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Sostra. Sordo meriggio a Bordeaux
domenica 2 Febbraio 2020 - domenica 16 Febbraio 2020

sede: 11 Dreams Art Gallery (Tortona, Alessandria).
Il sale in bocca dopo le immersioni; l’acquolina d’impatto tuffandosi; o, semplicemente nuotando, l’incipiente, addisiata, sapida, capillare, godibile arsura in controcorrente; appena camminando sulla battigia, a piedi scalzi, perciò bagnati: il respiro, con bianche tracce di sale su vertigini e caviglie, mimesi dell’onomatopeico sciacquìo, nell’ondulata ombreggiatura e lumeggiatura di sbarramento – sembra di averlo tra le dita, o nei denti, il sale che i denti lima – allorquando (quando?) asciutti (i denti?).
1-4 giugno, Francia, anno 119.
Sono un’ottantina le foto che ho portato con me al ritorno.
Degli spazi percorsi, nulla; dell’aperto e chiaro diurno, nulla.
Tutto accadde, è accaduto e tutt’ora accade nella conforme identità e sulla densità alta di un lauto respiro, mentre l’idea non si arresta, continua a travagghiari e progredisce, come avevo auspicato e com’era naturale che avvenisse si espande; a scelta avvenuta, l’insieme di poche immagini rimaste ancora alloggia, morsica, lesto collide con ottuso tintinnare di carambole e rimbombi in sei metri cubi di un luogo adatto ad assorbire la luce e restituirla sotto forma di oscurità.
In quello spazio buio e angusto – malgrado costui, il buio, conscio dell’inappellabilità dei confini, caparbi ostacoli che egli essendo e sentendosi buio tali non ritiene e non riconosce, i limiti tendesse ad ampliarli –, riflettente l’insieme una parte di esso, coperta dalla farinosa superficie di ciò che illusoriamente quello spazio invisibile moltiplicava, luogo disorientato e altresì sfaccettato, ho trovato l’esilio di Goya, Dioniso-Merisi, Dioniso-Dioniso malato e guarito, l’immancabile rappa di racina, L’uva passa e va di ventisei anni fa, i primi grappoli che dipinsi a trent’anni, altri ne avevo dipinti da fanciullo, i felini che qui non ho visto: assenti.
Le strade appartate che danno su vicoli erbosi: in posti simili sessant’anni sono passati da che mi capitava di giocare nel desertificato e diffuso odore di vendemmia e gonfi vapori di mosto schiumoso.
Molte e veloci, sulle biciclette a cavalcioni, belle gambe di donne abituate a muoversi, celermente come già detto.
Dolci e salate crepes.
Al Museo di arte contemporanea tanto spazio per assai poco; fuori, a pochi passi, un edificio bruciato mi ha fatto venire in mente la casa-biblioteca della baronessa Kessler; un palazzo annerito prelevato a Catania e qui trapiantato, resti dei vetri ancora attaccati a finestre e porte con bituminose vernici suppurate e scoppiate.
Poi di nuovo il lungofiume; lungo, lungo fiume e il sole siciliano che allora bruciava le spalle, il sole di oggi che quella piacevole sensazione asciutta e calda richiama…
… segue (file PDF)