Altre Ecologie - Quando l'Arte protegge il Pianeta

L’Arte Digitale di Memo Akten e di Rafael Lozano-Hammer nella Venezia della Biennale 2024

di Ennio Bianco.

Memo Akten - Boundaries

Tentare di raccontare cos’è Venezia in questi giorni è una impresa che non è nelle mie possibilità. C’è la Biennale d’Arte, certo, ma poi c’è l’intera città avvolta in una “nuvola” d’arte contemporanea, una specie di benefica pervasiva umidità che penetra in tutti i palazzi, chiese, musei, negozi e calli. Un numero enorme di mostre, di performance, e, perché no, di brindisi. Tutti vogliono esserci, anzi devono esserci.

Capita a me, e capita a molti altri, sia visitatori occasionali che addetti ai lavori, di immergersi in questa galassia di proposte espositive e spesso di fronte a talune opere di provare delle perplessità. Silenziosamente ci chiediamo: “E questo artista chi è? Sì, interessante, ma perché occupa questo spazio prestigioso? Che opere ha realizzato prima d’ora? Ecc. ecc.

Questo articolo ha, perciò, come obiettivo quello di presentarvi nel modo più dettagliato possibile due grandi esponenti dell’Arte Digitale, presenti a Venezia nell’ambito degli eventi collaterali alla 60a Biennale d’Arte.

Il primo è Memo Akten, e presenta una video installazione dal titolo “Boundaries” nella chiesetta di Santa Maria della Visitazione alle Fondamenta Zattere (proprio di fronte all’imbarcadero delle Zattere). La musica e di Rutger Zayderveit.

Utilizzando la tecnica del morphing, vale a dire una trasformazione fluida, graduale e senza soluzione di continuità tra due immagini diverse, mette in relazione il microcosmo delle reti neurali con le immagini del telescopio spaziale Hubble, passando per una natura floreale.

Memo Akten – Boundaries, 2024, video di Ennio Bianco

In sostanza”, afferma Memo Akten nella sua presentazione, “questo lavoro parla di confini, di quelle barriere immaginarie e fluide. I confini immaginari tra noi e il nostro ambiente, tra il corpo e l’anima, tra il materiale e l’immateriale. Eppure i confini sono solo costruzioni della nostra mente umana. Non siamo separati dall’Universo, non siamo nemmeno in esso, siamo parte integrante del suo tessuto. Boundaries mira a indurre un’esperienza contemplativa, incoraggiando a riflettere su questi concetti

In effetti, la “contemplazione” dell’opera (che strano usare questo termine per un’opera di arte contemporanea!) ti lascia senza parole, ti abbandoni ad essa, alla bellezza della sequenza di immagini che si formano e sformano nello spazio latente, che fanno affiorare e riconoscere piccoli emozionanti dettagli e infine che ti inducono a pensare che l’arte è proprio questo, è il non trovare le parole, è l’impossibilità del linguaggio di comunicare. A quel punto non resta che l’Arte.

La video installazione, realizzata per la Vanhaerets Art Collection, fondata nel 2006 da Walter Vanhaerrents, che risulta essere anche il curatore dell’opera, mentre Dominique Moulon ne è l’advisor, resterà visibile fino al 24 novembre.

Ma chi è Memo Akten? Presto detto: è uno dei maggiori esponenti dell’Arte Digitale! Nato e cresciuto ad Istanbul, il suo rapporto con la tecnologia digitale nasce fin da bambino quando realizza i suoi primi programmi musicali e grafici usando computer a 8-bit. Arrivato a Londra, lavora nel settore dei videogiochi come progettista e programmatore fino al 2003, anno in cui inizia la sua carriera artistica.

E’ un artista multidisciplinare, musicista e ricercatore, attualmente risiede a Los Angeles. Crea simulazioni speculative e drammatizzazioni di dati per indagare le complessità degli intrecci uomo-macchina, la percezione e gli stati di coscienza e le tensioni tra ecologia, tecnologia, scienza e spiritualità. Per oltre un decennio, il suo lavoro ha esplorato l’intelligenza artificiale, i big data e la nostra coscienza collettiva, così come è stata “raschiata” da Internet, per riflettere sulla condizione umana; tracciando connessioni tra l’intelligenza nella natura, l’intelligenza nelle macchine, la percezione, la coscienza, le neuroscienze, la fisica fondamentale, il rituale e la religione. Akten scrive personalmente il codice e utilizza i dati per creare immagini in movimento, animazioni sperimentali, suoni, installazioni interattive su larga scala e performance.

Viene conosciuto in tutto nel mondo dell’Arte Digitale per due ragioni: la prima è per aver ricevuto nel 2013 assieme a Quayola il Prix Ars Electronica Golden Nica per l’opera “Forms”, la seconda per sostegno deciso al software open source e per la realizzazione molti tools e librerie che ancora oggi sono utilizzati a livello globale.

A Londra, Memo Akten ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Goldsmiths University, specializzandosi in applicazioni creative dell’intelligenza artificiale, in particolare nell’uso delle reti neurali profonde, e in questo campo è considerato uno dei principali pionieri a livello mondiale.

E questo non è solo un modo di dire. Nell’agosto 2018 si tenne alla Galleria Nature Morte di New Delhi la prima storica esposizione di opere esclusivamente realizzate con gli strumenti dell’Intelligenza Artificiale. La mostra, curata dal collettivo di arte e ricerca “64/1”, fondato all’artista Raghava KK e dall’economista Karthik Kalyanaraman ebbe come titolo “Gradient Descent”. Un titolo molto preciso anche se incomprensibile per la maggior parte delle persone. Infatti il “Gradient Descent” è uno degli algoritmi di apprendimento automatico più comuni utilizzati nelle reti neurali, nella scienza dei dati, nell’ottimizzazione e in quasi tutti i modelli di apprendimento automatico (Machine Learning). In quella mostra esposero le loro opere: Memo Akten, Harshit Agrawal, Jake Elwes, Mario Klingemann, Anna Ridler, Nao Tokui & Tom White.

Attualmente Memo Akten è professore assistente di Arte computazionale presso l’Università della California San Diego (UCSD). È spesso relatore di conferenze su argomenti che riguardano l’arte, la scienza, la tecnologia e la cultura. Lasciatemelo dire: è un vero e proprio Guru dell’Arte digitale.

Il secondo del quale vorrei parlarvi è Rafael Lozano-Hammer, artista messicano canadese, già presente alla 52a Biennale di Venezia del 2007. Peraltro quella fu la prima partecipazione del Messico e il suo padiglione fu allestito a Palazzo Van Axel. Lozano-Hammer presentò l’opera “Pulse Room”, un’installazione interattiva, ideata nel 2006, composta da notevole numero lampadine trasparenti a incandescenza, appese a un cavo a tre metri di altezza. I bulbi vengono distribuiti uniformemente nella sala espositiva, riempiendola completamente. Componente fondamentale dell’opera è un’interfaccia posizionata su un lato della stanza è dotata di un sensore che rileva la frequenza cardiaca dei partecipanti. Quando qualcuno tiene in mano l’interfaccia, un computer rileva il suo battito e fa immediatamente accendere la lampadina più vicina che lampeggia al ritmo esatto del suo cuore.

Questa opera è già stata esposta una trentina di volte in tutto il mondo, tuttavia non nella variante performativa che abbiamo visto nella serate veneziane, questo perché i bulbi, non erano appesi al soffitto di una stanza, venivano trascinati, come un enorme strascico di cavi e lampadine, da un performer, in questo caso l’artista Gregorio Magnifichi, tra le piazze, le calli e i ponti veneziani. Non c’era una postazione fissa per rilevare i battiti, ma, attraverso un sensore di pulsazioni portatile, veniva offerta ai passanti la possibilità registrare il loro battito cardiaco e veniva spiegato loro il cambiamento che via via questo provoca.

Le innumerevoli installazioni di Rafael Lozano-Hemmer coinvolgono il pubblico in molti modi singolari e affascinanti, per esempio misurando la frequenza cardiaca come per le “Pulse Room”, o rilevando in tempo reale il riconoscimento facciale dei volti degli spettatori; ricordo ancora l’inquietante installazione “Zoom Pavillon” realizzata per la sezione Unlimited di Art Basel del 2016 – in collaborazione con un altro grande artista: Krzysztof Wodiczko – persino facendo circolare il respiro, grazie all’installazione “Vicious Circular Breathing”.
L’opera “Voice Theatre” può essere considerata una variante di “Pulse Room”, in questo caso si tratta di un’installazione sonora e luminosa sviluppata da Lozano-Hemmer appositamente per Augusta Raurica, un antico teatro romano che si trova nei pressi di Basilea. Al centro del teatro, dove di solito recitano gli attori, c’è un microfono per registrare la voce di uno spettatore. Questi messaggi, idee e pensieri vengono poi riprodotti in tempo reale sugli altoparlanti distribuiti tra le file del teatro. Allo stesso tempo si trasformano visivamente in anelli di luce che si irradiano oltre le tribune del teatro. Se nessuno parla, gli altoparlanti riproducono le registrazioni degli ultimi partecipanti.

L’arte di Lozano-Hemmer è quindi caratterizzata da particolari interazioni tra l’opera e lo spettatore, esplora così temi come la presa di coscienza delle convivenze forzate, gli squilibri di potere e le tecniche contemporanee di sorveglianza e controllo.

Level of Confidence” di Rafael Lozano-Hammer è stata un’opera che mi ha profondamente segnato. E’ un progetto artistico per commemorare il rapimento di massa di 43 studenti della scuola normalista Ayotzinapa a Iguala, in Messico. L’opera è stata rilasciato il 26 marzo 2015, esattamente sei mesi dopo il rapimento. Il progetto consiste in una telecamera per il riconoscimento facciale addestrata a cercare instancabilmente i volti degli studenti scomparsi. Mentre lo spettatore si trova davanti alla telecamera, il sistema utilizza algoritmi per scoprire quale studente presenta delle caratteristiche facciali che più assomigliano a quelle dello spettatore e fornisce un “Level of Confidence” una percentuale su quanto sia accurata la corrispondenza.

Normalmente gli algoritmi di sorveglianza biometrica sono utilizzati dalle forze militari e di polizia per cercare individui sospetti mentre in questo progetto vengono invece utilizzati per cercare vittime. E’ evidente che non si riuscirà mai a trovare un riscontro positivo, poiché sappiamo che gli studenti sono stati probabilmente assassinati e bruciati in un massacro in cui erano coinvolti governo, forze di polizia e cartelli della droga, ma l’aspetto commemorativo del progetto è l’instancabile ricerca degli studenti e la sovrapposizione della loro immagine con i tratti del viso dello spettatore.
Ennio Bianco

Riferimenti e contatti
Memo Akten: official website | Instagram | Facebook
Rafael Lozano-Hammer: official website | Instagram | Facebook
Immagine in evidenza
Memo Akten – Boundaries, 2024, installation view
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