’ultimo anno, si configura come un “racconto di racconti” che si è cercato di articolare attorno a nuclei tematici, scandendone ognuno in capitoli più o meno ampi.
L’esposizione è stata divisa in due parti, collocate ognuna nei due edifici del Museo del Paesaggio: l’ex scuola elementare da una parte e il Laboratorio dall’altra.
Nel primo edificio il tema di “Fabula” si è sviluppato in modo più libero da tesi e temi precostituiti, ordinandosi in “capitoli” che sono andati quasi autonomamente a disporsi da sé nella sequenza che segue.
“Primordi”.
Il primo capitolo del viaggio comincia con una fantasia sulla “pre-historia”: con Ezio Gribaudo si è allestito una sorta di set archeologico in cui l’artista ci presenta alcuni “ritratti” di chi, in tempi geologici, ha abitato prima di noi il nostro pianeta: i dinosauri fanno bella mostra di sé portandoci ad altri paesaggi e ad altri tempi dell’avventura della vita.
“Il Libro”.
Il secondo capitolo è dedicato al libro; il magico contenitore inventato nei tempi dei tempi per conservare in parole e immagini “l’ Altro mondo”, che la sapienza e la fantasia dell’uomo ha costruito nei millenni.
L’Archivio Cardazzo ci ha fornito alcuni libri d’artista – Capogrossi, Tilson, Procktor, Gentilini, Antes, Bacci, Azzaroni, Pozzati, Scanavino, Verdet – che la Galleria del Cavallino ha commissionato ai propri artisti dagli anni ’60 agli anni ’80 del secolo scorso e che abbiamo aperti a mostrare l’esplosione della fantasia immaginativa che l’arte sa offrire alla vita.
Mariapia Roncoroni ci presenta invece la sua riflessione amara – ma che mai si arrende al nichilismo – dei suoi “libri muti”, straziati dai chiodi che li vogliono sfregiare e chiudere, offendendo ciò che di nobile in essi si incarna: la conoscenza, l’utopia, la parola.
“I luoghi delle Fonti sorgive”.
Nel terzo capitolo abbiamo rincorso le tracce di un folletto che ci accompagna dai primordi del tempo e anima l’infanzia della specie: lo spiritello saltellante che ci impollina con il piacere del gioco; con la sua allegria ispira gli artisti nella creazione delle forme felici del mondo.
Paolo Valle racconta, inondato da questa grazia, animali parlanti, re con la corona d’oro, musicanti di Brema; Nelio Sonego trasforma le geometrie della razionalità, i severi triangoli della misurazione, in farfalle vaganti nel cielo delle idee; i segni germogliano e si dispongono in geroglifici di senso e parole visive.
“L’onirico e l’introspezione”.
Il quarto capitolo è dedicato al territorio dell’onirico e dell’introspezione sul sé.
Gli enigmi dell’inconscio nelle rappresentazioni visibili degli artisti prendono forma determinata senza perdere la loro carica di interrogazione.
Lina Sari, Giovanni Cesca, Mario Schifano sono gli autori scelti per questa esplorazione.
“Storie di amicizie e alterità”.
Il quinto capitolo presenta due racconti visivi.
Il primo, la “Stanza del figlio”, ripropone in modo fedele su un parete la cameretta del figlio di un curatore.
Il padre ha ricevuto dagli amici artisti una serie di doni che ha regalato al figlio e il giovane li ha disposti nella sua camera componendo un sua piccola esposizione fatta da dipinti, disegni, manifesti che tengono compagnia alla sua fantasia: la composizione diviene rappresentazione della fertilità di un dono che diviene creativamente un nuovo fare per una nuova emozione.
Il secondo tema, “Prigioniere” di Luigi Rizzetto, è il ritratto di una alterità femminile che non si lascia mai decifrare sino in fondo né mai riportare alla possibilità di uno svelamento definitivo; le sue prigioniere imparano le loro posture severe ed enigmatiche dal lavoro sugli equilibri impossibili dei giocolieri, si protendono in tensioni insieme epiche e liriche verso ideali cieli e mari irraggiungibili, strette da legacci nel corpo della materia che imprigiona a terra i voli celesti dell’anima e della mente verso la comunione con l’infinito del cosmo e la poesia del notturno plenilunio.
“Fabula”.
In questa sezione si trovano una serie di tavole tratte da un insieme di storie illustrate da alcuni grandi artisti italiani e internazionali; immagini che partendo o da alcuni dei grandi libri divenuti “classici” del racconto fantastico, o da una storia di loro invenzione, penetrano il mistero degli uomini e delle cose: dove le storie, anche in un piccolo segno a matita, nel tracciato di una linea, diventano sogno evanescente e insieme realtà tangibile.
Fanno parte di questo “racconto di racconti”, parte centrale dell’esposizione, Lucio Schiavon, Gianni Verna, Lorenzo Mattotti, Gianluigi Toccafondo, Emanuele Luzzati, Roland Topor, Roberto Perini, Jean Michel Folon, Franco Matticchio, Leonardo Cemak, Altan, Brad Holland, Sempé, Alessandro Sanna, Hugo Pratt, Guido Crepax, Luca Caimmi, Karel Thole, Milton Glaser, Andrea Morucchio, Giovanni Soccol, Enrico Manera.
Nel secondo edificio del Museo, il Laboratorio, abbiamo rivisitato con gli occhi di “Fabula” il tema della civiltà contadina, che in modo così penetrante ha caratterizzato l’identità del luogo dove il Museo del Paesaggio trova la sua sede.
È la civiltà scomparsa delle nostre campagne negli anni ’60 del secolo scorso e di cui scorgiamo ancora, seppur confuse e annerite dal tempo, tracce e reperti che sembrano volerci ancora parlare.
“C’era una volta…”.
Era un mondo fervido di immaginazione, intessuto di favole e storie raccontate alla sera nel filò, al caldo della stalla con la bocca aperta; un mondo del tempo lento, così diverso da quello affrettato della civiltà industriale e di quello perennemente connesso e tutto concentrato nell’attimo del presente della civiltà tecnologica.
Alcune di quelle storie “antiche” che risuonavano allora le abbiamo di nuovo raccontate nel nostro Museo, ritrasformate (e alcune reinventate) dalla immaginazione di Giovanni Cesca, Giani Sartor, Gigi Prosdocimo, Chiara Trentin, Silvia Bellinzani, Cristina Bettin, Francesca de Pieri, Veronica Ruffato.
E assieme a queste, più strettamente legate al “ricordo” del mondo antico, abbiamo scelto due nuove storie, strettamente intrecciate al tramonto di quel mondo.
Nell’opera di Sandro Boccato viene raccontato liricamente il suo “ricordo felice”; la campagna dell’infanzia e dell’adolescenza nelle stanze della memoria fa parlare uomini, animali, natura con i versi della poesia.
In Terenzio Trevisan invece il precipitare nel nulla di quella millenaria civiltà, la sua trasformazione in un nuovo di cui non si riconoscono più le rassicuranti fattezze, diviene ferita per lo scorrere di un incubo surreale.
I suoi contadini ci fissano o ridono allucinati, contaminati dalla pazzia che ha sfregiato la natura, corrosa dall’acido della tecnica e del chimico, dagli sconvolgimenti portati dalla fabbrica della vicina Portomarghera in cui quegli stessi contadini vanno a lavorare negli anni ’50 e ’60.
Le sue immagini surreali testimoniano la trasformazione “tragica” della natura, la sua sopravvenuta estraneità: persa la confidenza con il suo scorrere, essa diviene per l’uomo d’oggi luogo di inquietudini e metamorfosi terrifiche di uomini, animali, forme vegetali; nel sogno il suo incubo.
Per finire l’esposizione presenta, organiche alle storie del Laboratorio, un insieme di oggetti e di foto del vicino “Museo della Civiltà contadina” che deve forzatamente traslocare dalla sua attuale sede; queste presenze testimoniano il nostro impegno affinché la sua esperienza e le opere che contiene non siano disperse e trovino una nuova sede e idee per tener viva e parlante la memoria dell’identità del luogo.
Didattica.
Il Museo del Paesaggio con questa esposizione si propone di dialogare attraverso diverse iniziative di carattere didattico con il mondo della scuola della Città metropolitana di Venezia e, in modo particolare, con gli Istituti del Veneto Orientale.
Per questo compito il Museo si avvarrà della collaborazione dell’Associazione Culturale Dimensione Cultura.