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Un codice noir per la rappresentazione del torbido. Intervista a Giuditta-R

di Mariateresa Zagone.

Un codice noir per la rappresentazione del torbido. Intervista a Giuditta-R

La rappresentazione del lato oscuro della realtà, del turbamento, della malinconia del vivere, delle ferite dell’anima che ci attanagliano in coazioni a ripetere, in stati depressivi e in relazione tossiche è estrinsecata da Giuditta-R con un segno frantumato, con una resa fortemente espressiva e una efficacia descrittiva che mettono in risalto gli elementi del disagio e dell’inquietudine.

L’artista utilizza essenzialmente matite ed inchiostri su carta con interventi pittorici di glitter, lustrini, piccoli oggetti luccicanti; la dicotomia delle sue opere nasce quindi dall’ombra alternata alla luce cui fa da contrappunto in ogni opera, un dettaglio luminoso (occhio della consapevolezza) chiarificatore degli assunti esistenziali raccontati dai protagonisti delle sue carte quasi sempre bambini o adulti caricaturizzati in termini di inquietante infantilismo. I suoi personaggi diventano allora scavi sull’ìnconscio umano analizzati sotto la lente poco rassicurante di un’estetica del torbido di ascendenza nordica lontanissima, per intenderci, dalla morbida ed addolcita poetica pascoliana del fanciullino, pur volendo comunque sottolineare e, in qualche modo, liberare, l’aspetto infantile che ognuno mantiene nel profondo di sé.

Si tratta di un linguaggio volto a riconnette chi osserva con la natura più intima del proprio vissuto, una forma di empatia che sacrifica l’esistenza del singolo (sono ritratti deformati privi però di una somatica individuale) al culto esistenziale del dolore al quale Giuditta-R invita lo spettatore lanciandosi in un gioco, una sfida, un atto di disperazione. Una forma d’arte che, in primis, è una forma personale di analisi, un mezzo per fare emergere il proprio “io” che, specularmente, si riflette sui suoi personaggi ambigui, un po’ uomo un po’ donna, un po’ piccoli un po’ grandi, spesso grotteschi.

Il suo linguaggio è eloquente nell’alludere a tutto quanto può turbare, terrorizzare, affliggere, insistendo molto sull’ambiguità (specie su quella di genere) e divertendosi ad impressionare convinta che il potere dell’immagine sia unico perché immediato, a stento filtrato dalle resistenze che ognuno di noi porta con sé.

L’intervista

[Mariateresa Zagone]: Chi è Giuditta-R?

[Giuditta-R]: Un essere in continua evoluzione, che ama conoscere se stessa e che cerca di coltivare sempre la gioia e l’amore per la vita.

Quando hai capito che avresti fatto l’artista?

Non credo sia stata una decisione fatta consciamente, è stato semplicemente un voler assecondare la mia inclinazione più profonda, nel momento in cui ho capito che con questa attività riuscivo ad esprimere bene la mia curiosità, la ricerca interiore-spirituale ed il modo in cui cercavo e cerco di capire il mondo circostante.

Quanto c’è di autobiografico nelle tue opere?

Giuditta-R

Credo proprio che i soggetti dei miei lavori, più che “autoritratti” o storie autobiografiche, rappresentino i fantasmi e i personaggi dell’inconscio collettivo. Nelle mie opere, attraverso la mia sensibilità profonda, forse ho percepito alcune dinamiche della società, quello che succede nel mondo. Possono benissimo essere ritratti di vite passate universali, che ora tornano come ombre o fantasmi, e vogliono portare luce attraverso la loro scoperta.

Molto giovane e con grande determinazione, hai deciso di andare a vivere in Germania. Come e da dove è maturata questa decisione?

Anche questa credo non sia stata una decisione mia, credo che la vita mi abbia portato nel posto in cui per la mia evoluzione e la mia ricerca era meglio ritrovarmi. Prima a Copenaghen e dopo a Berlino, ho trovato molta affinità in queste città che ospitano svariate culture di tutto il mondo e dove la creatività, l’inventiva e la non convenzionalità sono espletati al massimo. Adesso però, un po stanca del clima nordico, ricerco anche posti più caldi, in quanto sento che l’energia solare è quella che mi riempie più di gioia. Anche il mio soggiorno in Messico è stato importante per creare questa risonanza dentro di me.

Più volte hai detto che ti piace “impressionare” il pubblico. Ce ne vuoi parlare?

Mi è sempre piaciuto creare un effetto di sgomento o di shock attraverso le mie opere. Intanto perchè credo che l’arte debba lasciare sempre il segno. Inoltre mi piace quando la gente si interroga su chi sono i personaggi che rappresento, quali misteri, segreti o storie portano nel loro bagaglio di memorie ancestrali. Sono convinta che “l’esercizio” da parte dell’osservatore di domandare ai soggetti dei disegni chi sono, da dove vengono, cosa vogliono ecc. sia come una sorta di sessione psicologica. Idealmente le persone sono aiutate così ad entrare ancora di più in contatto con se stesse e con eventuali parti in ombra interiori. Questo contatto potrà essere sempre più libero dalla paura, una volta che le ombre sono poste in luce.

Cosa avresti fatto se non avessi intrapreso la strada dell’arte visiva?

Probabilmente la psicologa

Quali sono le suggestioni fotografiche e cinematografiche delle tue opere?

Per molte delle mie opere mi sono spesso ispirata a foto dei freaks, archivi sui criminali, fotografie di scuola e non (anche mie) del passato o anche realizzate da me stessa, video giochi ai quali io stessa ho giocato, documentari sui criminali, e alcune atmosfere di film (thriller) psicologici che ho visto. Inoltre la mia ispirazione si arricchisce soprattutto con la vita reale, con visi visti nella vita quotidiana, durante i miei viaggi, nei sogni ecc.

Quali artisti hanno maggiormente influenzato il tuo percorso?

All’inizio direi un po tutti gli espressionisti, includendo Ensor, poi Francis Bacon, Giger, Bellmer. Più recentemente mi piace spesso vedere mostre di fotografi contemporanei come Erwin Olaf, Joel Peter Witkin, Roger Ballen.

Quali sono le altre fonti del tuo linguaggio?

Psicologia, spiritualità, mondi paralleli, metafisica, alieni e ufologia, meditazione, sogni, viaggi e gli scambi culturali con gente di altri paesi.

Scorrendo la tua biografia si nota che hai esposto molto più all’estero che in Italia. Come ti spieghi ciò’?

Probabilmente il mio forte entusiasmo nello scoprire il mondo dell’arte all’estero, insieme all’avere scambi con altre culture, non ha mai fatto si che io mi concentrassi per bene sul creare progetti nella mia terra. Sono comunque consapevole che l’Italia, con tutti i suoi pro e contro, sia sempre un grande campo di formazione per un’anima creativa.

Fra i luoghi di elezione per le tue esibizioni c’è il Messico. In quella cultura il senso della vita è particolarmente intrecciato a quello della morte, figure come quelle della Llorona o della Catrina sono archetipi potenti. Forse questo rende quel pubblico particolarmente recettivo al tuo linguaggio?

Sicuramente. ll Messico è un luogo di grande energia, anche spirituale, la gente lì è spesso in contatto con rituali e pratiche religiose che collegano la gente con l’aldilà, basti vedere com’è celebrato ampiamente il famoso Dia del Muerto ogni anno a Ottobre. Pensa che in quel periodo la gente tiene in casa tantissimi oggetti e cibo da offrire ai propri defunti per sentirli più vicini e per ricordarli.
Ho riscontrato che in Messico la mia arte è molto apprezzata e capita. Ho trovato molte affinità con questa terra e spero di poter ritornare quanto prima.

Ci parli dell’esperienza di collaborazione con il designer giapponese Keisuke Hirose.

È stata un’esperienza interessante. Il giovane stilista giapponese mi ha trovato sul web ed è rimasto molto colpito dal mio lavoro. Così ha voluto creare un paio di collezioni di moda ispirate a delle mie opere, riproducendo alcuni dei miei disegni in capi di abbigliamento che ha poi fatto sfilare li in Giappone. Anche io ho usato poi la stessa collezione per una performance con musica nell’ambito di una mia mostra personale in un castello in Germania. L’evento ha anche ottenuto molta risonanza sui media locali.

Come vedi il sistema dell’arte in Italia?

Dalla mia esperienza percepisco spesso che non ci sia ancora abbastanza apertura ad accogliere e soprattutto ad investire in giovani artisti, in nuovi stili o tendenze, forse soltanto adesso si inizia a parlare nelle Accademie di come si intraprenda una collaborazione con le gallerie, come si fa una proposta per un progetto in uno spazio ecc. Sembra per altro che molti artisti si ritrovino spesso a dover fare tutto da soli o a dover investire denaro per esporre le proprie opere. Credo che si possa migliorare qualcosa già all’interno delle Università e soprattutto i giovani artisti potrebbero essere maggiormente assistiti dai propri insegnanti o da fondazioni e strutture pubbliche che ne incentivino la crescita.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Le mie opere saranno ancora esposte in America durante il resto di quest’anno. La prossima mostra sarà a Giugno nell’ambito di Interform – Biennale di Arte e Moda Assembly, ad Arkansas. Sempre a Giugno sarò presente alla BAAM (Berlin affordable Art Market), a Berlino appunto. Nella seconda parte dell’anno sarò anche in una galleria a Istanbul, in Turchia.

Nata a Messina nel 1984, figlia di artisti, Giuditta-R dopo la maturità si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Catania. Dal 2013 è direttrice di una Residenza per artisti, Villa R, nella sua città natale. Nel 2016 l’artista inizia una collaborazione nel campo della moda con un designer di Tokyo. Ha esposto con successo in varie gallerie, musei e centri di arte contemporanea internazionali in Danimarca, Germania, Italia, Francia, Lituania, Spagna, Stati Uniti, Messico, Austria, Ungheria, Inghilterra, Turchia, le sue opere sono in varie collezioni sia private che pubbliche in tutto il mondo. Giuditta attualmente vive e lavora a Berlino

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