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Una pittura contemporanea dal sapore antico. Intervista a Roberto Ferri

di Fabiana Maiorano.

C’è chi lo chiama “il nuovo Caravaggio” e chi semplicemente ammette il suo talento e lo chiama per nome, Roberto Ferri, senza appellativi, senza bisogno di scomodare gli Artisti del passato; un passato a cui sicuramente guarda per la tecnica, per la composizione scenica, per i cromatismi e le tematiche tipiche di quel periodo che la storia dell’arte definisce “decadentista”, con soggetti legati al mistero e alla scoperta dell’inconscio umano e dell’istinto. Un passato artistico che Ferri rielabora con un linguaggio estremamente contemporaneo, modificandone la natura e restituendo scenari visionari e onirici magistralmente eseguiti, con un realismo pittorico combinato ad uno studiato simbolismo che generano turbamenti e tensioni, incanto e consapevolezza.

Roberto Ferri – Le delizie infrante

C’è del perturbante nelle tele di Ferri, dove una sensazione di piacere infusa dall’armonia formale dei corpi viene brutalmente deformata da angosciose deformazioni, elementi simbolici e contorsioni. Penso, in tal senso, al maestoso dipinto Le delizie infrante, dove un groviglio di corpi volanti inscenano un conflitto interiore, oppure L’amore, la morte e il sogno, che indaga gli estremi che reggono le fondamenta della vita, dove la bellezza della carne mortale e delle passioni è tormentata dalla morte personificata dalla figura sulla destra.

Quello di Ferri è un viaggio alchemico alla ricerca del senso della vita, una ricerca che si sublima in figure mostruose, in splendide allegorie delle pulsioni umane e in trasposizioni sacre delle tensioni dello spirito.

Il mondo pittorico di Ferri è onirico, emotivo e fisico e come uno specchio riflette le oscurità che agitano l’animo umano, di cui l’artista cerca di svelare i meccanismi nascosti introducendo, talvolta, strumenti scientifici o bastoni di ferro che si incastrano con le anatomie. Si tratta principalmente di oggetti di misurazione, spesso combinati con simbologie alchemiche per rappresentare metaforicamente l’unione di razionale e irrazionale, spirituale e corporeo. Non posso non fare riferimento a Schiavo nell’ombra, in cui l’uomo emerge dalle tenebre e riflette questo contrasto con una sofferenza silenziosa a cui si abbandona mentre le membra sono afflitte da catene, goniometri, ossa e travi di ferro.

Questi elementi servono anche per rimarcare la ricerca di un equilibrio tra luce e ombra, in nome di una redenzione che passa attraverso il martirio delle carni.

Roberto Ferri – San Sebastiano

A proposito di martirio, con il suo San Sebastiano Ferri a mio parere stravolge l’iconografia religiosa tradizionale e al posto delle frecce Sebastiano è trafitto da gigli, la redenzione è in atto nel momento in cui si consuma la tortura, egli è già Santo quando decide di non rinunciare alla fede.

Non ci sono dubbi che le sue opere richiamino estetiche rinascimentali o barocche, fascini neoclassicisti e pompier, tuttavia il suo talento si manifesta nel momento in cui notiamo le citazioni nelle sue opere ma riconosciamo spiccatamente il linguaggio di Roberto Ferri.

I vari Michelangelo, Caravaggio, Ingres, Delacroix, Gericault, Bouguereau, etc., diventano un citazionismo velato nei tratti dell’artista pugliese, che lasciano spazio all’introspezione e all’introiezione.

A Palazzo Pallavicini è stata allestita un’importante retrospettiva dedicata ai suoi lavori, con un percorso tematico che tocca le varie fasi della ricerca artistica di Roberto Ferri. In occasione della mostra, l’artista ha gentilmente concesso un’intervista.

[Fabiana Maiorano]: Come nasce la vocazione per l’arte e per questo tipo di pittura?

Roberto Ferri

[Roberto Ferri]: La vocazione è arrivata quando ero piccolo: ero circondato da libri d’arte che sfogliavo, rimanendo affascinato dalla pittura di Caravaggio, Velàzquez, Ribera, dal Seicento all’Ottocento. Ho iniziato poi a dipingere guardando mio nonno e mio zio da piccolo. Ho sempre voluto raccontare il mondo che vivevo e, a prescindere da come si stava sviluppando l’arte contemporanea, ho sempre cercato di rendere con la mia pittura quel calore dell’antico in chiave moderna, con elementi e strumenti della nostra epoca.

C’è un artista che sente più affine alla sua pittura?

Caravaggio è abbastanza palese, ma in realtà non ce n’è uno in particolare poiché ci sono diversi autori che mi hanno influenzato, soprattutto della pittura ottocentesca come Géricault o Bouguereau.

La cura dei dettagli che traspare dalle opere è impressionante. Una perfezione quasi maniacale per il dettaglio e per le emozioni incise in ogni singolo tratto. Quanto studio, quanto ragionamento c’è dietro un’opera d’arte emozionale di Roberto Ferri? Quanto tempo occorre per umanizzare un sentimento come quello di Dante per Beatrice?

C’è tantissimo studio dal punto di vista tecnico, dal disegno preparatorio alla scena con i soggetti, alla resa pittorica finale. Sono tempi lunghissimi, in cui talvolta interviene l’improvvisazione. Un’opera non è totalmente ragionata: lascio sempre che sia l’emozione a dettare un po’ tutta la composizione, insieme al soggetto.

La razionalità del disegno e l’irrazionalità emotiva che trascina tutto l’operato. Un bipolarismo che coesiste in tutto il suo lavoro…

…assolutamente si.

Nelle sue tele traspare l’eterna lotta tra bene e male, luci e ombre, quel dualismo tipico dell’essere umano. Come si aspetta che reagiscano i visitatori di questa mostra?

Mi auguro innanzitutto che non rimangano totalmente indifferenti. Mi auguro che provino anche un solo stimolo emotivo, che elaborino un pensiero sull’opera, mi basta questo.

Roberto Ferri – Lo specchio nero

A tal proposito, in tutte le sue opere inserisce un elemento che turba la scena, stimolando un pensiero introspettivo. C’è per caso una matrice autobiografica?

Si. Io attingo al mio mondo, al mio quotidiano, dunque io sono in tutte le mie opere, ma alcune mi rappresentano di più, come la tela intitolata Lo specchio nero.

Conclude così Roberto Ferri, indicando il dipinto alle mie spalle in cui dalle tenebre emerge una figura seduta su di un basamento col quale si fonde, le ginocchia sono portate al petto e il muso è reso da una combinazione confusa di teschi di qualche creatura mitologica, forse un’arpia, chi lo sa.
Forse un altro tormento silenzioso dell’uomo che dovrà scavare ancora per raggiungere la più profonda comprensione di sé stesso.

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Roberto Ferri Official Website

Immagine in evidenza: Roberto Ferri – L’amore, la morte e il sogno
tutte le immagini: © Roberto Ferri