Per Lynch: “Il cinema e la pittura sono due cose diverse. La pittura è un’esperienza incredibile. Dipingere è il più bell’atto di solitudine.” – aveva detto alla stampa francese in occasione della sua mostra “The Air is on Fire” (03.03 – 27.05.2007), alla Fondazione Cartier a Parigi, dove fu presentata la grande retrospettiva del lavoro artistico di Lynch (disegni, quadri, foto, cortometraggi, sculture, musiche, “moving pictures”), e che è approdata nell’autunno 2007 in Italia alla Triennale di Milano (09.10.2007-13.01.2008).
Per la prima volta è anche uscito un grande catalogo “The Air is on Fire. Di David Lynch” (Thames & Hudson, 2007) con 150 illustrazioni delle sue opere.
Ma la prima mostra: “David Lynch. Pittura e fotografia” si è svolta nel 2003, nella rinomata galleria polacca Atlas Sztuki (Atlante d’Arte) di Lodz, : (30.11.2003 – 25.01.2004). Per questa esposizione Lynch aveva deciso di esporre 10 quadri arrivati da Los Angeles (fra cui: „Bob’s Dream”, „Hide Hide hide Ho”, „Bob Finds Himself In A World For Which He Has No Understanding”) e 30 fotografie in bianco e nero, scelte fra 600 scatti fatti nel 2000 a Lodz.
La mostra in Polonia fu un’occasione per scoprire la poliedricità di questo artista globale (regista, attore, cineasta, produttore, compositore, pittore, scultore, fotografo e creatore di un labirintico web-site, ma anche per cominciare a capire, attraverso la sua pittura e la fotografia, quell’incredibile linguaggio, diventato un raffinato stile, dal quale deriva l’aggettivo “lynchiano”.
Nella pittura e nei disegni di David Lynch si risente l’influenza dello spirito espressionista di Oskar Kokoschka (del quale da giovane voleva diventare allievo), la curiosità per il modo di rappresentare lo spazio, la lentezza e la velocità nei quadri di Francis Bacon, e per il mondo onirico delle tele di Edward Hopper. Nonostante che Lynch solo adesso susciti grande attenzione dei circuiti d’arte contemporanea, il più popolare fra i registi americani cominciò la sua carriera proprio dalla pittura e l’animazione. Prima di trasferirsi all’American Film Institute di Los Angeles, frequentava la Pennsylvania Academy of Fine Arts a Philadelphia, dove realizzò complessi mosaici geometrici “Industrial Symphonies” e i suoi primi cortometraggi „Six Figures Getting Sick” e “The Alphabet”, che formano un interstizio linguistico di passaggio fra la bidimensionalità della tela alla terza dimensione del cinema:
“È stato uno dei miei quadri. Non ricordo quale, ma si trattava di un dipinto quasi completamente nero. C’era una figura che occupava il centro della tela. Quindi, mentre stavo osservando la figura nel quadro, ho avvertito un leggero spostamento d’aria e ho colto anche un piccolo movimento. E ho desiderato che il quadro si fosse realmente in grado di muoversi, almeno un po’.”
(Lynch secondo Lynch)
La biografia e il percorso cinematografico (Eraserhead, The Elephant Man, Dune, Blue Velvet, Twin Peaks, Cuore selvaggio, Fuoco cammina con me, Strade perdute, Una storia vera, Mulholland Drive, Inland Empire – per citare le opere più importanti) sono temi di cui si scrive molto e volentieri. Grazie alla monografia di Michel Chion “David Lynch” ed al libro-intervista di Chris Rodley “Lynch on Lynch” e tante altre pubblicazioni in diverse lingue, la vita e i film di Lynch sono conosciuti.
Ma solo negli ultimi tempi si comincia analizzare “il fenomeno lynchiano” dal punto di vista della critica d’arte contemporanea come conoscenza fenomenologia del mondo, perché l’opera dell’autore David Lynch entra nel campo dell’indagine filosofica proposta da Marcel Merleau-Ponty: “come rendere visibili le forze invisibili?”.
Non solo l’opera cinematografica (come ha dimostrato Daniele Dottorini nel suo saggio del 2004 “David Lynch. Il cinema del sentire”), ma tutta “l’opera globale lynchiana”, ci costringe a perdere le certezze razionali che derivano dall’abitudine alla rappresentazione e diventa un continuo “svelamento” del mondo e della sua essenza, attraverso la percezione “pura e semplice” delle forme, attraverso lo “sguardo tattile” e “l’esperienza della visione”.
David Lynch è un personaggio di culto, anche grazie alla sua filosofia di vita, in cui un ruolo importante è svolto dalla meditazione trascendentale praticata dal regista da oltre 30 anni. Sono note le sue idee sull’educazione e la pace, ha creato la David Lynch Foundation For Consciousness-Based Education and Peace e recentemente è uscito il suo libro dal titolo „Catching the Big Fish: Meditation, Consciousness, and Creativity”.
Ma nella biografia di Lynch c’è un episodio ancora sconosciuto e poco indagato: i suoi frequenti rapporti negli anni 2000-2007 con Lód´z, il suo “flirt” con questa città polacca enigmatica come la donna lynchiana.
David Lynch è arrivato a Lodz per la prima volta nel 2000, come ospite del Festival Camerimage (International Film Festival of the Art of Cinematography). Proprio in quest’occasione, girovagando per la città di giorno e di notte e partecipando ad un set fotografico con delle modelle, scattò oltre 600 fotografie:”Poland Nudes and Factories 2000″ series December of 2000 in Lodz, Poland, pensando ad un’album „Lodz: donne e fabbriche”.
Nell’anno 2003, il regista americano aveva fatto a Lodz le prime riprese per un corto “The Green Room in Lodz”, (con la partecipazione degli attori polacchi Krzysztof Majchrzak, Leon Niemczyk e Karolina Gruszka), e quel film si è sviluppato nel suo indiscusso capolavoro „Inland Empire” (con Laura Dern, Harry Dean Stanton, Justin Theroux, Jeremy Irons), presentato alla 63° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera.
Già dal 2002 è nota l’idea di Lynch di aprire una scuola e uno studio a Lodz. Il regista americano non ha mai pensato di lasciare Los Angeles, ma Lodz e per lui un “flirt serio”. Aveva visto diversi luoghi, si sono svolti diversi incontri ufficiali, c’erano e ci sono le premesse… In frattempo ha compiuto il suo capolavoro (La città dell’Est europeo, enigmatica ed irriconoscibile, di”Inland Empire” è Lód´z. Il film, coproduzione americana, polacca e francese, fu girato a Los Angeles ed a Lodz. Scena, dopo scena è un passaggio continuo fra locations polacche ed americane, come nella simbolica sequenza della strada innevata della città polacca e dei due marciapiedi del famoso camminamento Walk of Fame, lungo l’Hollywood Boulevard e la Vine Street).
Nel 2006 è nata a Lodz la fondazione “L’Arte del Mondo” (World Art Foundation creata dal regista David Lynch, dal titolare della Galleria Atlas Sztuki e coproprietario del Gruppo Atlas, Andrzej Walczak, e dal direttore del Camerimage Marek Zydowicz), avente come scopo la rivitalizzazione del grande complesso postindustriale EC-1 (centrale elettrica del XIX sec.), dove nascerà il World Art Center che ospiterà il film studio di David Lynch (la cosiddetta “Torre” di Lynch”), specializzato nella postproduzione sonora, le nuove strutture del Festival Camerimage, studi fotografici e di danza, atélier di artisti, e un museo d’arte contemporanea con le pareti trasparenti che ricorderà l’idea delle case di vetro. Una vera Zona Speciale della Cultura, dalla quale nascerà il processo di gentrification, che comprenderà una vasta area del tessuto urbano di Lodz, ma non tanto come trasformazione tout court del paesaggio e come distruzione del vecchio, quanto piuttosto in termini di conservazione urbana, attraverso il ripristino e l’adattamento dell’architettura postindustriale del XIX secolo.
Rob Krier – architetto scelto dalla World Art Foundation, che ha preparato il progetto, ha pensato a una Piazza Kobro (dedicata alla Katarzyna Kobro) e a quattro vie: polacca, ebrea, tedesca, russa, che sono un simbolo del suo passato e del suo futuro, del passaggio dall’ieri al domani.
“Questa idea è molto bella. Spero che EC-1 diventi un posto dove si potranno incontrare diversi artisti del mondo, e dove l’arte si potrà ammirare e creare. Spero che qui nascono le nuove idee, perché tutto comincia sempre da un’idea…” ha detto Lynch.
Forse David Lynch ritroverà a Lodz la sua terra promessa? – la città che fa sognare e produce i sogni. Stars make dreams and dreams make stars…
Agnieszka Zakrzewicz