La creazione artistica, una questione di “Chimica”. Intervista a Francesco Filippelli

di Teresa Lanna.

La creazione artistica, una questione di "Chimica". Intervista a Francesco Filippelli.
di Teresa Lanna

Demolire la barriera del tempo, guardando oltre l’immagine e la mera apparenza esteriore, considerando ciascun soggetto come parte del tutto, ovvero come un minuscolo frammento che contribuisce, insieme agli altri, alla formazione dell’intero universo.

Conferire ai dipinti la dimensione temporale è solo una delle molteplici sfaccettature dell’opera di Francesco Filippelli.

Nato a Napoli ventinove anni fa, Filippelli ha alle sue spalle una formazione artistica ultradecennale, intervallata da preziosi riconoscimenti ed esposizioni in diversi luoghi di rilievo. I suoi lavori figurano in molteplici riviste d’arte contemporanea (i.e. L’Elite, Effetto Arte, e molte altre).

Abbiamo intervistato l’artista per arte.go, ponendogli varie domande sul proprio viaggio nel mondo della creazione artistica, che ci svela panorami che oltrepassano i confini dello spazio e del tempo.

[Teresa Lanna]: Leggendo qualche sua notizia biografica, si rimane colpiti da una sorta di “deviazione” di percorso rispetto alla sua formazione universitaria. Lei, infatti, è laureato in Chimica e, al contempo, è un artista affermato nel panorama dell’arte contemporanea. Viene spontaneo porle una domanda: anche nell’Arte, come nella Chimica, occorre in qualche modo dosare sapientemente le componenti che conducono al prodotto finale e, se sì, quali ingredienti non devono mai mancare nella realizzazione di un’opera?

[Francesco Filippelli]: In merito alla mia formazione scientifica vorrei precisare che, in effetti, è stato un percorso successivo rispetto alla mia preparazione artistica. Infatti, da 14 anni ho iniziato a studiare a bottega da una pittrice napoletana di eccezionale talento, Francesca Strino. Senza Pittura, non avrei avuto i mezzi per esprimere tante cose che a parole non riesco a dire; senza la Chimica, invece, non avrei avuto molti legami con il mondo materiale. Un uccello senza zampe, per poter camminare quando si posa sulla terra, è altrettanto limitato quanto un uccello senza ali. Questi due aspetti, zampe ed ali, sono a mio avviso anche gli ingredienti “alchemici” per la realizzazione di un contenuto artistico.

Quando ha iniziato a dipingere e quando ha capito che l’Arte era la sua passione?

‘Arte’ per me è una parola vuota; vuota come può essere una tela vuota, un circoscritto campo di infinite potenzialità. Usiamo la parola ‘arte’ come un tappabuchi ogni qualvolta parliamo di un mezzo espressivo differente da quello di uso comune. In questo senso, la mia natura, fin da bambino, è sempre stata quella di esprimermi mediante immagini; scrivere o parlare, per me, ha sempre rappresentato un affare molto più farraginoso. Ciò che avevo da dire è, ovviamente, cambiato col passare del tempo, e poiché chi si sveglia al mattino non è mai la stessa persona che è andata a dormire la notte prima, immagino che le cose continueranno a cambiare, ad evolversi. L’obiettivo, in ogni caso, è duplice: capire me stesso portando fuori qualcosa di così profondo che io stesso non conoscevo ancora, e, nello spesso tempo, fare in modo che l’altro, guardando questo parto spirituale, intraveda dietro la tela un altro essere vivente al di fuori di sé stesso. Insomma, intendo l’Arte come un antidoto al solipsismo.

Francesco Filippelli – Dorian Gray

In una delle sue esposizioni, dal titolo Frammenti di Temporama Alchemico presso la Galleria d’Arte Spazio 57, a Napoli, lei rappresenta due ritratti della stessa persona, prima giovane e poi invecchiata; è anche un modo per esorcizzare lo scorrere del tempo e per “allentare” l’eccessiva corsa alla perfezione estetica, che pare sempre più caratterizzare i nostri tempi?

In realtà, è un solo ritratto che cambia nel corso del tempo. Si tratta di una tecnica nuova, di mia invenzione, che consente, in una certa misura, di abbattere la barriera dell’atemporalità in pittura.

Temporama nasce da un’analogia con il termine ‘panorama’; infatti, così come affacciandosi a contemplare un panorama si può cogliere un’ampia porzione di spazio, considerando il tempo come una dimensione è possibile affacciarsi mentalmente su una linea che si estende dall’origine dell’Universo fino alla sua remota fine, nella quale noi, nel presente, occupiamo solo un punto infinitamente piccolo. In questa visione, un periodo (‘frammento’, appunto, di temporama) non è visto necessariamente nel suo svolgersi univoco, ma può essere osservato come un tutt’uno, in cui ogni momento è parte di un unicuum percettivo.

Restituire ciò artisticamente richiede l’accesso ad una realtà interiore, reale tanto quanto quella fisica. Dunque, l’alchimia: attraverso un processo chimico, che potremmo definire “alchemico” (in quanto l’alchimia è trasformazione spirituale, oltre che materica) l’autore riesce a portare alla luce dipinti su tela che si muovono sotto gli occhi dell’osservatore; una trasformazione puramente pittorica, senza l’ausilio di strumenti digitali.

Se il dipinto statico è da considerarsi specchio, poiché quando lo osserviamo proiettiamo su di esso i nostri moti dell’animo, in questo caso si provoca il processo inverso: la proiezione è indotta dalla metamorfosi stessa della tela, e, come uno specchio, l’osservatore reagisce trasformando sé stesso; ristabilisce, quindi, l’equilibrio attraverso un processo analogo e opposto al dipinto cui fa fronte.

Francesco Filippelli – Iddu

Nell’esposizione personale di pittura I 7 Mari, tenutasi nel 2020 presso il PAN di Napoli, lei ha rivisitato, in molteplici forme, l’iconografia artistica del vecchio marinaio. Oltre a mari ed oceani, che ha rappresentato personificandoli in uomini anziani, ha raffigurato anche stati d’animo. I diversi mari ed oceani sono in qualche modo delle metafore del vissuto di ogni persona?

Lucio Dalla, nella sua canzone Com’è profondo il mare (tratta dall’album omonimo del 1977, ndr.), scrisse: «Frattanto i pesci, dai quali discendiamo tutti, assistettero curiosi al dramma collettivo di questo mondo che a loro indubbiamente doveva sembrar cattivo, e cominciarono a pensare». Biologicamente, tutti gli esseri viventi derivano da una prima, unica, cellula ancestrale, che ebbe origine in acqua; questa, forse, è la ragione di quella specie di “mal d’Africa” che viene un po’ a tutti quando si trovano di fronte al mare. Melville, nel Moby Dick, comincia proprio parlando di questa sensazione, comune (sebbene in misura differente) a tutti gli uomini più o meno riflessivi. In questo senso, I Sette Mari rappresentano diverse sfumature (differenziate per elementi atmosferici, culturali e spirituali) dello stesso archetipo divino: Dio padre; il Mare, dal quale discendiamo tutti. Un altro tema che emerge dall’esposizione è quello della resilienza: un marinaio sa che per fronteggiare le onde in una tempesta non può andargli contro, e nemmeno può farsi trasportare passivamente; bisogna sfruttare il moto ondoso, danzare al ritmo della tempesta per capire le diverse forze che la compongono e sfruttare quella che ci porta nella giusta direzione. D’altronde, in questa tempesta che è la vita, io chi sono? Dove sono? Di fronte a una tela, a battere forte con i pugni la porta della cabina del capitano, per cercare di capire chi c’è, realmente, al comando della nave.

Francesco Filippelli – Glaciale Artico

Nel ritratto Glaciale Artico sembra palesarsi un omaggio cospicuo all’arte cubista, attraverso una scomposizione della figura in forme geometriche. È presente e, se sì, quali artisti e/o correnti rappresentano, per lei, una particolare fonte d’ispirazione ed ammirazione?

Il mio, in verità, non è un rimando al Cubismo, sebbene apprezzi molto questa corrente artistica. La scomposizione è data dalla rifrazione della luce che, passando attraverso cristalli di ghiaccio, arriva ai nostri occhi (appunto) come scomposta, frammentata in qualcosa che non è più un unicuum fluido, ma una cristallizzazione emotiva: l’oceano vorrebbe lanciare un urlo di collera, ma è rigidamente bloccato dal ghiaccio, che non lo fa muovere; così, nello sforzo, sanguina, e la rabbia si tramuta in dolore. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, cerco di “rubare” ciò che mi piace da qualunque stimolo percettivo mi regali la vita, compresi ovviamente quelli di altre opere d’arte visiva. In tal senso, i miei riferimenti artistici principali sono: Leonardo, Caravaggio, Rembrandt, Turner, Van Gogh, Modigliani, Nik Spatari.

Francesco Filippelli – Spirito nel Buio

Nelle sue opere, racchiuse nel titolo di Sovraimpressioni cromatiche, lei usa diverse sfumature di colore sovrapposte. Da dove trae origine questa tecnica e quando ha iniziato ad usarla per la prima volta?

La pittura può essere considerata un mezzo espressivo che prevede, nella gran parte dei casi, l’applicazione di pigmenti su una superficie bidimensionale. Nel periodo delle sovraimpressioni cromatiche, cominciavo a capire che questa superficie può contenere, in realtà, come uno specchio, il riflesso di molte altre dimensioni (fisiche, percettive, spirituali).

Lei sembra avere particolare predilezione per le persone anziane; come sceglie i suoi modelli e come reagiscono, di solito, al suo interesse? (se vuole, ci racconti qualche aneddoto).

Sembrerà strano, ma i volti che rappresento non sono di persone molto anziane; la maggior parte dei soggetti è, infatti, composta da persone di mezza età, gente di mare con il volto eroso dalla salsedine, bruciato da mille soli, solcato da mille e una tempeste. Sembra che su quei volti il tempo sia trascorso più velocemente, perché la vita ha scritto su di essi molte più parole. Gli uomini del mare sono rimasti tra le ultime categorie di lavoratori pienamente in contatto con sé stessi e col mondo; un simbolo esistenziale, forse proprio per questo ampiamente adoperato in pittura anche nei secoli scorsi. Tra l’altro, pur essendo generalmente persone molto riservate, non mi hanno mai negato la possibilità di fotografarli. Ricordo che a Stromboli volli assolutamente fotografare un pescatore soprannominato ‘Il Vichingo’: mi appostai sulla sabbia e, appena vidi che cominciava a scendere in spiaggia per arrivare alla sua barchetta, lo seguii. Ricordo che, quando mi avvicinai e gli chiesi se potevo fotografarlo, lui fece solo un cenno di assenso, non disse nulla, e rimanemmo per diversi minuti in silenzio, lui a lavorare e io a fotografarlo come un punto di osservazione in quel momento invisibile. Fu uno dei silenzi più significativi e accoglienti che abbia mai sperimentato in vita mia.

Francesco Filippelli – Popeye the Sailor

Lei realizza corsi di pittura acrilica; in cosa consiste tale tecnica ed, inoltre, occorre avere già una formazione artistica di base oppure è rivolta anche a semplici appassionati?

Il corso è rivolto a tutti, ed è strutturato “su misura” per ciascuno, a seconda delle necessità. Più che un insegnante, mi considero un catalizzatore: accelero i tempi di apprendimento sforzandomi di far evolvere, in ciascuno, quella personale capacità pittorica, tecnica ed espressiva, che avrebbe maturato naturalmente, anche senza il mio aiuto, ma con tempistiche molto più lunghe.

Quanto tempo impiega mediamente per fare un ritratto e qual è il momento ideale della giornata per dipingere con più tranquillità?

Non sono in grado di rispondere a questa domanda; più che un momento ideale, occorre un ambiente ideale, e ancor di più uno stato d’animo ideale. Riguardo alle tempistiche, non credo che un dipinto possa mai dirsi concluso del tutto; può arrivare, tuttavia, un momento in cui l’evoluzione di questo dipinto raggiunge uno stato di plateaux, e ulteriori modifiche non condurrebbero a cambiamenti visibili. Scrivo questo perché normalmente è il dipinto, inteso come mediatore tra realtà e percezione, a decidere dove andare, e anche quando fermarsi.

Infine, quali sono i suoi progetti futuri?

Continuare il progetto del Temporama Alchemico e realizzare una mostra sul Capitano Ahab (protagonista del Moby Dick di Melville) in cui cercherò di svelare il paradosso che si cela all’interno della distinzione (purtroppo oggi ancora molto in voga) fra pittura astratta e pittura figurativa.

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Immagine in evidenza: Francesco Filippelli – Dorian Gray (part.)
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