Fulvio Di Piazza: il sublime contemporaneo di una pittura organica e barocca

di Mariateresa Zagone.

Fulvio Di Piazza: il sublime contemporaneo di una pittura organica e barocca

Un linguaggio visionario che indaga le relazioni viscerali esistenti tra la pittura ed il mondo animale e vegetale, una pittura “organica” quella di Fulvio Di Piazza, fatta di cellule vive che diventano organi alieni e costruiscono vulcani, foreste, animali dal carattere e dalla fisionomia umana.
Le sue creature sono gli inquilini di una fantasia (nell’etimo greco, immagine interiore) pirotecnica di radice indubbiamente barocca che si muovono su palcoscenici fuori dal tempo, sullo sfondo di scenografie dell’assurdo e hanno una radice profonda nel cinema di fantascienza, nel romanzo fantasy, nelle opere visionarie di Bosh e Magritte, di Dalì e Arcimboldo. Parimenti dichiarano un animismo brulicante e ancestrale in cui tutto prende vita, tutto si muove e respira.

Su tutto, però, azzarderei le profonde radici nel “tragico” che alberga sotto la crosta solare della cultura, meglio della weltanschauung, siciliana, quel senso drammaticamente opulento delle processioni dei misteri pasquali, o dei “non detto” nascosti dalle mille smorfie dei volti bruciati dal sole; ”sono l’assoluto fisiognomico e l’assoluto cromatico, calati nel crogiuolo della terra natia, a modulare il nostro consistere” (Antonio Castelli).

Esoterismo negromantico, dannazione eterna, rettili antropomorfi, piante trasformate in membra, insetti o funghi giganti da “Viaggio al centro della terra”; e ancora vesciche infami su zampe di ragno, ippopotami infuocati, lucertoloni gonfi d’odio, osceni meccanismi: tutto è frammisto, tutto si agita, tutto pullula di innumerevoli cose viventi simili a celenterati, a ostriche, a schegge di tronchi, a pesci pieni d’ansia e gechi colmi d’ira, tutto è creatura, essenza mostruosa del vivente fatta di latrati, di vomito, di ansimante vita dionisiaca e perturbante.
Quindi, questa natura tutta, si incardina in pennellate precise, lucidissime e rigorose, trova l’epifania nella grammatica stessa della pittura, perché, al di là di ogni suggestione, la pittura è pittura e nient’altro.
Ma la sensibilità di chi la agisce, quella sì, è di attrazione e terrore di fronte a ciò che la luce fioca di ragione non riesce ad illuminare e comprendere: sublime dinamico. Fuor di dubbio.

L’intervista

[Mariateresa Zagone]: Chi è Fulvio Di Piazza?

Fulvio Di Piazza

[Fulvio Di Piazza]: Un abitudinario con la testa fra le nuvole, un lavoratore e un sognatore

Ci parli della tua formazione?

Dopo una falsa partenza disastrosa nel liceo classico sono fuggito al liceo artistico dove ho incontrato parecchi fancazzisti ma altrettanti bravi sognatori come me. Finiti gli studi liceali ho proseguito i miei studi artistici iscrivendomi all’Accademia di belle arti di Urbino dove mi sono diplomato in pittura nel 1993

Ti sei dedicato parecchio alla musica, quando hai capito che la pittura sarebbe stato il tuo linguaggio?

Lo è sempre stato ma è inscindibile dalla mia passione per la musica, anzi potremmo dire che sono un ottimo batterista prestato alla pittura

Com’è nata l’avventura della Nuova Scuola di Palermo?

Ho conosciuto Andrea Di Marco al liceo artistico e subito è nata un’amicizia profonda cementata da una grande intesa, abbiamo frequentato entrambi l’Accademia di Urbino, la stessa dove qualche anno prima si era diplomato Alessandro Bazan. Tornati a Palermo abbiamo cominciato a frequentarci più assiduamente anche con Francesco De Grandi. Il catalizzatore del gruppo è stato la condivisione del mitico studio di via Gemmellaro, un luogo di sperimentazione e cazzeggio sfrenato. Presto ci siamo accorti di condividere le stesse idee sulla pittura, le nostre opere, se pur diverse, erano accomunate dalla stessa esigenza di introdurre in pittura istanze che sino ad allora erano appartenute ad altri ambiti. Presto abbiamo compreso che se volevamo ottenere un minimo di riscontro avremmo dovuto marciare compatti, insomma la scuola di Palermo si è fondata innanzi tutto su un profondo rispetto, su un’amicizia che perdura tutt’ora. Il resto lo hanno fatto i critici.

La pittura figurativa, fatta anche di mestiere, fatta col pennello, negli anni 90, in Sicilia, non era scontata.

In realtà è sempre stata praticata ma noi abbiamo osato di più, abbiamo sfiorato l’eresia il più delle volte ma queste opere così assurde, eccessive, piene di una ironia tutta siciliana hanno solleticato il palato di alcuni giovani critici nazionali che come noi sentivano l’esigenza di contaminare l’arte con la letteratura, il cinema, il fumetto

Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

Amo leggere ma la mia pittura nasce dall’osservazione del particolare, da fenomeni curiosi o insignificanti della realtà che mi si svela ogni giorno, il tutto poi viene filtrato dalla mia immaginazione e dalla mia innata tendenza ai barocchismi. Non mi piacciono le opere didascaliche, quelle che ad ogni costo vogliono suggerirti la loro origine da particolari letture colte. Per me un quadro il più delle volte non significa nulla se non un’esperienza visiva che se riesce bene ti prende il cuore e te lo strizza ben benino. La letteratura è letteratura, il cinema è cinema e la pittura è pittura, ad ognuno il proprio linguaggio, ad ognuno la propria grammatica.

Qual è il tuo rapporto col cinema?

Stretto

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?

Indispensabile, un ruolo primario, memoria visiva, archivio di immagini che albergano la mia mente pronte a combinarsi per generare nuove immagini, nuovi modi alternativi di rappresentare la realtà

Cosa c’è di autobiografico nel mondo che prende vita sulle tue tele?

A parte i soliti demoni dici? Non saprei

Ci racconti la genesi di un tuo dipinto?

È un evento caotico, il più delle volte nascono li sul momento senza una idea complessiva. Metto sulla tela un seme che può essere un segno o una immagine più complessa e poi la sviluppo cercando di assecondare la mia dimensione segnica. Il più delle volte non ci sono bozzetti, anzi, non ce ne sono mai, avviene tutto lì, su di una tela preparata con un fondo colorato. Poi ci sono le immagini del mio archivio mentale demoniaco che cominciano a lottare tra di loro per garantirsi un posto al sole. La tela è un buco nero ed io sono un astronauta che precipita al di là dell’orizzonte degli eventi per cavar fuori la singolarità. Tuttavia questa rimane sempre lì, oltre il maledettissimo spazio bidimensionale della tela.

Che cosa ti racconta il mare?

Mi attrae, lo amo ma allo stesso tempo lo temo. Temo il blu profondo, per questo lo dipingo

E una foresta?

Architetture fantastiche, una vera cuccagna per gli occhi

La tua ricerca artistica può sembrare intrisa di una forma di spiritualità esoterica. Ce ne parli?

Esoterico non saprei ma posso dirti che per me la pittura corrisponde ancora a una ricerca alchemica, impasto tutto per dar forma alle idee. Cerco sempre di riprodurre le cose più vere del vero. La mia ossessione è far precipitare l’osservatore dentro le mie immagini, e per far questo costruisco degli apparati che funzionano un po’ come delle scenografie

Nelle tematiche e nei soggetti delle tue opere si respira il senso di una denuncia, di una natura umanizzata che urla la sua disperazione per essere stata vilipesa e oltraggiata. E’ così?

Nutro pietà per l’ambiente ma allo stesso tempo mi affascina la dimensione cromatica astratta di una discarica

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.

Lobbista, debole, esterofilo

Un o una artista del passato con cui avresti voluto farti una chiacchierata?

Un aperitivo coi Surrealisti

Work in progress e progetti per il futuro.

Sto curando le scenografie ed i costumi per il flauto magico di Mozart, è un lavoro che mi è stato affidato dal teatro dell’opera di Tblisi ed è già andato in scena a Palermo in forma semi scenica ma è in programmazione nella sua forma intera , nella stessa Tblisi e ad Atlanta, e poi alcune personali in Italia, in Danimarca, negli Stati Uniti e in Georgia

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Crediti
Tutte le immagini: © Fulvio Di Piazza

Fulvio Di Piazza è nato a Siracusa nel 1969 ma vive e lavora a Palermo. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Urbino nel 1993, dal 1995 si dedica totalmente alla pittura e nel 1996 da vita con gli amici e conterranei Alessandro Bazan, Francesco De Grandi e Andrea Di Marco alla cosiddetta Nuova Scuola di Palermo.