di Giorgia Mocci.

Julie Mehretu è un’artista etiope nata ad Addis Abeba nel 1970 da un professore universitario di geografia etiope e da madre statunitense. A causa dei disordini politici che hanno colpito il suo Paese, Julie si trasferisce insieme alla sua famiglia nello Stato americano del Michigan. E’ proprio qui che la giovane trascorre la sua adolescenza. Nel 1992 si diploma presso il Kalamazoo College ottenendo il Bachelor of Arts. L’ultimo suo anno formativo lo trascorre in Senegal presso la Cheikh Anta Diop University (UCAD) di Dakar. In seguito, la donna continua a studiare prima in Zimbabwe, poi nel Rhode Island, dove ottiene una laurea in belle arti presso l’istituto di design di Providence. Successivamente, viene selezionata per il programma CORE offerto dal Museo di Belle Arti di Houston: un’esperienza che le permette di studiare, sperimentare e mettere in mostra le proprie opere.

«Di questa vita a cavallo di culture differenti mi è rimasta la voglia di “una comune”: ricordo che appena arrivati dall’Africa in America, mi pareva strano che noi neri fossimo in minoranza, che ci fossero così tanti bianchi in giro. In famiglia frequentavamo una stretta comunità di etiopi e poi pian piano Detroit è diventata sempre più multiculturale» – Julie Mehretu
Il concetto di comunità è di conseguenza centrale per l’artista, che con il passare degli anni si rende conto di come l’America sia un paese multiculturale e nutre perciò il bisogno di far parte di un gruppo per essere nel mondo; necessità che piano piano si riflette anche nella sua arte. I suoi lavori sono tutti frutto di relazioni umane molto intense e profonde e riflettono il vivace multiculturalismo americano: le opere di per sé non sono classificabili in un unico genere, in quanto incorporano e mischiano tecniche diverse a creare strati su strati che si intrecciano in molteplici punti di vista. La sua pratica è basata sull’astrazione, ma si rifà anche a nozioni di storia dell’arte, di geografia, di storia contemporanea; le sue opere non si sottraggono all’influenza degli eventi storico-sociali contemporanei come le lotte sociali e i movimenti rivoluzionari.
Negli anni Novanta opera sotto la guida dell’artista Michael Young e grazie al suo aiuto riesce a realizzare tantissimi disegni che rappresentano essenzialmente città, comunità, mappe aree che ricordano soprattutto il lavoro svolto da suo padre, quello di geografo. Inizia successivamente a cimentarsi nella tecnica dell’acquaforte e poi in quella dell’incisione che sarà molto presente nei dipinti e nei disegni realizzati a partire dal 2010.
Uno dei suoi primi lavori è Timeline Analysis of Character Behaviour. Migration Direction Map (1996) in cui, con una mappa in bianco e nero di grandi dimensioni, realizza disegni che rappresentano vedute aree di masse di persone. Nell’opera utilizza una tecnica nuova: quella della successione di strati di acrilico trasparente abbinato ad un linguaggio artistico personale caratterizzato dall’utilizzo di punti, croci, curve, frecce direzionali, linee, segni.
La sua carriera è brillante e nel 2001 riesce finalmente a tenere la sua prima mostra personale presso una galleria di Harlem. L’artista vende i dipinti esposti ancora prima dell’apertura della mostra.






Emperial Construction, Istanbul (2003) è un altro suo celebre lavoro. Caratterizzato dall’utilizzo di segni, linee colorate e stratificazioni, che ritroviamo in pieno movimento dai bordi al centro, nonché dalla presenza di lettere e forme della scrittura araba, il dipinto vuole rendere omaggio alla città di Istanbul intrecciando immagini del passato, del presente e del futuro.
I mesi trascorsi a Berlino nel 2006 portano alla realizzazione di Grey Area, una delle opere più note dell’artista, a cui verrà dedicata una grande mostra personale a New York. Nella serie dedicata alla capitale tedesca, Julie Mehretu sperimenta per la prima volta la tecnica della cancellazione, tramite cui “leviga” la superficie dell’opera per privarla dei colori e creare un vuoto evocativo, simboleggiante la distruzione e la rigenerazione, di cui Berlino è stata oggetto durante la Seconda guerra mondiale.
«Ho sempre lavorato con la musica e credo che questa mostra sia in un certo senso come una colonna sonora. Credo che sia qualcosa che ha plasmato fortemente la mia estetica e il mio pensiero rispetto alla creatività.» – Julie Mehretu
Slouching Towards Bethlehem (2020), attualmente esposto presso la mostra di Palazzo Grossi a Venezia dedicata all’artista, riprende il titolo dell’omonimo saggio di John Didion, traendo anche spunto dalla poesia di William Butler Yeats, The Second Coming (1919), in cui sono riportate immagini di proteste sociali contro l’immigrazione. Questa serie di lavori è composta da un quartetto di incisioni in cui l’artista approfondisce alcune tematiche come il caos, l’energia e la disintegrazione della società. I lavori di questa serie sono realizzati in maniera dinamica, presentando linee intrecciate e sfumature di colori molto accesi.



Le sue opere più recenti incorporano immagini fotografiche dei principali media mondiali, che raffigurano terribili guerre, disordini sociali, ingiustizie. Le immagini, seguendo la tecnica della cancellazione, vengono poi oscurate all’interno della tela, acquisendo la forma di fantasmi, astratti e gestuali. In questo modo, Julie Mehretu vuole stimolare riflessioni critiche sulla condizione attuale dell’individuo e della società contemporanea, portando l’osservatore a riflessioni critiche su tematiche come la politica e il potere dei soldi, le fake news spesso diffuse dai social, il razzismo, la paura del diverso, la guerra.
Proprio l’attuale conflitto russo-ucraino, insieme ad altri eventi contemporanei, è stato il protagonista della sua ultima mostra a Londra, They departed for their own country another way (2023), che ha incluso tre nuove serie di dipinti oltre a una scultura dell’artista Nairy Baghramian. In quello stesso anno, l’artista etiope è stata scelta dalla casa automobilistica BMW per dipingere la sua art car per l’edizione 2023 della celebre gara di Le Mans.
Per il suo valore artistico e la denuncia sociale delle sue opere, Julie Mehretu ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la Medal of Arts, il più alto riconoscimento artistico concesso dal governo degli Stati Uniti, e nel 2020 è stata inclusa da Time nella lista delle 100 persone più influenti al mondo.
Giorgia Mocci.
Filmed in her Berlin studio, Julie Mehretu discusses the ups and downs of her daily studio practice. Mehretu is shown working on the painting Middle Grey (2007-2009), one work in a suite of seven paintings commissioned by the Deutsche Guggenheim as part of the exhibition Julie Mehretu: Grey Area.Mehretu’s paintings and drawings refer to elements of mapping and architecture, achieving a calligraphic complexity that resembles turbulent atmospheres and dense social networks. Architectural renderings and aerial views of urban grids enter the work as fragments, losing their real-world specificity and challenging narrow geographic and cultural readings. The paintings’ wax-like surfaces – built up over weeks and months in thin translucent layers – have a luminous warmth and spatial depth, with formal qualities of light and space made all the more complex by Mehretu’s delicate depictions of fire, explosions, and perspectives in both two and three dimensions. Her works engage the history of nonobjective art – from Constructivism to Futurism – posing contemporary questions about the relationship between utopian impulses and abstraction.
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Immagine in evidenza: Screenshot from “Julie Mehretu: Workday” (Internet Archive)
Tutte le immagini: © Julie Mehretu
Fonti: Internet Archive, Wikimedia Commons