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La pervasività dell’uso creativo dell’Intelligenza Artificiale. In dialogo con Ennio Bianco #2

Sougwen Chung

Giorgio De Novellis: Nella prima parte del nostro dialogo abbiamo parlato di arte digitale, di algoritmi e di AI (Artificial Intelligence). Vogliamo parlare dell’AI Art. Innanzi tutto potresti descriverla?

Ennio Bianco: Prima di cercare di descrivere cos’è l’AI Art lasciami dire che il termine “AI” è usato in modo che confonde sia gli esperti che i profani. Si tratta di una forzatura nell’uso di “AI” come “Artificial Intelligence”. Questa forzatura, peraltro alimentata dall’attenzione dei media e anche da parti del mondo accademico, sta creando aspettative e paure che hanno scarso fondamento.

Restando con i piedi per terra quello che oggi viene definito “AI” è il “Machine Learning”, o Apprendimento Automatico, in altre parole l’Intelligenza Artificiale che si è affermata negli ultimi vent’anni ha incorporato la tecnologia del Machine Learning o Apprendimento Automatico, finendo per essere identificata con esso.

Venendo alla tua domanda, questa inclusione ha cambiato totalmente il processo creativo utilizzato fino a quel momento. Si è passati dall’arte algoritmica tradizionale che vedeva l’artista scrivere un codice software dettagliato, che già specificava le regole per ottenere il risultato estetico desiderato, a dei nuovi algoritmi che sono impostati dagli artisti per “apprendere l’estetica” da molte immagini. Solo dopo questo processo di apprendimento l’algoritmo sarà in grado di generare nuove immagini che comunque resteranno nell’ambito dell’estetica appresa.

Semplificando, e forse banalizzando, il processo creativo dell’artista AI è questo:

  • Deve definire il “dataset”, cioè l’insieme delle immagini, ma possono essere anche suoni o testi, che l’algoritmo deve imparare, trasformandoli in numeri.
  • Dopo questa fase di apprendimento l’algoritmo comincerà a produrre delle immagini, o suoni o testi, ma non è detto che questi soddisfino l’idea che l’artista vuole esprimere e allora, per ottenere i risultati estetici desiderati, egli deve aggiustare gli “iper-parametri” di ingresso, in pratica è come se muovesse delle manopole di sintonizzazione, fino a che non ottiene, fra gli innumerevoli risultati generati dall’algoritmo, quelli per lui più significativi.
  • Alla fine deve decidere come presentare questi risultati. Potranno essere immagini fisse, o video, oppure potranno essere degli input che un robot o una stampante 3D utilizzeranno per realizzare l’opera.

Come si è affacciata l’AI ART al sistema dell’Arte Contemporanea?

Dapprima suscitando una forte curiosità indotta dal successo strepitoso di un’asta nella quale un’opera di AI Art è stata battura a 432.000, poi in modo sempre più pervasivo se teniamo conto che sono passati meno di tre anni dall’agosto 2018 quanto si tenne alla Galleria Nature Morte di New Dehli la prima esposizione di opere esclusivamente realizzate con gli strumenti dell’Intelligenza Artificiale. La mostra, curata dal collettivo di arte e ricerca “64/1”, fondato all’artista Raghava KK e dall’economista Karthik Kalyanaraman, ebbe come titolo “Gradient Descent1. Un titolo molto preciso, anche se incomprensibile per la maggior parte delle persone. Infatti il “Gradient Descent” è uno degli algoritmi di apprendimento automatico più comuni utilizzati nelle reti neurali, nella scienza dei dati, nell’ottimizzazione e in quasi tutti i modelli di Machine Learning.

Dopo quella mostra pionieristica, diversi centri espositivi proposero esposizioni di AI Art. Il Barbican Center di Londra presentò “AI: More then Human2; Il MAK di Vienna “Künstliche Intelligenz & Du3; la Kate Vass Galerie di Zurigo “Automat und Mensch4 , la Transfer Gallery di New York “Forging the Gods5 e infine l’HEK di Basilea “Entangled Realities, Living with Artificial Intelligence6. E mi fermo qui, all’estate del 2019, altrimenti l’elenco sarebbe decisamente più lungo.

“Machine Learning manipolate”
David Young: “Crediamo che la macchina stia creando immagini simili a quelle mostrate. Ma questa priorità sull’aspetto visivo riflette i nostri pregiudizi. La macchina “vede” in modo diverso da noi e, quindi, anche ciò che crea potrebbe non essere del tutto visibile ai nostri occhi. Manipolando le immagini create dalla macchina cerco di rivelare ciò che non è visibile a noi, ma può essere evidente, forse anche ovvio, alla macchina. Quali sono gli schemi nascosti, o la “logica irrazionale”, incorporati nelle immagini create dalla macchina?”

Immagino che da allora il gruppo di artisti che utilizza nel proprio processo creativo gli strumenti dell’Intelligenza Artificiale si sia notevolmente rinfoltito…

Sì. Oggi, AI Artists, una organizzazione fondata nel 2019 da Marnie Benney e Pete Kistler, diventata un punto di riferimento per il dibattito sull’impatto dell’IA sull’arte e sulla cultura, presenta nel suo sito web, alla sezione “Our Featured Artists”, un elenco dei i principali protagonisti dell’AI Art 7.

Essi affrontano una grande varietà di tematiche mettendole in relazione con l’AI e offrendoci uno vasto spettro di soluzioni creative. Si va così:

  • dai grandi scenari allucinatori di Memo Akten, Refik Anadol, Alexander Mordvintsev e Mike Tyka alle riflessione sulla creatività di Ahmed Elgammal, Gene Kogan, David Young e Jon McCormack;
  • dalle esplorazioni del rapporto fra natura e AI di Michael Sedbon, Anna Ridler e Tega Brain al rapporto con la nostra quotidianità algoritmica di Lauren McCarthy;
  • dalle indagini sulle basi etiche, filosofiche e sociopolitiche dell’AI di Stephanie Dinkins, Joy Buolamwini, Jake Elwes agli scenari futuristici che si aprono con l’AI di Alexander Reben, Taryn Southern e Lydia Kostopoulos;
  • dalle modalità con le quali l’AI vedi i volti e i corpi in movimento di Mario Kligmann, Scott Eaton, Wayne McGregor a come l’AI vede gli oggetti della nostra quotidianità di Tom White;
  • dai teatri bio-anatomici di Robbie Barrat e Sofia Crespo alle applicazioni tecno-robotiche di Sougwen Chung , Pindar Van Arman e Ross Goodwin
  • dalla scultura AI di Ben Snell e Dariusz Gross alla pittura AI di Roman Lipski

Oltre a questi protagonisti della scena internazionale, un altro elenco di artisti sperimentatori, che si sono cimentati con gli strumenti dell’AI, lo si può trovare nel sito ML x ART, gestito da Emil Wallner , ricercatore Machine Learning attualmente in residenza presso Google Art & Culture.

Al momento attuale il catalogo di Wellner include le opere di circa 400 artisti, suddivise, oltre che per artista, anche per anno, per tema, per medium e per tecnologia utilizzata. Ed è proprio il numero esorbitante delle tecnologie software utilizzate che impressiona. Esso include infatti sia le componenti tecnologiche di base di alcuni algoritmi Machine Learning o Deep Learning, sia le sempre maggiori applicazioni utilizzate dagli artisti che non sono in grado di padroneggiare la codifica software.

Break Free – Song Composed with AI | Taryn Southern (Official Music Video)
Taryn Southern è la prima artista solista a pubblicare un album pop composto e prodotto utilizzando l’intelligenza artificiale; “Break Free” ha ricevuto più di 1,7 milioni di visualizzazioni su YouTube ed è stato presentato in Fast Company, Wired, Billboard, Forbes e altri. “Break Free” è stato il primo singolo del suo album, I AM AI.

Un numero decisamente importante, anche in considerazione del fatto che “maneggiare” l’AI immagino non sia semplice. Cosa ha reso possibile questa crescita che ha del clamoroso?

Penso che gran parte di questo successo lo si debba allo sviluppo degli algoritmi “GAN” (Generative Adversarial Network) 8 . E’ questo potente algoritmo che ha probabilmente innescato l’impetuosa ondata di AI Art. Ho usato il plurale perché non c’è un solo GAN, ce ne sono molti e tutti questi sono stati creati per estenderne le capacità di questo algoritmo come motore generativo di immagini, linguaggio e musica. Per dare un’idea del numero basta visitare il sito Github.com nel quale gli sviluppatori depositano i loro codici open source. Inserendo il termine “GAN”, oggi si ottiene il numero 43.127! E’ evidente che ciò rende impossibile per un artista che cerca di avvicinarsi a questa tecnologia, anche solo decidere da dove cominciare.

Si tratta di una montagna di codici open source, che tuttavia all’artista, intenzionato a svolgere la sua ricerca in modo autonomo, servirebbero a ben poco se poi il proprio hardware non disponesse di costose schede di elaborazione grafica (GPU o Graphical Processing Unit) e soprattutto di una enorme quantità di immagini appositamente preparate e dimensionate per addestrare l’algoritmo AI. Intendo migliaia o addirittura centinaia di migliaia…

Tuttavia, come hai constatato, queste difficoltà non hanno frenato la crescita del movimento dell’AI ART…

Se queste difficoltà non hanno frenato l’ingresso degli artisti alla sperimentazione creativa degli strumenti dell’AI è perché si sta assistendo ad una gigantesca opera di mediazione culturale che, grazie

  • all’accesso a illimitate risorse di calcolo e di archiviazione in cloud,
  • a strumenti di relativamente facile utilizzo come Google CoLab,
  • e soprattutto a cataloghi di quelli che potremmo definire “ready-made algorithms”,

facilita l’ingresso guidato alle più sofisticate tecnologie AI.

Questo invito e facilitazione ad usare creativamente l’AI vede come protagoniste le maggiori società impegnate nello sviluppo degli strumenti dell’Intelligenza Artificiale: in primo luogo Google, ma anche Facebook, Microsoft, Amazon, IBM, INVIDIA, per citare le maggiori protagoniste, oltre a molte altre come Runway ML, Artbeeder, ecc.

Queste sono tutte società impegnate a creare applicazioni che gli artisti, che non sono in grado di padroneggiare la codifica software, possono facilmente utilizzare, privilegiando quelle opere che riescono, attraverso il gioco, a coinvolgere un pubblico più vasto.

Quindi l’uso creativo degli strumenti AI è parte di una strategia per alimentare una maggiore familiarità e fiducia in queste tecnologie e favorirne così la pervasività.

Esatto. Ormai l’uso creativo nell’AI lo si riscontra in diversi ambiti. Non solo l’economia, la finanza, l’industria e i servizi stanno traendo beneficio da questi strumenti riconducibili a quella che convenzionalmente, anche se in modo discutibile, chiamiamo Intelligenza Artificiale, ma sono i mondi dell’arte, della danza, della musica, della poesia, della cinematografia, del design, dei giochi che stanno creando un ponte con il grande pubblico, che rendono silenziosamente pervasiva l’AI nella società.

Tutto questo è, a mio parere, molto stimolante, ma pone la necessità di riflettere sui nuovi strumenti che gli artisti possono utilizzare nei loro processi creativi e su come viene declinato il termine “creatività” nell’ambito dell’AI Art.

Intendo dire, per fare un esempio, che se l’arte en plein air è stata possibile è perché la tecnologia industriale ha prodotto i colori in tubetti di stagno. Oggi, occorre capire cosa può essere paragonato ai tubetti di colore e che tipo di nuova arte può nascere da questi innumerevole algoritmi messi a disposizione degli artisti.

[… continua]

© Ennio Bianco con Giorgio De Novellis. Tutti i diritti riservati.
Tutte le immagini inserite in questo articolo sono © Copyright dei rispettivi Autori. Tutti i diritti riservati.

Note

  1. Presentazione della mostra che si svolse dal 17.8.2018 al 15.9.2018: http://naturemorte.com/exhibitions/gradientdescent/. Artisti presenti: Harshit Agrawal, Memo Akten, Jake Elwes, Mario Klingemann, Anna Ridler, Nao Tokui & Tom White.
  2. Barbican Centre (Londra), “Ai: More then Human”, dal 16.06 al 26.08.2019. Artisti presenti: Mario Klingemann, Massive Attack, Universal Everything, Neri Oxman, Es Devlin, teamLab e altri
  3. MAK – Museum für angewandte Kunst (Vienna), “Künstliche Intelligenz & Du”, dal 29.05 al 06.10.2019. Artisti presenti: automato.farm, Rachel Ara, Mladen Bizumic, James Bridle, Tega Brain, Julian Oliver und Bengt Sjölén, Kate Crawford, Vladan Joler, Simon Denny, Heather Dewey-Hagborg und Chelsea E. Manning, Lynn Hershman Leeson, Constant Dullaart, David Link, Jonas Lund, Giulia Bruno e Armin Linke in Zusammenarbeit mit Luc Steels, Trevor Paglen, Philipp Schmitt e Steffen Weiß, Superflux e Jorinde Voigt.
  4. Kate Vass Gallerie (Zurigo), “Automat und Mensch”, dal 19.06 al 19.08.2019. Arttisti presenti: Cornelia Sollfrank, Mario Klingmann, Alexander Mordvintsev, Memo Atken, Helena Sarin, Tom White, Anna Ridler, Robbie Barrat, David Young..
  5. Transfer Gallery (New York, “Forging the Gods”, dal 18.04 al 11.05.2019. Artisti presenti: Zach Blas and Jemima Wyman, Peter Burr, Stephanie Dinkins, Lawrence Lek, Lauren McCarthy, Anna Ridler, Jenna Sutela, Theo Triantafyllidis, and Pinar Yoldas.
  6. HEK – Haus der elektronischen Künste (Basilea), “Entangled Realities, Living with Artificial Intelligence ”, dal 09.05 al 11.08.2019. Artisti presenti: Mario Klingemann, Ursula Damm, James Bridle, Trevor Paglen, Sebastian Schmieg, Lauren McCarty, Zach Blas & Jamina Wyman, Anna Demitriu & Alex May, Fabric, Jenna Sutela, Anna Ridler & David Pfau, Holly Herndon & Mat Dryhurst
  7. Fra gli artisti di primo piano troviamo: Refik Anadol, Sougwen Chung, Wayne McGregor, Stephanie Dinkins, Tega Brain, Joy Buolamwini, Memo Akten, Mimi Onuoha, Golan Levin, Lauren McCarthy, Mario Klingemann, Jon McCormack, Taryn Southern, Pindaro Van Arman, Scott Eaton, Lydia Kostopoulos, Alexander Reben, Gene Kogan, Mike Tyka, Sarah Mehoyas, David Young, Ross Goodwin, Robbie Barrat, Tom White, Sofia Crespo, Jake Elwes, Anna Ridler, Daniel Ambrosi, Philipp Schmitt, Ahmed Elgammal, Dariusz Gross, Ben Snell, Christian “Mio” Loclair, Michael Sedbon, Alexander Mordvintsev, Roman Lipski, Lilla Locurto & Bill Outcault..
  8. Lo strumento più utilizzato nell’AI creativa è il Generative Adversarial Networks, l’ormai famoso GAN introdotto da Ian Goodfellow nel 2014..