Francesco Hayez, la voce del Risorgimento

di Giorgia Mocci.

Francesco Hayez, la voce del Risorgimento

«È un grande pittore idealista italiano del sec. XIX. È il capo della scuola di Pittura Storica, che il pensiero Nazionale reclamava in Italia: l’artista più inoltrato che noi conosciamo nel sentimento dell’Ideale che è chiamato a governare tutti i lavori dell’epoca. La sua ispirazione emana direttamente dal proprio Genio: non è settario nella sostanza; non è imitatore nella forma.»
Giuseppe Mazzini.

Francesco Hayez, Autoritratto a 71 anni (1862); olio su tela, 125,5×101,5 cm (Uffizi)

Francesco Hayez è stato uno dei pittori più importanti del XIX secolo e uno degli esponenti di spicco del Romanticismo italiano: le sue opere descrivono il contesto storico-culturale dell’epoca, e catturano sulla tela i cambiamenti sociali dell’Italia risorgimentale.

Hayez nacque a Venezia nel 1791, in un’epoca di fermento politico e sociale. L’Italia era dominata da governi stranieri e gli italiani stavano lottando per l’indipendenza e il raggiungimento dell’unità nazionale. La sua formazione iniziò tra Venezia e Roma, dove poté godere della protezione e dell’amicizia di Antonio Canova. Ma fu a Milano che si fece conoscere come pittore, e in quella città continuò ad affinare il suo stile.

Hayez sapeva cimentarsi in lavori differenti: dai ritratti fini ed eleganti alle scene mitologiche e storiche. Le sue opere più note furono però quelle di stampo romantico, capaci di trasmettere le emozioni umane in tutta la loro complessità. Grazie alla sua arte è stato capace di dare un grande contributo al processo di definizione e costruzione dell’identità nazionale italiana, rendendo omaggio alla storia e al patrimonio del Paese natio. In particolare, sfruttava il potere evocativo della metafora, attribuendo ai suoi soggetti pittorici, spesso storici o mitologici, un significato che riflettesse il fervore nazionalistico di quegli anni. Ne è un esempio I Lombardi alla Prima Crociata (1840-1842), basato su un’opera di Verdi, dove il fervore dei crociati diventa metafora delle ambizioni indipendentiste degli italiani.

Francesco Hayez – La sete dei crociati sotto Gerusalemme, 1838-1849, 363×589, Musei Reali, Torino

Sulla stessa scia, oltre a essere anche uno dei suoi dipinti più ambiziosi e complessi, vi è La sete dei crociati sotto Gerusalemme, realizzato tra il 1833 e il 1850 su commissione del re Carlo Alberto di Savoia per abbellire le sale del Palazzo Reale di Torino. Nel quadro, ispirato a un poema del Grossi, viene descritta la sofferenza che provarono i crociati fuori dalle mura della città di Gerusalemme a causa della sete. Si vedono persone che pregano altre di lasciare loro qualche goccia d’acqua, altre ancora che svengono; in basso si scorge un soldato intento nel mandare via due donne che cercano di avventarsi su una terza donna che sta bevendo. Vi è anche chi tenta di riempire la propria anfora con la poca acqua rimasta. Il tutto può essere interpretato come un invito alla resistenza e al perseverare nella lotta per l’unità d’Italia.

Al di là delle opere metaforiche e di maggiore complessità, Hayez era conosciuto anche per i suoi ritratti, e tra di essi figurano quelli di alcune delle personalità italiane più note dell’epoca. Ne è un esempio il Ritratto di Massimo d’Azeglio (1864), dedicato allo scrittore e patriota che fu al centro del movimento per l’indipendenza italiana.

Dei suoi ritratti, Carlo Castellaneta scriveva: «è qui che egli tocca i suoi vertici, quando il discorso romantico si fonde col realismo, o meglio con una sorta di fisionomismo interiore che dà al modello un’insolita anatomia. Se dobbiamo credere alla fedeltà dei dipinti, pur concedendo all’autore di avere forse aggraziato qualche difetto, è indubbio che i ritratti possiedono un fascino a cui è difficile sottrarsi. Essi ci raccontano un mondo scomparso, immobile nelle sue barriere di classe, ma nel quale l’aristocrazia aveva un ruolo non indifferente verso l’arte e la cultura. Mi chiedo se un conte Ninni o una Belgioioso o una contessa Vitali dei nostri giorni riuscirebbero a esprimere tanta inquietante maestà, una tale consapevolezza di sé.»

Di particolare fama, e considerato tra i migliori dell’artista, è il Ritratto di Cristina Trivulzio di Belgiojoso (1832). L’aristocratica Cristina Trivulzio di Belgiojoso viene ritratta seduta davanti al busto di una statua femminile. Probabilmente l’opera fu commissionata dalla madre della nobildonna, Vittoria, per ricordare il volto della figlia lontana dall’Italia a causa dell’esilio; anche in questo caso, quindi, l’Hayez dedica la tela a una figura importante del Risorgimento italiano. La donna indossa un raffinato ed elegante abito di velluto blu dall’ampia scollatura e viene colta nell’atto di accostare la mano al petto; pare che Hayez, non potendo disporre della nobildonna che era già in esilio a Lugano, abbia dipinto il quadro un po’ a memoria e un po’ effettuando dei viaggi segreti in Svizzera per disegnare degli schizzi della Belgiojoso.

«Ieri il ritratto è andato sulla cornice ed è un portento di somiglianza. Tutti, donne e servitori, Pietro, Enrico, Sogni dicono che l’Hayez ha stampato la faccia di Alessandro sul quadro! L’è, dicono tutti, un portento dell’arte»
Teresa Borri Stampa.

Altra famosa opera di Francesco Hayez dedicata alle personalità del Risorgimento italiano è il Ritratto di Alessandro Manzoni, olio su tela del 1841 che ritrae Alessandro Manzoni in una posa quotidiana e non nella solita veste di “letterato ispirato”. Lo scrittore milanese è, infatti, seduto, con le gambe accavallate e uno sguardo tranquillo che non denota alcuna preoccupazione o pensiero. La testa del Manzoni è un po’ reclinata in avanti, le sue labbra sono semi socchiuse e accennano un leggero sorriso. Lo sfondo è essenziale ma allo stesso tempo animato da una tonalità luminosa che si riversa verso il centro della tela. Hayez dedicò una tela anche alla seconda moglie del Manzoni, Teresa Borri Stampa (Ritratto di Teresa Manzoni Stampa Borri, 1849): anche in questo caso la posa è semplice e famigliare; la donna, vestita di nero, siede su una poltrona mentre volge lo sguardo, attento e quasi curioso, allo spettatore.

Francesco Hayez – Il bacio (1a versione), 1859, 112×88, Pinacoteca di Brera, Milano

A incarnare perfettamente lo spirito romantico e risorgimentale dell’Hayez è una delle sue opere più note, Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del XIV secolo, famoso semplicemente come Il bacio (1859). Sebbene dichiaratamente collocato in un contesto medioevale, il pittore usa i due amanti come metafora dell’alleanza tra la Francia (la donna dall’abito azzurro) e l’Italia (il giovane che veste di rosso), e nel frattempo rappresenta la passione di un bacio, uno dei temi più amati dai romantici.

Francesco Hayez viene considerato uno dei pittori più importanti del panorama artistico e culturale italiano dell’Ottocento, capace di incarnare appieno l’ideale romantico e di ispirare le future generazioni di artisti. Le sue opere sono il riflesso silenzioso di un’epoca di grande passione e cambiamento, uno sguardo intimo nell’animo dell’Italia risorgimentale, e i suoi ritratti hanno consegnato alle generazioni future le fattezze di alcune delle personalità più famose dell’Ottocento italiano.
Giorgia Mocci

Immagine in evidenza
Francesco Hayez – Autoritratto con leone e tigre in gabbia (circa 1831); tavola, 51×43 cm (part.)
Tutte le immagini: fonte Wikimedia Commons