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Dissacrazione e satira nella Nave dei Folli di Federico Solmi

di Ennio Bianco.

Dissacrazione e satira nella Nave dei Folli di Federico Solmi

Se avete deciso di “andar per mostre” a Venezia vi do un consiglio: prendete il vaporetto della linea 5.2 e scendete alle Fondamenta Nuove ed entrate a Palazzo Donà dalle Rose.

Das Narrenschiff di Sebastian Brant

Vi troverete l’esposizione di uno dei maggiori artisti italiani contemporanei: Federico Solmi. Il titolo è “Solmi – Ship of fools”, la nave dei folli, dei matti, degli stolti. Un titolo che suscita una immediata curiosità, dal momento che il pensiero va alle splendide incisioni che illustrano la “Das Narrenschiff” di Sebastian Brant e in particolare la xilografia che ci mostra un’imbarcazione stracarica di strani personaggi con il berretto a sonagli, che partendo da Basilea si sta dirigendo a Narragonien, la terra dei folli, il paradiso dei matti.

Una prima osservazione: Federico Solmi ha realizzato le sue opere utilizzando diverse tecniche che vanno dalla grafica con i mesh-triangles (si tratta di una maglia a triangoli spesso usata nella computer grafica per definire strutture tridimensionali) alla Virtual Realty, dai busti in ceramica Caltagirone alle animazioni video racchiuse in “cornici” dipinte che ne esaltano e amplificano il contenuto, dalla pittura all’ologramma.

La seconda osservazione: il lavoro è una complessa dissacrazione dei protagonisti della storia, del potere politico e finanziario, del più bieco e patologico narcisismo. L’elemento che accomuna tutte le opere è l’arte come narrazione, l’arte che cita sapientemente altre opere museali per poi reinterpretarle con la forza di un cambio di prospettiva, a volte con un vero e proprio ribaltamento. Solmi chiede allo spettatore un momento di riflessione, chiede di dubitare su quanto ha appreso nei banchi di scuola. Chi è stato realmente Cristoforo Colombo? Chi è stato realmente George Washington?

A dare il titolo alla mostra e a dominare la scena c’è la grande opera (realizzata con la tecnica mesh-triangles) dal titolo “La nave dei folli“. In realtà, come appare subito chiaro, non si tratta di una imbarcazione, ma di una zattera molto precaria nella sua struttura. Attraverso l’esplicita citazione dell’opera di Théodore Géricault ,“La zattera della Medusa”, conservata al Museo del Louvre, Solmi rievoca una storia tragica, quella del naufragio della fregata Medusa e di come 150 persone furono lasciate in balia dell’oceano in preda alla fame, alla sete, alle malattie, alla guerra per sopravvivenza sfociata nell’assassinio e nel cannibalismo e ci obbliga a riflettere sull’esistenza di una analogia con quanto sta accadendo nella nostra contemporaneità. Basti pensare che egli affida l’unico remo a Vitaliy Dmitrievič Buterin, il creatore della cryptocurrency Ethereum, che appare abbigliato come l’omino di latta del “Meraviglioso Mago di OZ”, mentre a dettare la rotta, nei panni di guerriero medioevale così come viene rappresentato nei Nibelunghi di Fritz Lang, c’è Elon Musk.

I ritratti sono esilaranti. Nel primo che si incontra, Solmi fa posare Oprah Winfrey accanto a Warren Buffet. In una posa che richiama la statuaria funeraria etrusca i due emanano una luce regale, lei indossa un corona swarovskiana, lui porta una aristocratica gorgiera, entrambi guardano in cagnesco l’obbiettivo fotografico.
Più avanti troviamo un generalissimo iper-medagliato Donald Trump che danza con Maria Antonietta, Gaio Giulio Cesare con Hernán Cortés Monroy Pizarro Altamirano, Cristoforo Colombo con Theodora, moglie di Giustiniano.

La mostra prosegue con i mezzibusti, scorticanti rappresentazioni in ceramica Caltagirone di Papa Benedetto XVI (Il padre opulento), Maria Antonietta (L’esibizionista), Giuseppe Garibaldi, (L’eroe dei due mondi), Theodora (L’amabile imperatrice) e Giulio Cesare (L’eterno padre).

Lo animazioni video, come ho detto, sono racchiuse i cornici dipinte a mano.
Mi pare giusto iniziare con “Sua maestà il biglietto da 1000 $”.

Troviamo poi una edizione ridotta de “La Grande Farsa”, opera strepitosa che Solmi espose nel 2017 nelle vetrate del Frankfurt Schauspiel Theater.
Ci sono poi “I guardiani della notte”, papi, cardinali, mullah, generali e grandi dame che navigano in una notte stellata su tre barche e appaiono particolarmente impegnati a divertirsi

Federico Solmi – La grande spedizione

Nella “La grande spedizione”, che narra l’incontro fra i grandi navigatori e i nativi americani, troviamo uno dei temi molto cari a Solmi.
Circa una decina di anni fa egli lesse il libro dello scrittore e saggista uruguaiano Edoardo Galeano, “Le vene aperte dell’America latina”, e queste pagine segnarono la sua coscienza e gli fecero capire come l’Europa e l’America settentrionale avessero letteralmente strangolato e dissanguato l’America latina.
Le opere che affrontarono queste tematiche all’inizio gli procurarono censure e alcuni rifiuti da parte di Gallerie e Musei, mentre ora, con l’onda tracimante della cultura decolonial, queste tematiche sono diventate un hype.

Federico Solmi – La guerre

Particolarmente significativa su questo argomento è la grande opera pittorica e mixed-media dal titolo “La Guerre”, ispirata, quantomeno nel titolo, al dipinto di Henri Rousseau del 1891. Solmi tuttavia opera un totale ribaltamento, là dove dovrebbero esserci cadaveri maciullati, scene di violenza e sangue ovunque, sembra piuttosto di assistere ad una rievocazione storica nella quale Cristoforo Colombo, George Washington, Papa Benedetto XVI incontrano Toro Seduto, Pachacuti, Montezuma.

Con la tecnica dell’ologramma fa rivivere uno dei suoi iconici personaggi: Teodora.

Lascio per ultima l’opera in Virtual Realty “Il grande baccanale” dove nel gran ballo che si svolge in una sauna romana ci sono tutti i grandi della storia, ma proprio tutti, e lo spettatore, attraverso due controller touch, può muoversi in questa sala o nel piano rialzato nel quale Toscanini sta dirigendo una orchestra. Citare tutte le esilaranti coppie che ballano è impossibile, ne ricordo una che mi ha fatto molto divertire: un cardinale a cavalluccio di Garibaldi! Il che è tutto dire.

La gestione dei movimenti dei personaggi mi ha subito colpito, ho osservato che a volte sono molto semplici, quasi di tipo meccanico, mentre in altre situazioni si ha l’impressione che sia stata usata la tecnologia digitale motion cap[ture] per rilevare il corretto spostamento delle parti del corpo. Questo a conferma che per Solmi gli strumenti digitali vengono utilizzati in tutte le loro potenzialità in un ambiente creativo che non pone confini fra pittura, grafica, immagini e video digitali, creazione di mondi virtuali, e così via.

Ed è proprio il movimento dei personaggi ad offrirmi una nuova chiave di lettura, rispetto a quella sofisticata del co-curatore Renato Miracco, che tende a iscrivere l’opera di Federico Solmi fra i muralisti, come Orotzco e Siquieros ecc, vuoi (cito a memoria) per la complessità monumentale delle opere esposte nei luoghi pubblici vuoi per l’idea di insegnare al pubblico, grazie a emblemi, figure e icone inserite nell’opera e che svelano la realtà del momento storico.

Mi trovo maggiormente d’accordo con la lettura che ne dà Doroty Kosinsky, della Phillips Collection e curatrice della mostra, che accosta Solmi ai vignettisti politici, agli scrittori satirici e agli artisti come Goya, Daumier, Ensor e Patrik Oliphant, Leon Golub, (immagino conosca poco Enrico Baj) che si sono occupati dell’arroganza, incompetenza e cupidigia, dei leader e degli influencer del loro tempo. In fondo, conclude, il tema del teatro di Solmi è il Carnevale tradizionale.

La dissacrazione, lo svelamento, il ribaltamento dei ruoli sono proprio gli ingredienti fondamentali dei meravigliosi carri mascherati di Viareggio oppure di Cento, per restare nelle zone del luogo di origine di Federico Solmi, vale a dire Bologna. Un’arte popolare, frutto di una cultura ancestrale, che in queste feste rituali trova una cifra creativa e liberatoria che non ha paragoni.

Tratteggiamo allora un po’ di biografia di Federico Solmi. Nasce a Bologna in una famiglia di piccoli commercianti nel settore dell’ortofrutta. Cresce nella “Bologna la Dotta”, ma nella sua famiglia non c’erano libri, come lui stesso afferma, aggiungendo peraltro che da quando gli è stato possibile la lettura è diventata una ossessione.
La giovinezza è stata impegnativa. Si diploma in un istituto tecnico commerciale, anche se non era l’indirizzo di studi preferito. In seguito alla improvvisa morte del padre, con tre fratelli ancora minorenni, giocoforza deve aiutare l’attività famigliare al negozio del mercato delle erbe.
La vita culturale di quegli anni a Bologna era piena di stimoli e suggestioni, ma lui non ne faceva assolutamente parte. Andava in negozio alle cinque del mattino e usciva letteralmente distrutto alle otto di sera.

Quando anche la sorella minore raggiunge la maggiore età lui ha 25 anni, e decide di partire per New York . Siamo nel febbraio del 1999. New York, a differenza delle città di Milano e Parigi nelle quali aveva vissuto per breve tempo, non ricavandone impressioni positive, sente subito che è la città dove avrebbe voluto vivere. Eppure, non sapeva l’inglese, non aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti, non conosceva nessuno, e tuttavia sapeva di essere un uomo “super-formato”, un uomo che conosceva cos’era la vita e il sacrificio, e soprattutto era determinato a fare l’artista.
A New York trova le mostre più belle e significative del mondo. Pur come intuizione della quale allora non aveva completa coscienza, in Solmi nasce la curiosità di conoscere l’estrema espressione della cultura occidentale, l’estremo capitalismo, l’estremo aspetto della corruzione della politica, e così via.

Intuisce che la scena dell’arte underground si sta spostando a Brooklyn e lì comincia frequentarla. La sua idea di arte si basa sulla narrazione, per cui guarda con interesse il mondo virtuale e ormai iper-realistico dei video giochi. In particolare è attratto da un gioco violento come GTA, o Grand Theft Auto della Rockstar Games, che si basa sul furto di auto. Solmi nota che era possibile rubare un’auto della polizia e girovagare per Brooklyn nello stesso quartiere in cui abitava. Poteva anche cambiare stazione dell’autoradio e ascoltare brani di Bach o in alternativa musica rep. Questa idea di interazione, di poter intervenire lo impressionò fortemente.

Nasce così la sua prima opera. Chiede a sua moglie di registrarlo mentre lui gira virtualmente per le strade di Manhattan e di Brooklyn grazie al joystick. Poi prende un minuto di questa registrazione, la seziona frame; poi ridisegna le immagini una ad una con la tecnica del rotoscope digitale dando così vita ad una animazione.

A quel punto Solmi considera che non ha senso partire dai videogiochi, era necessario costruire un proprio patrimonio di ambienti e personaggi da lui stesso creati, i suoi “home assets”. Aiutato a un amico docente universitario, sotto la sua direzione, crea così dei mondi che sono simili a quelli reali, ma che egli può manipolare e muovere a suo piacimento a seconda il suo modo di interpretare le opere.
Intuisce quindi che quel mondo digitale che allora, siamo nel 2005, era dominato dalla pubblicità e dalla compravendite immobiliari, poteva essere usato anche per costruire opere d’arte. Così un dipinto può diventare una video animazione, poi dalla video animazione si passa virtual reality, da virtual reality si estrapola un busto e si fa realizzare in ceramica Caltagirone, i personaggi si rimettono in vita in un quadro usando le loro strutture digitali, i loro scheletri definiti con le texture mesh-triangle.

In queste trasformazioni non c’è mai nulla di automatico, pensiamo per esempio alle messe in posa dei personaggi, al dare loro volume e naturalezza plastica, citando pose di opere rinascimentali o della classicità, come nel caso della posa del ritratto di Oprah Winfrey e Warren Buffet presa da una scultura etrusca.

Lascio a Federico Solmi le ultime parole sul suo lavoro: “Molti anni fa ho capito che il mondo digitale avrebbe generato una grande rivoluzione estetica. Tuttavia io, che ho sempre avuto una grande passione per la storia dell’arte, in definitiva per la tradizione, ho cercato di portare nella VR, in questo mondo totalmente digitale, le pelli organiche che dipingevo a mano, e poi scansionavo e incollavo definendo così le varie parti del corpo dei personaggi [si tratta modelli 3D creati nei software Maya e ZBrush, ndr]. Quindi questo mondo che creo vive in una atmosfera digitale, ma di fatto è una atmosfera organica, una atmosfera tattile e il pubblico, ormai di tutto il mondo, avverte che questo processo genera una differenza di temperatura rispetto alle opere totalmente digitali.
Ennio Bianco

La mostra ” Solmi – Ship of Fools” è curata da Dorothy Kosinski, Direttore Emerito della Phillips Collection, e co-curata da Renato Miracco, ed è realizzata in partnership con Var Digital Art by Var Group, con il contributo della Thoma Foundation e il supporto della Phillips Collection di Washington DC.

Solmi – Ship of Fools” è accompagnata da un catalogo edito da Gangemi Editore in lingua inglese con una completa storiografia dei suoi lavori.

Riferimenti e contatti
Federico Solmi official website
Copyright
Tutte le opere © Federico Solmi
Immagine in evidenza: Federico Solmi – Ship of Fools – Ph. Luca Perazzolo
Immagini: © foto di Luca Perazzolo e Ennio Bianco