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Il metodo e la follia. Dodici artisti italiani tra astrazione geometrica e informale
sabato 14 Ottobre 2023 - domenica 5 Novembre 2023

sede: Vecchia Filanda di Soncino (Soncino, Cremona).
cura: Virgilio Patarini.
In mostra più di settanta opere tra quadri, sculture e fotografie: dalle fotografie del romano Carlo D’Orta che ritrae linee geometriche di palazzi e scorci vari trasformandoli in quadri astratti a quelle psichedeliche fatte di pura luce e colore del triestino Leopoldo Bon; dalla pittura gestuale ed emozionale dei milanesi Andrea Boldini ed Ezio Mazzella, del siciliano Salvatore Alessi e della veneta Paola Gamba ai quadri razionali e controllatissimi del soncinese Alessandro Pedrini; dalle composizioni frastagliate e caleidoscopiche del cremasco Alberto Besson alle linee essenziali delle sculture dei milanesi Rinaldo Degradi e Maria Luisa Ritorno; per giungere all’Informale materico delle “bergamasche” Alessandra Cantamessa e Valentina Carrera.
“”C’è del metodo in questa follia”, dice Polonio a proposito di Amleto. Ed è a partire da tale reminiscenza shakespeariana che nasce l’idea di questa mostra. Dalla declinazione, dalla messa alla prova di questa apparente aporia. C’è un rapporto tra questi due opposti? E se c’è, qual è?
Qual è il rapporto, lo scambio, la connessione tra la razionalità e l’irrazionale? Tra il controllo assoluto e la più sfrenata libertà? Ammesso che l’uno o l’altra siano davvero praticabili fino all’estremo.
Quale il rapporto tra astrazione geometrica e action painting? Perché astrazione geometrica e pittura gestuale, dei due opposti su cui stiamo riflettendo, sono i più emblematici correlativi oggettivi.
Per rispondere a tale domanda è stata pensata questa mostra itinerante: senza troppe elucubrazioni, ma attraverso delle opere (quadri, fotografie, sculture) frutto di azioni artistiche ben precise, tutte in bilico, in tensione, tra i due opposti di cui si diceva: tra il controllo assoluto del gesto della mano o dello sguardo che va a tracciare algide, rigide traiettorie geometriche sulla superficie o nello spazio, come in Degradi, D’Orta o Pedrini, fino alla fluida, sensuale sinuosità delle sculture della Ritorno o delle fotografie di Bon, o al gesto apparentemente libero, rarefatto e sospeso di Boldrini, passando attraverso infiniti passaggi intermedi come le composizioni materiche e ancestrali della Carrera e della Cantamessa, la frammentazione dei piani di Besson, l’alternarsi di corsivi guizzanti e ricerca d’ordine in Alessi, il gioco dialettico tra ritmo delle campiture e segno spiazzante in Gamba e Mazzella.
Perché alla fine è l’opera che resta. l’azione che produce l’opera e rende manifesto il pensiero, lo incarna, lo invera. Il coacervo di metodo e follia. E l’opera nella sua concreta, materiale esistenza riesce talvolta, miracolosamente, a conciliare gli opposti, a risolvere le aporie, e a dare un senso al tutto.
Perché poi anche Amleto, l’amletico Amleto, lo sproloquiante, il tergiversificatore ebbro, l’acrobata della parola, il sofisticato sofista, Amleto alla fine, dopo quattro atti di peripatetiche peripezie verbali e verbose, alla fine, dico, si risolve all’azione e il rasoio di Occam si muta all’istante in una lama affilata con la quale il rampollo di Elsinore fa una autentica carneficina. Tu vatti a fidare della filosofia di Wittemberg.
Sì, c’è del metodo nella follia creativa di questi artisti. E c’è della follia nel loro metodo.
E forse l’arte serve esattamente a questo: a conciliare gli opposti. A trovare un momentaneo ma concreto punto di equilibrio tra il metodo e la follia”.
Virgilio Patarini
Inaugurazione
sabato 14 ottobre alle ore 18:30
Informazioni
339 2939712
Immagine in evidenza
di Alessandro Pedrini (part.)