Altre Ecologie - Quando l'Arte protegge il Pianeta

Un viaggio alla ricerca di sogni. I mondi di Alessandra Della Valentina

di Teresa Lanna.

Alessandra Della Valentina

«Il luogo e la culla che mi ha abbracciato ed ispirato, è sicuramente il Messico. Lì ho vissuto la mia adolescenza ed i miei sogni; è stata, per me, un’esperienza importantissima, senza la quale non sarei chi sono ora».

È quanto afferma l’artista Alessandra Della Valentina, che scopre la Pittura lontana dall’Italia; per poi rendersi conto che, nella vita, puoi anche girare il mondo, ma arriva sempre il momento di tornare a casa, e riscoprire che, anche a distanza di anni, un giorno, ritrovi comunque le tue radici.

Perché la famiglia, ed i valori che ti ha trasmesso, rimangono sempre dentro di te; a prescindere dal percorso di vita che tu scelga d’intraprendere e da ciò che possa riservarti il destino. Nel bene e nel male.

L’intervista

[Teresa Lanna]: Come ti sei avvicinata all’Arte e quali sono state le tappe fondamentali che ti hanno condotto fino a qui?

Alessandra Della Valentina

[Alessandra Della Valentina]: Se penso a come è nato tutto, il filo conduttore è stata sicuramente la musica; mia madre, infatti, era pianista, ed ha saputo trasmettere a tutti noi in famiglia la cultura musicale, la gioia di vivere, il sorriso, la leggerezza e la magia del miracolo creativo. L’amore ereditato per quest’arte così sublime ha fatto sì che il mio pensiero fosse orientato a come riuscire a trasmettere emozioni altrettanto elevate attraverso la pittura, che diventa, per me, il migliore strumento per cogliere i meandri dell’animo e, al contempo, una grande sfida per trasmettere emozioni analoghe. In seguito, grazie alle corde del mio destino, che ho sempre seguito e rispettato, mi ritrovo, da Bologna, città in cui sono nata e cresciuta, in Messico, in seguito al lavoro di mio padre. Lì, il mio primo approccio concreto con l’arte, è stata l’iscrizione all’Accademia Esmeralda, a Città del Messico; oltre a questa esperienza accademica, poi, ho avuto la possibilità di vivere, in forma parallela, la misticità, le difficoltà e le meraviglie di questo paese. Nel 1989, per circostanze assurde e surreali, mi ritrovo nuovamente in Italia, a Venezia, dopo più di dieci anni di lontananza. È stato difficile ricominciare; niente aveva più senso, per me, pur ritrovandomi a vivere nel posto più bello del mondo. Con pazienza e dolore, ho iniziato a volgere lo sguardo verso gli angeli veneziani, presenti in ogni calle, forma architettonica e chiesa. Essi diventano, così, la mia unica fonte di ispirazione; inizio a dipingere solo angeli tristi, angeli musicanti, feriti, quasi come se quella fosse una richiesta di aiuto. Da quel dramma, la freccia della bussola che ha sempre guidato le mie scelte, mi porta negli USA, a Boston; in seguito, in Germania e via via in tanti altri luoghi. Così, il tempo trascorre tra varie mostre ed esperienze, principalmente in Europa, tra fiori e riconoscimenti anche in altre parti del mondo.

Tu hai fondato la tua opera sull’essenzialità di materiali naturali come legno, corda, rame, sabbia, yuta e pigmenti acrilici. C’è un elemento che, più degli altri, dialoga con te e ti permette di esprimere la tua creatività in maniera sempre crescente?

Il mio rapporto con la materia è stato un amore a prima vista; era fondamentale, per me, andare al di là di una tela, di uno spazio chiuso. Ero attratta da superfici irregolari; da materiali naturali; come il legno, il rame, ma anche da quelli che mi capitavano sottomano casualmente, come yuta, sacchi di lino grezzo, pietre, sassi, sabbia,… Gli oggetti non li ho mai trovati per caso; sono sempre stati delle magiche scoperte, con le quali costruivo le mie composizioni, a volte quasi tridimensionali (“Arpicordio”, “Tempio”, “Canto per una nota”, “Tre Arazzi”, “Sorgente”, …). Anche la scelta delle tele è stata sempre caratterizzata dalla natura grezza del materiale; yuta, lino grezzo, vecchie stoffe, è come se mi avessero sempre parlato e guidato nei vari percorsi creativi. Questo amore materico, negli ultimi anni, mi ha fatto avvicinato ancor di più al colore, steso su superfici di tele grezze. Le mie tele le costruisco e preparo io stessa con i pigmenti naturali; si tratta di tele senza cornici, che amo definire come “tappeti volanti”. Questo, ora, è l’elemento che più dialoga con me e che mi aiuta a crescere.

Le tue opere esprimono una forte religiosità; qual è il tuo rapporto con questa dimensione?

Il mio rapporto con questa dimensione è la mia vita; un sodalizio forte, fatto di scoperte guidate dalla mia curiosità ed inquietudine spirituale. Cresciuta in una famiglia dalla tradizione cattolica normale, ho approfondito questo percorso, sempre in Messico, dove ho vissuto esperienze fantastiche, mistiche e, a volte, surreali; i diversi incontri con brujos, las limpias, curanderos, sono realtà esoteriche che mi hanno sempre affascinato. Lì vivevo una sorta di religiosità multietnica, che mescola il sacro con il profano. Questo cocktail mi attraeva e mi avvicinava a Dio in punta di piedi. Da lì, ho cominciato ad approfondire le mie radici cristiane, artisticamente parlando, quando vivevo a Boston, partendo dallo studio delle icone. Mi sorprendeva come l’atteggiamento dell’artista, attraverso la creazione delle proprie opere, annullasse l’ego per avvicinarsi di più a Dio ed al suo messaggio. Anche in questo aspetto, la musica gioca un ruolo fondamentale; l’emotività spirituale che suscita in me ascoltare capolavori di compositori come per esempio Bach, Pergolesi, Mozart, Beethoven, Ravel, Albinoni e Debussy, a volte mi ha portato a credere che un Dio esista. Ascoltando alcuni compositori, infatti, capita di vivere esperienze sovrannaturali potenti che ti guidano in una specie di dimensione divina, al di là dell’umano.

Ci illustri qualche opera creata durante la tua carriera e che è stata per te particolarmente significativa (com’è nata ed i sentimenti che hanno accompagnato la sua creazione)?

Alessandra Della Valentina – La Cellista, 1992

Tante opere che ho fatto, naturalmente, hanno una storia, e sono nate nell’ambito di diverse situazioni e stati d’animo, spesso specchio del mio cammino in quel preciso momento. Un’opera molto importante, per me, dal punto di vista simbolico, è “La Cellista” del 1992, angelo custode e testimone del mio percorso. In quest’opera cercavo di trasmettere quello che è il mio legame con la musica; una donna che suona il violoncello e che diventa una cosa sola con lo strumento. Le corde del cello si trasformano nelle corde della sua anima e si fondono in un abbraccio indelebile che la accompagna in mondi magici di sogni, fusi con il dramma del suo vivere. Fortunatamente, questo quadro mi guida in un viaggio di successo professionale, in Germania precisamente, dove ho vissuto esperienze espositive molto importanti, sia dal punto di vista professionale che umano. Un’altra opera particolare è la “Rappresentazione di Cristo“, che ho creato seguendo canoni simbolici dell’America latina: solo il volto, senza il corpo, perché le civiltà preispaniche non avrebbero mai accettato la cristianizzazione da parte della chiesa spagnola, che proibì loro il sacrificio umano. Sostenevano, infatti: “Ci proibite il sacrificio umano, quando voi per primi sacrificate il vostro Dio?” Quindi, nel sedicesimo secolo, nell’atrio delle chiese, il Cristo non veniva mai rappresentato interamente sulla croce, ma solo attraverso il volto ed i simboli cristiani, affinché potesse essere accettato e capito. Un Cristo che ho dipinto nel 1994, ora si trova in una chiesa in Germania. Ricordo che l’inaugurazione fu emozionante; vedere e sentire che tanta gente pregava davanti al mio Cristo, con le benedizioni del prete, il profumo dell’incenso, i chierichetti, ed i rituali convenzionali, mi sembrò surreale, mi fece venire la pelle d’oca. Infine, con questa domanda mi ritrovo a dover scrivere, per alcune opere, pagine e storie molto complesse e prolisse; sicuramente le immagini saranno più fedeli alla mia sensibilità artistica e personale; non sono brava con le parole.

Tu hai esposto in Italia e all’Estero; in particolare, tra le mostre personali, c’è “I mondi di Alessandra”, tenutasi nel 2009 presso il Museo dell’Arte Febbrile e delle Coltellerie. Ricordi quali fossero i lavori selezionati per l’occasione e qual era il fil rouge che ne ha indicato la scelta?

Sì; in questo periodo, mi è stata proposta una personale, a Maniago, in Friuli, posto che frequentavo quando vivevo a Sacile, e dove c’erano molti miei collezionisti. Per questo bellissimo spazio espositivo, ho raccolto ed esposto moltissime opere di varie epoche; non seguivo un particolare fil rouge. Il mio percorso era sintetizzato nel titolo; lo spazio era molto grande, e l’accoglienza molto sensibile e professionale. Ho cercato di fare una piccola retrospettiva, raccogliendo anche quadri del passato. Rivivere questa esperienza, adesso, a distanza di anni, mi lusinga e mi fa ben pensare che forse il mio lavoro è entrato nel cuore di qualche spettatore, sussurrando all’orecchio o in punta di piedi. Mi piace l’idea che il mio percorso, forse, non sia stato invano.

Riprendendo il titolo dell’esposizione appena menzionata, quali sono i tuoi mondi e in quali, invece, non ti trovi assolutamente a tuo agio?

I miei mondi sono quelli rappresentati nelle mie tele, negli oggetti e nel percorso vissuto fino a qui; mondi di terre lontane e di un cammino difficile, ma al momento stesso magico e spettacolare. Non è stato facile esprimere ed esporre la mia storia, che è la mia unica ricchezza, il mio “patrimonio”. Con il tempo, ho percepito che si può aiutare anche con l’arte, proprio come sono stata aiutata io. Alejandro Jodorowsky è stato uno dei tanti artisti geniali a trasmettermi questo pensiero, in forma chiara, attraverso i suoi scritti. Uno dei tanti è “La Danza della realtà”, una sorta di autobiografia. Mi sono subito identificata con lui e con alcuni dei mondi descritti; li ho visti e vissuti sulla mia pelle, perché anche lui è stato moltissimi anni in Messico, entrando in contatto con realtà spirituali ed esoteriche. Non mi trovo a mio agio, invece, all’interno dei mondi commerciali, del successo, che, a volte, in passato, mi è capitato di frequentare. I mondi dell’apparire, dell’egoismo, dell’egocentrismo… Ho sempre cercato di stare lontano dai riflettori, dalla vita comoda. L’autenticità è l’unica cosa che inseguo; fare arte è come esplorare me stessa, come una preghiera, fino ad arrivare nel mio animo.

Tra le opere create nel 2022 c’è “Raccolta di sogni”. Ce ne vuoi descrivere qualcuno in essa rappresentato?

Alessandra Della Valentina – Raccolta di sogni, 2022

“Raccolta di sogni” è una specie di riassunto di questi ultimi due anni, relativo ad una serie di opere definite come aquiloni; lavori dedicati al grande artista messicano Francisco Toledo. Gli Aquiloni (da Papalotes, parola che proviene dal nàuatl papalotl, che significa “farfalla”), furono per lui una specie di leitmotiv delle sue ultime opere, sia dal punto di vista politico che artistico e sociale, perché, ad esempio, quando nel 2014 sparirono quarantatré studenti, Toledo, per protesta, disegnò, su ogni aquilone, il volto degli studenti scomparsi, che non furono mai ritrovati. Qualche anno fa, in suo onore, moltissimi artisti messicani dipinsero le loro opere su questo particolare formato; ovviamente, facendo parte di quel paese, mi piacque moltissimo l’idea e, al tempo stesso, mi affascinarono il formato e la simbologia; così, ho dipinto vari aquiloni. Raccolta di sogni voleva essere, infine, la raccolta di aquiloni rappresentati in un’unica tela. Nella seconda versione, sopra ogni aquilone dipinto nella tela, misi un piccolo formato di aquilone che dipinsi a parte, come un piccolo talismano, che alla fine ho applicato sulla composizione. I talismani rappresentano una sorta di offerta votiva; una pratica molto diffusa anche in alcune chiese messicane, sulla scorta dello spirito cristiano, per guadagnare il favore delle forze soprannaturali.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Naturalmente, continuare a dipingere, ad approfondire la mia ricerca, ed inoltre riuscire ad esporre le opere dipinte durante questi ultimi anni nell’ambito di una retrospettiva italiana, perché, visto che moltissimi miei lavori sono all’estero, un’esposizione completa risulterebbe troppo complicata. Questa mostra mi piacerebbe allestirla in uno spazio speciale ed adeguato a molte delle mie ultime opere, che prenderebbero vita se fossero sospese per aria, e poter creare, tra loro, un dialogo, una danza; vedere, finalmente, i miei tappeti volanti ed i miei aquiloni esprimersi appieno; creare delle installazioni direttamente in quello spazio. Mi son resa conto, infatti, che le opere prendono vita e corpo specialmente quando sono esposte, illuminate correttamente ed allestite nel percorso che vorrebbe raccontare l’autore; come un direttore d’orchestra che coordina ed organizza gli strumenti, gli spazi ed i tempi necessari per esprimere al meglio l’animo dell’artista.

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Tutte le immagini © Alessandra Della Valentina
Immagine in evidenza: Alessandra Della Valentina – In ogni sguardo, 50×100, 2022

Abbraccio 146×133 2020