I ritratti di Leonardo

Nella regolarità dei lineamenti sta la difficoltà del ritratto.
Infatti la figura anomala resta impressa di colpo nella mente dell’osservatore ed è quindi facile ricordarla.
All’età di quarant’anni, nel 1492, Leonardo fa il punto sulle proprie esperienze di ritrattista e si propone di ricavarne i fondamenti teorici limitandosi però a suggerire come tenere a mente la forma di un volto.
Questo nel capitolo 290 del Libro di pittura che proviene appunto da un suo manoscritto di quel tempo e nel quale elenca le varie forme del naso per un totale di ventuno aspetti in veduta frontale e di profilo.
Precisando che lo stesso andrebbe fatto con la bocca e le altri parti del volto, spiega quindi come organizzare un ampio repertorio di classificazioni tipologiche da portarsi appresso in forma di tabelle mnemoniche per gli opportuni riscontri e per poi ricomporre a casa il soggetto osservato dal vivo: «Quando hai a fare un volto a mente, porta con teco un piccolo libretto dove sieno notate simili fazzioni, e quando hai dato una occhiata al volto de la persona che voi ritrarre, guarderai poi in parte quale naso o bocca se gli assomiglia, e fagli un piccolo segno per riconoscerlo, poi a casa mettilo insieme».
Procedimento dunque del tutto simile a quello degli identikit adottati dalla polizia scientifica.
«De’ visi mostruosi non parlo», conclude Leonardo, «perché senza fatica si tengono a mente».
Di qui le celebri caricature che cominciano ad apparire nei suoi codici e taccuini proprio al tempo di questo precetto.

«Compare carissimo, profitio, et veramente mona Marietta vostra non v’ha inghannato, che tucto sputato vi somiglia: Lionardo da Vinci non l’arebbe ritraete meglio».
Questo in una lettera in data 11 novembre 1503 con la quale Luca Ugolini, da Firenze, informava Niccolo Machiavelli, allora a Roma in missione diplomatica, della nascita del primogenito di questi, Bernardo, avvenuta appunto a Firenze 1’8 novembre di quell’anno.

Anche solo sulla base di prove indiziarie si sapeva già che Leonardo era stato in rapporti col massimo teorico della politica e della diplomazia del suo tempo.
E infatti nell’estate del 1502 si trovavano entrambi presso Cesare Borgia in Romagna, uno come suo ingegnere e architetto generale, l’altro come legato della Repubblica fiorentina.
Poi, nel 1503 e 1504, Leonardo si sarebbe occupato di un ardito e infatti irrealizzabile progetto di deviazione dell’Arno per risolvere la guerra contro Pisa secondo un piano strategico caldeggiato dallo stesso Machiavelli.

Leonardo da Vinci
“Ritratto mutilo di Ginevra Benci”
1437 circa, Washington, National Gallery

Ed è proprio a quel tempo, il 4 maggio 1504, che il segretario fiorentino avrebbe firmato il contratto col quale la città allogava a Leonardo parte della decorazione della nuova sala del Gran consiglio dietro a Palazzo vecchio: altra impresa pubblica destinata al fallimento.
Nel 1506 Leonardo si allontanava da Firenze richiesto dal governatore francese di Milano, e abbandonava quindi quel poco che aveva già dipinto della Battaglia di Anghiari sulle pareti del palazzo, mentre Michelangelo, che non era andato oltre al cartone con la sua Battaglia di Cascina, veniva chiamato a Roma dal bellicoso papa Giulio II.
Era dunque giustificata la perplessità degli studiosi nel constatare che il nome di Leonardo non apparisse mai fra le carte ufficiali o personali di Machiavelli, e che, d’altra parte, quest’ultimo non fosse mai menzionato da Leonardo.
La lettera di Luca Ugolini viene a confermare l’ipotesi, da tempo avanzata, che fra i due illustri compatrioti intercorressero non solo rapporti professionali ma anche di amicizia.
E cioè si ha ora la risposta affermativa alla domanda da me posta col titolo di un mio articolo del 1944: Leonardo fu amico di Machiavelli’?.
Questo Luca Ugolini si sottoscrive «capitano» ma non si sa ancora chi fosse: forse il padre, o più probabilmente il figlio, dell’umanista Braccio che fu già in rapporti con Lorenzo de’ Medici e con l’Accademia fìciniana di Careggi, e comunque un famigliare di Machiavelli col quale poteva permettersi quella confidenza e quindi quel linguaggio che s’addice a un affettuoso rimprovero diretto a un amico o a un compare, come nel caso di una richiesta l’oggetto appunto della lettera di un certo favore che «se non lo fate, dirò che siete un compare o volete di paglia o volete di cazzo», cioè da nulla.
Ma la lettera dell’Ugolini è ben più di un documento storico.
E la prova che Leonardo, da poco rientrato in patria dopo un soggiorno di oltre quindici anni in Lombardia, dove infatti era rimasto dal 1483 al 1499, era stato subito riconosciuto dai suoi compatrioti come abile ritrattista in grado di penetrare nel profondo del carattere del soggetto ritratto…
Carlo Pedretti

Tratto dal volume: “Leonardo – Il ritratto”
di Carlo Pedretti
Giunti Gruppo Editoriale
Firenze
1998