Antonio Ligabue: il pittore-poeta della Bassa Padana

Antonio Ligabue: il pittore-poeta della Bassa Padana

Antonio Ligabue è stato uno dei più importanti pittori naïf del XX secolo. Nato a Zurigo nel 1899 da genitori italiani, visse un’infanzia difficile segnata da abbandono e violenza. Nel 1919 si stabilì a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, dove iniziò a dipingere.
I suoi dipinti sono caratterizzati da un’immediatezza e una forza espressiva che trasmettono la sua visione del mondo, spesso violenta e oscura. Ligabue era un artista autodidatta, ma aveva un talento naturale per il disegno e la pittura. Le sue opere sono ricche di dettagli e di colori vivaci, e spesso raffigurano animali selvatici, paesaggi della Bassa Padana e autoritratti.
Ligabue è stato un artista tormentato e solitario, ma la sua arte è un’eredità preziosa che continua ad affascinare e a ispirare.

“Per Antonio Ligabue” di Sergio Negri

All’imbrunire del 27 maggio 1965 moriva presso il Ricovero di mendicità Carri di Gualtieri il pittore Antonio Ligabue. Era nato il 18 dicembre 1899 a Zurigo, nell’Ospedale delle donne.
Un’esistenza tragica, la sua, protrattasi all’insegna della sofferenza fisica e psicologica, della dura emarginazione sociale e artistica e della disperazione più viva, che spesso lo portano a convivere con uno stato di profonda depressione, tanto dall’essere poi indotto a racchiudersi in un mondo solo suo, autoisolandosi da tutto e da tutti, e nella più totale indifferenza di chi lo circondava.

La sofferenza interiore, dunque, i duri patimenti, la vita grama condotta diventeranno di conseguenza gli ingredienti fondamentali della sua arte. Del tutto orientata verso un tipo di pittura dal carattere introspettivo, che lo porta a esprimersi attraverso un’esacerbata forza espressiva, in perfetta sintonia con il movimento espressionista europeo.

“Io sono un grande artista”, ha ripetuto più volte nel corso della vita, “la gente non mi comprende, ma un giorno i miei quadri costeranno tanti soldi e allora tutti capiranno chi veramente era Antonio Ligabue.”

Quel giorno così sognato dall’artista è, da tempo, arrivato. E quelle parole, lungimiranti, pronunciate allora con molta enfasi e altrettanta amarezza, riecheggiano oggi austere e ammonitrici come un severo monito alle nostre coscienze, quasi a volerci ricordare come troppo spesso la superficialità e l’eccesso di presunzione possano ritardare l’affermarsi della verità.

In questi ultimi decenni si è assistito a un eccessivo fiorire di esposizioni, dai contenuti culturali raramente innovativi, se non spesso fuori luogo, che a parere mio altro non hanno fatto che favorire una sorta di inflazione intorno alla sua arte e alla sua immagine di genio incompreso.

A onore del vero, ritengo giusto ricordare alcune mostre antologiche indette da enti pubblici, che, tra le altre, hanno dato inizio alla scoperta, alla valorizzazione e, quindi, all’inclusione di Ligabue tra i grandi protagonisti dell’arte del Novecento.
L’unica tra quelle che citerò a non essere stata promossa da un ente fu quella allestita alla Galleria La Barcaccia di Roma nel 1961, presente lo stesso artista, che però ebbe una tale risonanza di stampa e di critica, non solo nella capitale, da catturare l’attenzione generale intorno all’evento per il quale, nell’occasione, venne coniato il termine “il caso Ligabue”.
Seguirono quindi l’antologica indetta dal Municipio di Guastalla nel novembre 1962, a una settimana esatta dalla malattia che aveva colpito l’artista nella notte del 19 novembre. Fu un successo immenso di stampa e televisione, che diede lustro e continuità al caso Ligabue.
Poi ci fu la mostra promossa dal Municipio di Suzzara (Mantova), nel 1966, nella sede dell’allora Premio Suzzara, che si teneva ogni anno a settembre – ricordo che nell’occasione di quella esposizione per la prima volta venne da me adottata una ripartizione cronologica delle opere suddivisa in tre periodi precisi, che evidenziava l’evoluzione formale e cromatica avvenuta nella sua arte nel corso della vita.
Ricevemmo per l’occasione una lettera di Marino Mazzacurati, in cui si congratulava vivamente con me e con l’organizzazione per avere finalmente individuato un criterio cronologico per la pittura di Ligabue, tanto da inviare dall’Accademia delle Belle Arti di Roma, dove lui era docente, un gruppo di suoi allievi per visitare la mostra.
Fino a quella del 1975, che all’epoca venne etichettata come la “mostra storica”, in occasione del decennale della morte dell’artista a Palazzo Bentivoglio, promossa dal Municipio di Gualtieri.
Con un salto di trent’anni, ricordo infine, nel 2005, promossa dalla Provincia di Reggio Emilia e dal Comune di Gualtieri, l’antologica più grande in assoluto tra tutte le esposizioni realizzate: trecentocinquanta opere, tra dipinti, disegni, terrecotte, sculture in bronzo e incisioni, suddivise tra Palazzo Magnani di Reggio Emilia e Palazzo Bentivoglio di Gualtieri.
Dato il successo riscosso, la chiusura della mostra fu prorogata per ben tre volte; centinaia furono i servizi giornalistici, televisivi e critici riguardanti l’iniziativa.

Vorrei altresì ricordare lo sceneggiato televisivo di Salvatore Nocita, Ligabue, trasmesso nel 1977 da Rai 1 in tre puntate e poi acquistato dalle televisioni di mezzo mondo.
Quindi, i vari filmati di Raffaele Andreassi, Lo specchio, la tigre e la pianura, del 1960, Orso d’argento al Festival di Berlino nel 1961, e altre due opere dello stesso Andreassi, Nebbia, del 1961, e Antonio Ligabue pittore del 1965.
Sergio Negri
(dal catalogo della mostra “Antonio Ligabue”, a cura di Francesco Negri e di Francesca Villanti, Museo Revoltella, 8 novembre 2023-18 febbraio 2024, Skira editore)

Il pifferaio, s.d. (1943-1945). Olio su tavola di compensato, 40 × 56 cm. Collezione privata. Negri 44 – 504 / P. II

La Pittura di Antonio Ligabue

Ligabue era un artista autodidatta, con un talento naturale per la pittura. I suoi primi dipinti erano caratterizzati da un’espressione semplice e spontanea, con un forte realismo nei soggetti rappresentati. Ligabue prediligeva ritrarre animali, sia domestici che esotici, in situazioni di quiete o di tensione (agguati, aggressioni, lotte). Tra i suoi soggetti più frequenti si trovano anche le scene di vita quotidiana (i campi e l’aratura), i paesaggi svizzeri, la caccia.

Nel corso della sua carriera, Ligabue si affinò sempre più nella tecnica pittorica, sviluppando un proprio stile personale, caratterizzato da un uso intenso del colore e da una resa espressiva dei soggetti. I suoi dipinti sono spesso caratterizzati da un’atmosfera drammatica e inquietante, che riflette la sua visione del mondo, segnata da solitudine, sofferenza emarginazione.

Lotta di galli, s.d. (1958-1959). Olio su tavola di faesite, 57,5 × 67 cm. Collezione privata. Negri 351 – 347 / P. III

I tre periodi artistici
La produzione artistica di Ligabue può essere suddivisa in tre periodi principali:

Il primo periodo (1927-1939) è caratterizzato da un’espressione semplice e spontanea, con un forte realismo nei soggetti rappresentati. I colori sono molto diluiti e spenti, i contorni risultano sfumati e i soggetti dominanti sono sempre gli animali, ma rappresentati statici e di profilo.

Il secondo periodo (1939-1955) è caratterizzato da un uso più intenso del colore e da una resa espressiva dei soggetti. I dipinti sono spesso caratterizzati da un’atmosfera drammatica e inquietante, che riflette la visione del mondo di Ligabue, segnata da solitudine, sofferenza emarginazione.

Il terzo periodo (1955-1965) è caratterizzato da una maggiore maturità artistica. I dipinti sono più equilibrati e armoniosi, con un uso più sfumato del colore. I soggetti dominanti sono ancora gli animali, ma vengono rappresentati in situazioni più serene e pacifiche.

Il riconoscimento artistico
L’opera di Ligabue fu inizialmente ignorata dalla critica, ma iniziò a essere apprezzata a partire dagli anni Cinquanta. Nel 1955, la Galleria d’Arte Moderna di Bologna gli dedicò una mostra personale, che ebbe un grande successo. Da allora, Ligabue è considerato uno dei più importanti artisti naïf del XX secolo.
Oggi le opere di Ligabue sono esposte in importanti musei di tutto il mondo, tra cui la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e il Museo d’Arte Moderna di New York.

L’importanza dell’opera di Ligabue
L’opera di Ligabue è importante per diversi motivi. Innanzitutto, è un esempio di arte naïf di grande qualità, che ha contribuito a far conoscere questo genere artistico al grande pubblico. In secondo luogo, l’opera di Ligabue è un’espressione autentica della sua personalità e della sua visione del mondo. I suoi dipinti sono carichi di emozioni, che trasmettono la sofferenza, la solitudine e la forza di un uomo che ha saputo trovare nella pittura la sua voce.

La Scultura di Antonio Ligabue

Le sculture di Ligabue sono realizzate principalmente in creta, un materiale che l’artista trovava abbondante sulle rive del Po, nella Bassa reggiana, dove ha vissuto per gran parte della sua vita. Ligabue modellava la creta con le mani, senza l’uso di strumenti, dando vita a figure animali e umane di grande espressività.
I soggetti preferiti di Ligabue sono gli animali, soprattutto i lupi, i cani e i galli. Le sue sculture di animali sono caratterizzate da un realismo straordinario, che si traduce in una resa accurata dei dettagli fisici e comportamentali.
Ligabue ha anche realizzato numerosi autoritratti, in cui si rappresenta spesso come un uomo tormentato e solitario. I suoi autoritratti sono caratterizzati da un’intensità emotiva che traspare dai lineamenti del viso e dalla postura del corpo.
Le sculture di Ligabue sono un’espressione autentica della sua personalità e della sua visione del mondo. Sono opere potenti e realistiche, che trasmettono al pubblico un’emozione profonda e viscerale.

I temi delle sculture di Ligabue
I temi delle sculture di Ligabue sono essenzialmente due: gli animali e l’uomo.

Gli animali
Gli animali sono i soggetti più frequenti nelle sculture di Ligabue. Ligabue era un grande appassionato di animali, e li rappresentava con una profonda conoscenza e sensibilità.
Le sue sculture di animali sono caratterizzate da un realismo straordinario, che si traduce in una resa accurata dei dettagli fisici e comportamentali. Ligabue era in grado di cogliere l’essenza di ogni animale, e di trasmetterla attraverso la sua arte.

Tra le sculture di animali più famose di Ligabue ci sono:
Lupo (1954): una scultura in creta policroma che rappresenta un lupo in posizione di guardia.
Cane (1957): una scultura in creta policroma che rappresenta un cane in posizione seduta.
Galli (1960): un bassorilievo in creta policroma che rappresenta una lotta tra due galli.
L’uomo
L’uomo è un altro tema importante nelle sculture di Ligabue. Ligabue si rappresentava spesso come un uomo tormentato e solitario. I suoi autoritratti sono caratterizzati da un’intensità emotiva che traspare dai lineamenti del viso e dalla postura del corpo.
Tra le sculture di Ligabue che rappresentano l’uomo ci sono:
Autoritratto (1953): una scultura in creta policroma che rappresenta l’artista in posizione di profilo.
L’uomo con la barba (1955): una scultura in creta policroma che rappresenta un uomo con la barba in posizione seduta.
L’uomo con il cappello (1960): una scultura in creta policroma che rappresenta un uomo con il cappello in posizione di profilo.

La tecnica di Ligabue
Ligabue modellava la creta con le mani, senza l’uso di strumenti. Questo gli permetteva di ottenere un’immediatezza e un’intensità espressiva che sarebbero state impossibili da raggiungere con tecniche più elaborate.
Ligabue non si preoccupava di perfezionare la forma delle sue sculture. Al contrario, lasciava volutamente visibili i segni della sua mano, come se a parlare fosse la materia stessa, più che l’abilità dell’artista.

L’importanza delle sculture di Ligabue
Le sculture di Ligabue sono un’importante testimonianza della sua arte e della sua personalità. Sono opere potenti e realistiche, che trasmettono al pubblico un’emozione profonda e viscerale.
Le sculture di Ligabue sono esposte in numerosi musei e gallerie d’arte in Italia e all’estero. Sono opere che meritano di essere conosciute e apprezzate, perché rappresentano un’importante testimonianza dell’arte del XX secolo.

Antonio Ligabue – Premio Suzzara, Edizione 1956 (da Wikimedia Commons)

Il Premio Suzzara ad Antonio Ligabue – Edizione 1956

“Il Premio Suzzara nacque nel 1948. Lo inventò Dino Villani, uno dei padri della pubblicità in Italia, con il sostegno dello scrittore, poeta e cineasta Cesare Zavattini. Si distinse subito come “Premio d’Arte” dalle analoghe iniziative del tempo per due ragioni: la composizione della giuria, che doveva valutare e premiare le opere d’arte presentate, e il carattere dei premi. La giuria, da regolamento, non doveva essere composta soltanto da esperti come galleristi, storici e critici d’arte, giornalisti, ma anche da un operaio, un impiegato e un contadino. I premi erano messi a disposizione dai contadini e dagli operai di Suzzara, e da tutte le forze produttive del territorio”.
Luogo e data della ripresa: Suzzara (MN), 16/09/1956 Materia/tecnica: gelatina bromuro d’argento/pellicola piana negativa (acetato) Misure: 6 x 6 Collocazione: Mantova (MN), Biblioteca Mediateca Gino Baratta, fondo Archivio Fotografico Gazzetta di Mantova, servizio fotografico Nono Premio di Suzzara 1956, Cartella 1, a.I, A4, busta 43, foto 2

Antonio Ligabue nella cultura di massa

Un primo filmato su Ligabue viene realizzato nel 1960 dal regista Rai Pier Paolo Ruggerini col titolo: “Il paese del sole a picco”.
Un secondo documentario su Ligabue (Antonio Ligabue, pittore) fu girato nel 1962 e distribuito nel 1965, l’anno della morte, da Raffaele Andreassi.
Nel 1977 il regista Salvatore Nocita dedicò uno sceneggiato di tre puntate che narrava la vita di Ligabue, intitolato proprio Ligabue, che lo fece conoscere al grande pubblico; interpretò il pittore il trentenne Flavio Bucci. La serie completa è disponibile sul sito Rai.
Augusto Daolio, dei Nomadi, gli dedicò una canzone intitolata Dammi un bacio, presente nell’album Gente come noi del 1991.
Marco Ongaro, all’interno dell’album Dio è altrove (2002), ha inciso una canzone dedicata al pittore, Ligabue.
Nel 2009, il Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma ha coprodotto con Rai Trade e Officina della Comunicazione un film documentario del regista Salvatore Nocita dal titolo Antonio Ligabue: fiction e realtà, con la presenza di Flavio Bucci in qualità di narratore. Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Festival Internazionale del Film di Roma (15-23 ottobre 2009) e ha partecipato al Film, Fashion and Art Fest di Los Angeles (28 febbraio – 6 marzo 2010).
La canzone Sfogati di Caparezza, contenuta nell’album Museica del 2015, è stata ispirata dal quadro di Ligabue Testa di tigre.
Nel 2015 viene realizzato il docufilm Antonio Ligabue, L’Uomo a cura del regista Ezio Aldoni il quale, attraverso le testimonianze dirette di chi l’ha conosciuto e dalle interviste a personaggi famosi, ricrea e narra la vita drammatica del pittore.
Il 9 maggio 2019, il giornalista Carlo Vulpio pubblica con la casa editrice Chiarelettere, Il genio infelice, il romanzo della vita di Antonio Ligabue.
Il 4 marzo 2020 nelle sale cinematografiche italiane esce Volevo nascondermi, un film sulla vita di Antonio Ligabue interpretato da Elio Germano con la regia di Giorgio Diritti.
Nel 2020 Renato Martinoni pubblica per Guanda il romanzo biografico La campana di Marbach. Antonio Ligabue. Romanzo dell’artista da giovane.
L’11 marzo 2022 Carlo Corallo e Murubutu pubblicano il brano “Storia di Antonio”, in cui viene narrata la vita di Antonio Ligabue.

Immagine in evidenza
Antonio Ligabue – Buoi con carro e botte s.d. (1953-1954), Olio su tavola di faesite, 73,7 × 89,6 cm. Collezione privata (part.)
Immagini
dalla Mostra “Antonio Ligabue“, a cura di Francesco Negri e di Francesca Villanti, Museo Revoltella
da Wikimedia Commons
da Rai Teche