sede: SCD Studio (Perugia).
cura: Barbara Pavan, Susanna Cati.
Una mostra intimista, da sfogliare come un diario e che si legge come un racconto della vita declinato al femminile, testimone e testimonianza anche per la generazione che verrà.
Piccole opere composte di pieni e di vuoti, laddove nei vuoti echeggia l’invisibile; il vuoto è infatti lo spazio delle emozioni, delle riflessioni, dello spirito.
Una narrazione fluida, quella di Marisa Iotti , che si dipana seguendo il filo dei suoi lavori e che attraverso la mutevolezza delle forme diventa elogio della capacità di trasformazione.
Nella consapevolezza dell’instabilità dell’esistenza, in cui nessuna condizione è permanente e ad ogni istante tutto può mutare, il cambiamento riscatta il senso di incertezza con la possibilità – ipotesi di altro o di un altrove migliore, opportunità di una soluzione salvifica nei frangenti più amari, alternativa auspicabile al perentorio ‘per sempre’.
Lavori realizzati con tecnica raffinata, meticolosa, certosina, lenta e paziente come un esercizio zen, ispirati dalla storia personale che diventa universale ma anche da istanze della società che l’artista fa proprie, alimentati da pensieri, ricordi, esperienze, diventano metafora e rappresentazione della multiforme complessità della vita, che ha i colori e i contorni della leggerezza della vanità ma anche dell’oscurità dell’inferno.
In mezzo, tutte le sfumature, i passaggi, i nodi e gli intrecci.
Sono proprio quei nodi e quegli intrecci che consentono di proseguire il lavoro di costruzione della forma, qualunque sia la forma dell’opera – e/o della vita – che stiamo costruendo.