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Pennellate di luce e di rivoluzione: il vibrante mondo dei Macchiaioli

di Giorgia Mocci.

Pennellate di luce e di rivoluzione: il vibrante mondo dei Macchiaioli

Il movimento dei Macchiaioli rappresenta una significativa avanguardia nella storia dell’arte italiana del XIX secolo. Nati in Toscana nella seconda metà dell’Ottocento, questi artisti si contraddistinsero per l’utilizzo di innovative tecniche pittoriche e per l’attenzione rivolta alla resa della luce e dell’atmosfera. La loro poetica, in anticipo sui tempi, aprì la strada a nuove espressioni artistiche e influenzò generazioni di pittori.

Rompendo con la tradizione precedente, votata alla pennellata precisa e “pulita”, questo gruppo di artisti prediligeva una pennellata veloce e nervosa, capace di catturare l’immediatezza del dato percettivo e di trasmettere la vitalità del soggetto rappresentato. Le pennellate, spesso giustapposte senza essere fuse, creavano un effetto di vibrazione e di movimento che conferiva alle opere una grande dinamicità. Le forme venivano rese non da linee nette e severe, ma attraverso il contrasto cromatico di macchie di colore, giustapposte e non fuse. Le macchie, spesso prive di contorni netti e di diversa dimensione e intensità, creavano un effetto di chiaroscuro e di profondità che rendeva le opere più realistiche e coinvolgenti dal punto di vista emotivo.

Gruppo di Macchiaioli, foto dei primi anni del ‘900

Le macchie, inoltre, si prestavano bene alla resa della luce e dell’atmosfera. La luce, spesso filtrata da alberi o da nuvole, assumeva un ruolo fondamentale nella costruzione del volume e nella definizione dello spazio. L’atmosfera, resa attraverso sottili variazioni di colore e di tono, conferiva alle opere una suggestiva sensazione di quiete e di poesia. Non a caso i soggetti preferiti dai Macchiaioli erano paesaggi rurali, spesso dipinti en plein air, oltre a scene di vita quotidiana. La scelta di soggetti comuni rifletteva il loro desiderio di realismo e di autenticità. La pittura en plein air, inoltre, permetteva loro di cogliere la luce naturale e l’atmosfera del momento, dando vita a opere di grande freschezza e immediatezza.

La poetica dei Macchiaioli fu influenzata da diverse correnti artistiche e culturali europee. Senza dubbio hanno molto in comune con l’impressionismo, una corrente artistica contemporanea a quella macchiaiola ma sviluppatasi in Francia: anche gli impressionisti prediligono i soggetti all’aria aperta, si concentrano sugli effetti di luce e sull’“impressione” emotiva, che il pittore cerca di rendere sulla tela con pennellate veloci e intuitive. Pur somigliandosi molto, i Macchiaioli hanno però un approccio più strutturale al disegno, che conferisce ai loro soggetti più volume e solidità rispetto ai quadri impressionisti.

Entrambi sono comunque molto influenzati dalla Scuola di Barbizon, un gruppo di pittori francesi votati al realismo e alla resa del soggetto tramite i giochi di luce e pennellate contrapposte. Il realismo, d’altronde, gioca un ruolo fondamentale per la poetica dei Macchiaioli: essi vogliono dipingere la realtà di tutti i giorni, non ritratti di potenti o nobili, ma scene di vita quotidiana, paesaggi, scorci di un ambiente umile e “vero”.

Adriano Cecioni – Il Caffè Michelangiolo, 1867 ca

A favorire un approccio realista furono anche i moti politici e culturali che interessarono l’Italia e l’Europa a metà dell’Ottocento: le idee rivoluzionarie stavano spostando l’attenzione dalla classe dirigente al “popolo”, nuovo protagonista dotato di coscienza e identità proprie. E questo popolo era il soggetto che i Macchiaioli ricercavano, insieme ai paesaggi e alla natura in cui esso si muoveva. D’altro canto, la maggior parte degli artisti macchiaioli aveva preso parte ai moti del 1848 e, con i loro incontri presso il Caffè Michelangiolo di Firenze, predicavano la necessità di un cambiamento non solo politico ma anche artistico, che riflettesse il nuovo spirito culturale dell’epoca. Ogni cambiamento viene accolto con diffidenza, e così accadde anche con l’arte dei Macchiaioli.

«Al mio ritorno in Firenze, ebbi i miei primi lavori rigettati dalla nostra Promotrice (Accademia di Belle Arti in Firenze) per eccessiva violenza di chiaroscuro e fui attaccato dai giornali come macchiaiolo»
Telemaco Signorini.

Telemaco Signorini si vide rigettare dall’Accademia di Belle Arti di Firenze le sue opere e venne tacciato di “macchiaiolo” in senso dispregiativo, soprattutto perché la sua tecnica nuova e sperimentale rompeva con gli insegnamenti tradizionali. Il termine dispregiativo “macchiaioli” venne utilizzato per la prima volta nel 1862 dalla rivista Gazzetta del Popolo, che accusò gli artisti “macchiaioli” di disordine, di mancanza di armonia, di aver ridotto le immagini a una serie confusa di macchie informi.

A dispetto delle resistenze iniziali, il movimento si diffuse rapidamente in tutta Italia, grazie anche alla partecipazione dei suoi esponenti alle principali esposizioni nazionali e internazionali. Tra i centri più attivi vi furono Firenze, Livorno e Castiglioncello, dove si riunivano artisti come Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Giuseppe Abbati, Vincenzo Cabianca e Odoardo Borrani.

La loro influenza si fece sentire su numerosi artisti, tra cui Silvestro Lega, Adriano Cecioni, Vittorio Corcos e Giovanni Boldini. Il movimento contribuì a rinnovare il panorama pittorico italiano, aprendo la strada a nuove sperimentazioni artistiche e anticipando alcuni aspetti del Futurismo e della pittura astratta.

Telemaco Signorini – L’Alzaia, 1864, olio su tela, 54 cm×173,2 cm. Collezione privata

La loro poetica ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte italiana. La loro attenzione alla luce, la loro pennellata veloce e la scelta di soggetti quotidiani hanno aperto la strada a nuove espressioni artistiche che hanno caratterizzato il XX secolo, rompendo la rigidità della tradizione precedente. Dipingendo soggetti della vita quotidiana hanno anche contribuito a spostare il focus sui cambiamenti culturali e sociali del XIX secolo: opere come “L’alzaia” di Telemaco Signorini, “In vedetta“, noto anche con il titolo di “Il muro bianco, di Giovanni Fattori rappresentano la realtà dei lavoratori, dei soldati e della gente comune.

Giovanni Fattori, In vedetta (1872), olio su tavola, 37×56 cm, collezione privata, Valdagno
Odoardo Borrani – Cucitrici di camicie rosse (1863)

Altre loro opere significative sono “Le cucitrici di camicie rosse“, olio su tela realizzato da Odoardo Borrani nel 1864. Il dipinto deve essere interpretato in correlazione ad un altro celebre quadro dell’artista, 26 aprile 1859, altro olio su tela che raffigura una giovane fanciulla seduta, intenta nell’atto di cucire la bandiera dell’Italia. Ne “Le cucitrici di camicie rosse” vengono rappresentate quattro donne sedute mentre cuciono delle camicie rosse all’interno di un piccolo salotto finemente arredato e luminoso.

Le figure, vestite in modo molto decoroso, sono disposte in maniera circolare e, con fare serio e attento, sembrano essere impegnate sin dalle prime ore del mattino nel cucito. Sullo sfondo si scorge, oltre alla finestra, anche un ritratto di Giuseppe Garibaldi. Questa tela del Borrani vuole descrivere il ruolo della donna alla fine dell’Ottocento, la quale, grazie al suo lavoro, è stata essenziale nell’evoluzione degli eventi storici e sociali dell’epoca.

Telemaco Signorini – Pascoli a Castiglioncello, 1861

Un altro quadro emblematico fu “Pascoli a Castiglioncello di Telemaco Signorini, olio su cartone del 1861, in cui viene raffigurata una giovane pastorella che conduce al pascolo tre mucche in una giornata calda d’estate. Ciò che colpisce principalmente del quadro è la resa della luce che via via diviene sempre più accecante; si tratta della luce calda dell’estate che sul terreno crea delle ombre evidenti. La macchia in questo caso è morbida e non smorzata.
Giorgia Mocci

Immagine in evidenza
Giovanni Fattori – Maria Stuarda al campo di Crookstone, 1861, olio su tela, 76×108 cm. Galleria d’Arte Moderna, Firenze (part.)
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Tutte le immagini: fonte Wikimedia Commons