L’orafo si serve di tutta una sua attrezzeria – lenti, punteruoli, bacinelle, crogiuoli. Sono sempre lì, sul tavolo di lavoro, pronti ad essere usati per la felice fatica quotidiana. Ma se l’orafo è anche pittore questi stessi strumenti si dilatano nella sua fantasia, acquistano una dimensione inconsueta, diventano cioè oggetto di quell’attività dell’immagine che chiamiamo arte.
È ciò che accade a Piero Porta, valente orafo e pittore.
Dopo un periodo di pittura da impressioni della natura – canneti sul fiume, il Po di Valenza – il Porta ha fatto il ritratto ai suoi oggetti, li ha considerati nelle abituali disposizioni sul banco, li ha arricchiti della forma metafisica dei globi, li ha inquadrati davanti alle finestre, non necessariamente quelle di Valenza ma anche nei paesi diletti, come l’Arno a Firenze ed ha dipinto così dei quadri che sono dei piccoli monumenti all’arte orafa, molto vicini come spirito a quelli che fiamminghi e olandesi dipingevano per esaltare il nuovo lavoro artigiano che fece crescere la borghesia dei loro paesi.
I quadri di Piero Porta sono l’ideale per fare un museo dell’arte orafa valenzana.
Con tonalità morandiane – gialli attenuanti, verdi bottiglia, grigi, ocra e qualche modico viola o azzurro o rosso – Piero Porta costruisce il suo quadro con la stessa responsabilità ideale con cui fabbrica un anello o un monile.
È questa N.M. con pietra paragone e scatola V. Morosetti, 50 x 40 olio 1986 probità artigianale, che non è affatto contradditoria con l’arte, che mi piace in Porta.
Il romanticismo ci ha abituati all’idea del genio, della trovata, dell’invenzione per l’invenzione.
E ci siamo scordati che per secoli l’arte della pittura, dalle “madonne” senesi alle “nature morte” olandesi, è stata un paziente e illuminata attività di alto artigianato che, per essere gravida di sentimento pittorico, diventava arte.
Le “nature morte” di Porta comunicano attraverso un sentimento musicale del colore.
A poco a poco, a guardarle, emerge un sottile polifonia: ogni oggetto ha un suo canto che diventa coro a voce bassa via via che gli accostamenti diventano significativi.
Si veda per esempio come in Fogli, disegni e ferri orafi del 1981 il nero e bianco dei fogli diano un’atmosfera particolare, di una finezza sottile, al quadro, come questi neri stampati siano diversi dai bruni dei ferri, del calamaio.
È ciò che fa il pittore, la capacità in uno stesso tono di far sentire tutto l’apporto dei semitoni, tutta la gradazione musicale degli effetti pittorici con quel gusto che noi chiamiamo pittura.
La posizione artistica di Piero Porta si colloca perciò fuori da quella tradizione della arte decorativa che costituisce tanta parte dell’arte moderna.
Essa si raccomanda invece a quella piccola committenza che corrisponde a un sentimento generale che sentiamo alitare nella città di Valenza.
Valenza e i suoi orafi hanno veramente il piacere del loro mestiere.
Nei quadri di Porta lo vediamo esaltato nelle minuzie del lavoro, una testimonianza veramente delicata ma anche autorevole di ciò che possa l’osservazione veridica quando essa è illuminata dal dolce fuoco del sentimento.
Tratto da “Dal fiume al banco dell’orafo”
La raccolta dell’oro in Val Padana e la tradizione dell’oreficeria valenzana.
CNA Unione Artigiani; Confartigianato Libera Artigiani
1 – 20 ottobre 1987
Centro Comunale di Cultura, Valenza (Alessandria)
Riflessioni di Piero Porta
Oggi, a sei anni dai primi della tematica che tuttora credo e che sempre più mi affascina, disegnando e dipingendo questi vecchi strumenti di lavoro orafi trovo invenzione e manualità, sento la professionalità segnata nell’usura ogni ferro di lavoro nel fucinare metallo ha dato a singoli orafi la differenza e la varietà di tanti oggetti lavorati, significativa esclusività e cose uniche, certo oggetti di alto artigianato e tanto lustro che Valenza oggi ancora tiene.
Nella pittura che sempre più trovo il pretesto a formare con questi umili arnesi nature morte plastiche e tonali, piene di luce, lasciandoli soli in mezzo alla tela dandole respiro, coinvolgendoli nella solitudine, arricchendoli della forma metafisica, il tutto mi affascina, dove la luce e le ombre danno al racconto contenutistico finalità dell’esistenza.
Il critico e studioso Raffaele De Grada a queste mie forme plastiche dice che comunicano sentimenti musicali, ogni oggetto ha un suo canto che diviene coro a voce bassa via via che gli accostamenti diventano significativi, a questi “canti” vorrei riuscire rimandando al colore primo a rendere con i suoi toni che sento e evidenzio per l’importanza del valore pittorico dando a queste forme quasi umane il suo stare sulla terra come personaggi vissuti nella nostra storia.
L’essenzialità, cosa molto importante per il mio intimo interesse all’arte, è ancora tutta a svolgere tra i miei ferri in attesa a farsi ritrarre, oggi con una certa poetica, e ancora domani, non rinunciando a queste forme statiche scorrevoli come ogni cosa della vita.
Il segno del disegno molto particolareggiato è e rimane la perfezione di un orafo stato la banco per molti anni in compagnia dei ferri oggi soli e in attesa di un umile posto per passare fieri la sua nobile finalità.
Questi arnesi che molti artigiani orafi danno la sua esistenza ormai fuori tempo, ora messi in fila, o raggruppati, sono forme geniali che corrispondono a un sentimento remoto a chi li ha lasciati, e mandarli nella storia di Valenza è un principio dialettico pieno di fascino e valori umani, ritraendoli con la piena forma che si appropria è un fatto di ricordi e di cultura, speranza di un avvenire per tutta la comunità valenzana.
Piero Porta
fine Giugno 1987
Tratto da “Dal fiume al banco dell’orafo”
La raccolta dell’oro in Val Padana e la tradizione dell’oreficeria valenzana.
CNA Unione Artigiani; Confartigianato Libera Artigiani
1 – 20 ottobre 1987
Centro Comunale di Cultura, Valenza (Alessandria)