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L’Arte Digitale e i Token. In dialogo con Ennio Bianco per capire l’NFT

La Redazione di Arte.go.it si confronta con Ennio Bianco per cercare di capire meglio il fenomeno che sta coinvolgendo / sconvolgendo l’Arte Digitale.

Redazione: Parlaci del fenomeno che ha investito l’arte contemporanea: l’NFT, e di come si può diventare milionari. O meglio, di come qualcuno è riuscito a diventarlo, che poi non è detto che lo diventino tutti.

Ennio Bianco: Partiamo dall’acronimo. NFT sta per “Non-Fungible Token”. Il token senz’altro lo conoscete perché è quell’aggeggino che le banche vi consegnano se volete compiere delle operazioni di conto corrente in rete. Lo accendete e vi compare un numero di sei cifre. Questo è un codice di sicurezza che si aggiunge al codice utente e alla password.

Ora immaginate che un’opera d’arte, una qualsiasi, anche una che avete realizzato voi stessi divertendovi con i programmi di grafica del vostro computer, e supponete che ci sia qualcuno che vi chiede di acquistarla, ma al contempo vi chiede di rilasciargli un certificato di autentcità, di originalità, insomma qualcosa che attesti che una volta acquisita per la sua collezione non ne vedrà in giro altre copie.

E’ un bel problema, perché nel mondo dell’arte digitale tutto è duplicabile, tutto è trasmissibile, tutto è condivisibile. E allora, come potete fare a dare delle garanzie al collezionista, in sostanza come dichiarare che è vostra, che è un’opera autentica, un’opera originale?

Occorre un tipo particolare di certificato, certamente non un certificato cartaceo, occorre rilasciare al collezionista un token, in altre parole un codice crittografato scritto in un registro digitale inaccessibile. Questa è la tecnologia Blockchain, con la quale funzionano le Crypto-Valute come Bitcoin, Ethereum, Cardano, ecc.

Ora le Crypto-Monete, come tutte le monete correnti, possono essere scambiate, sono fungibili, ma nel nostro caso noi ci troviamo nel mondo del’arte, anzi della Crypto-Art, che è molto diverso. Nel nostro caso il codice univoco è legato all’opera d’arte, e, ovviamente, non può che legarsi in modo indissolubile all’opera stessa. In concreto: un codice per ogni opera. Ecco perché si parla di Non-Fungible Token.

Bene, ora sappiamo che significa l’NFT. Vediamo allora cosa sta succedendo nel mondo dell’arte, in particolare dell’arte digitale, sia essa una immagine, un video, un file musicale, una poesia, ecc.. Sembra, come qualcuno ha detto, che sia scoppiata una bolla speculativa, come la tulipanomania che investì l’Olanda nel ‘600.

L’arte digitale finora poteva essere duplicata, trasmessa, condivisa, e nessuna delle copie era quella originale, quella autentica. Erano tutte perfettamente uguali. Per questa ragione, pur essendo delle opere molto interessanti e rappresentative della creatività sviluppatasi in questo secolo, non potevano che avere un mercato marginale, proprio perché il loro numero era indefinito.

Gli artisti, per guadagnare qualcosa, erano costretti ad affittare l’uso di queste opere a galleristi e a musei per le esposizioni, o a degli operatori video per delle proiezioni su grandi edifici, il così detto audio video mapping, e… inevitabilmente venivano copiate.

Ora però è arrivato l’NFT, è arrivato questo Crypto-Certificato che dichiara che fra tutte le copie solo una è quella autentica, quella originale.

Tutto chiaro ma ci tieni in sospeso: veniamo ai milioni guadagnati da alcuni artisti.

Vi racconto la storia più importante, ma non sarebbe l’unica da raccontare.

Mike Winkelmann, in arte Beeple, per molti anni aveva realizzato ogni giorno una immagine, molto pop, molto kitsch, insomma niente di che per gli esperti di arte contemporanea. Il 30 ottobre scorso, inserì tre opere sulla piattaforma NFT “Nifty Gateway”, per testare la loro vendibilità. Una di queste opere aveva come titolo “La politica è una cazzata” e rappresentava un toro diarroico imbrattato in mezzo a una pioggia di dollari e a una bandiera americana. L’opera è stata inserita in edizione di cento pezzi a un dollaro ciascuno.

Ora tenete conto che ogni transazione su blockchain viene registrata, è permanente e soprattutto è trasparente. Questo significa che ogni acquisto o vendita degli NFT e visibile a tutti. Bene, nel marzo del 2021 le edizioni erano state vendute tutte e il prezzo era arrivato fino a 600.000 $.

Beeple era decisamente soddisfatto, dal momento che il meccanismo di rivendita riconosce all’artista una percentuale di circa il 10%.

A quel punto ha deciso di ripetere l’operazione e ha messo assieme in un unico NFT una selezione di immagini dal titolo “The Complete MF Collection”, costituita da cadaveri senza pelle e giganteschi personaggi Nintiendo. L’offerta è stata di 777.777$, che se ci pensate ha tutto il sapore di un jackpot su una slot machine.

Beeple – Everyday – The First 5000 days

Quindi avrà fatto due conti e si sarà detto: “Se tanto mi dà tanto, cosa succede se metto assieme ancora più immagini?

E così ha fatto. Realizza un’opera con 5.000 immagini dal titolo: “Everydays, The First 5000 Days” e l’opera, autenticata con un NFT, viene battuta all’asta da Christie’s. La prima offerta di uno sconosciuto fu di 100 $, l’ultima: 69.000.000 di dollari.

In quel momento il mondo dell’Arte Contemporanea è esploso! Dopo il “Coniglio” di Jeff Koons e il “Ritratto di un artista” di David Hockney, l’opera di Beeple era diventata la terza opera, di un artista vivente, più cara al mondo.

Come spieghi tutto questo?

Un NFT è fondamentalmente un certificato che dice “Sono il proprietario di questo token e dei suoi metadati allegati e posso utilizzarlo come voglio, incluso rivenderlo su un mercato”.

Il suo valore è dato prevalentemente dalla scarsità di queste opere e da un’abbondanza di capitali finanziari che non sanno più dove approdare. La qualità delle opere c’entra, ma almeno per ora conta molto poco.

Tuttavia non c’è dubbio che l’NFT sarà la tecnologia per le autenticazioni, però è una strada che presenta degli aspetti molto positivi, ma anche molti problemi.

Vediamo gli aspetti positivi

Sono sostanzialmente due: il Crypto-Certificato di autenticità NFT e, grazie alla tecnologia Blockchain, la tracciatura di tutte le transazioni che riguardano l’opera.

Vi sarebbe anche un terzo aspetto: la trasparenza della formazione del prezzo, sempre visibile al pubblico. Ma non so se collocarlo fra gli aspetti positivi o negativi.

Dico questo perché il mercato dell’arte, almeno quello di prima fascia, è incardinato su quattro punti di riferimento: le Gallerie, i Collezionisti, i Musei e le Aste, ma è un mercato sostanzialmente chiuso, talmente chiuso che spesso entrando in una di queste Gallerie internazionali si rischia non solo di non trovare il listino dei prezzi, ma a volte nemmeno i titoli e l’autore delle opere. Per contro si viene accolti da consulenti che spiegano ogni dettaglio in modo ineccepibile.

Si tratta di un mercato che implica la condivisione da parte dei collezionisti e dei musei di un sistema di valori che sono al contempo culturali e finanziari. Le grandi Gallerie, i grandi Collezionisti e i Musei di Arte Contemporanea preferiscono lavori che esprimano delle idee forti e che siano provocatori, scioccanti, spettacolari.

Se ci fosse un mercato più trasparente e aperto ad un maggior numero di acquirenti, in pratica un vero mercato dove il prezzo è determinato da domanda e offerta, questo obbiettivo non sarebbe raggiunto ed anzi sarebbe facile prevedere un cambiamento dei gusti verso una estetica pop e kitsch.

Le grandi Gallerie, i grandi Collezionisti e i Musei di Arte Contemporanea sono convinti, e a mio avviso a ragione, di svolgere un ruolo vitale indicando quale è l’alta cultura per la nostra società.

Domenico Barra – The Blue Bucket

Quindi l’NFT, con la sua trasparenza nella formazione del prezzo, si muove in direzione opposta.

Non proprio, la questione del prezzo può essere aggiustata; prevedo che ci nasceranno delle Agenzie, o delle Gallerie molto qualificare nell’ambito dell’Arte Digitale, che si occuperanno di selezionare le migliori collezioni di opere che appaiono sulle piattaforme NFT e di valorizzarle, proponendole poi alle grandi Gallerie, ai Musei, ai Collezionisti e alle Case d’Aste.

Affrontiamo gli aspetti negativi.

Sono diversi. Il più rilevante è il consumo di energia. Già, perché creare un NFT, cioè registrare un token sulla Blockchain, associandolo ad un file immagine, video, suono, poesia, ecc., significa consumare moltissima energia.

Il consumo dipende da due fattori: il primo è dato dal tipo di Blockchain, vale a dire il database decentralizzato sul quale viene riportato tutto ciò che succede (i più famosi: Bitcoin, Ethereum, Cardano, Algorand, Polkadot, Tezos, ecc.); il secondo dall’algoritmo di consenso, vale a dire l’algoritmo che sta alla base della registrazione sulla Blockchain (i più famosi: PoW, Pos, DPos, PoA, PFT, dBFT, ecc.).

Per fare un esempio, l’algoritmo PoW (Proof-of-Work) consuma centinaia di volte più energia rispetto ad un algoritmo PoS (Proof-of-Stake), e l’azione di creare un NFT è centinaia di volte meno efficiente se si usa un algoritmo di tipo PoW, tipico della piattaforma di Crypto Art Ethereum, rispetto ad un algoritmo di tipo PoS, tipico della piattaforma Tezos. E, attenzione, la cosa è deliberatamente voluta!

Se proprio si vuole un paragone, ecco le parole che il grande artista digitale Memo Akten, particolarmente sensibile ai problemi ambientali, ha usato per descrivere l’impatto ambientale del conio di un NFT Ehtenum che utilizza ta tecnologia PoW: “[…] si stima che una singola transazione Ethereum (ETH) abbia un’impronta in media di circa 35 kWh. Questo, di per sé, è ridicolmente alto. Per metterlo in prospettiva, ciò equivale all’incirca al consumo di energia elettrica di un residente nell’UE per 4 giorni.
E questo è solo per una singola transazione ETH. Questo è per un atto che richiede una frazione di secondo dal punto di vista della persona che si impegna nell’atto. Un solo clic del mouse fa partire una reazione a catena e invia un segnale alle industrie minerarie di tutto il mondo, determinando un’impronta di 35 kWh per una transazione “media” […], con emissioni vicine a 20 Kg di CO2 per quel singolo clic del mouse, a causa dell’algoritmo PoW sottostante. Considerando che, ad esempio, si stima che un’e-mail media abbia un’impronta di pochi grammi di CO2, e guardare un’ora di Netflix è stimato in circa 36 grammi di CO2. Una transazione ETH è migliaia di volte più costosa di altre attività internet in cui gli individui in genere si impegnano
.” (fonte)

Sapete che rimedio si è trovato per limitare tutto questo? Il rimedio è quello di far pagare una tassa al venditore, in pratica all’artista che vuole pubblicare qualcosa legato alla Cripto-Moneta Ethereum. Una tassa che non va alla piattaforma che pubblica l’immagine, il video, il file musicale, ecc., ma va a Ethereum per compensare l’energia che richiede per processare e validare la transazione. E, altra perla!, non è una tassa fissa o una percentuale fissa sul valore esposto, il prezzo è fluttuante e dipende dalla congestione della rete, si va dai 100 ai 1.000 $ !

Ma non c’è un rimedio a tutto questo?

Si, il rimedio c’è: non usare queste piattaforme! E’ per questo che sono nate nuove piattaforme alternative come “Hic Et Nunc”, per esempio che utilizza come Crypto-Moneta i Tezos, 100 volte meno impattanti degli Ethereum.

Ma i problemi non sono finiti qui!

Quali altri problemi ci sono?

Li elenco velocemente così non annoiamo il lettore.

C’è una serie di problemi che sono insiti nel DNA di un’opera digitale.

Il primo è che le opere vengono spesso scambiate fra artisti. Ci si confronta: “Tu che ne pensi di questo lavoro?”. Potrebbe succedere che qualcuno che non ha creato l’opera, che non è il proprietario, ma l’ha ricevuta solo in visione, faccia richiesta di un Crypto-Certificato NFT. Non ci sarebbe modo di fermarlo.

Scordiamoci poi il copyright dell’idea alla base dell’opera; da questo punto di vista per ora non c’è nessuna protezione della proprietà intellettuale.

E ancora, l’opera a cui è collegato un NFT è comunque duplicabile, trasmissibile, condivisibile; certo, una sola è quella originale, ma questo non toglie che l’opera stessa circoli liberamente.
Non parlo dei furti di codici di proprietà da parte degli hacker, perché occorre sempre metterli in conto.

Ultimo dettaglio, ma non meno importante: l’artista che decide di entrare in questo mondo sa che dovrà pagare, ma sa anche che non è detto che poi venda.

Mi pare tu abbia chiarito tutti gli aspetti. C’è altro?

Beh se proprio vogliamo aggiungere dolore ai dolori, ricordiamoci che l’obsolescenza tecnologica è il problema principale delle opere digitali. Nel tempo molti file potrebbero essere non più visualizzabili perché la codifica è cambiata, ma anche l’hardware e i supporti fisici degradano.

Ma la strada è ormai segnata, cesserà la bolla speculativa, ma l’NFT o qualcosa di simile resterà

Si.

Immagine in evidenza: Marco Signorini -“Untitled” from the series Anagram
Immagine in primo piano: Claudia Marmeggi – “Equidistanti”

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