
Mai sarà abbastanza esecrato l’atto di quella mente insana che distrusse la mirabile costruzione plastica eretta da Max Bill nel 1947 sulla riva del lago di Zurigo.
Una superficie candida e larga che ripiegava su se stessa con lenti ma ampi avvolgimenti, racchiudeva uno spazio per aprirne un altro e nel processo continuo (l’opera s’intitolava appunto Continuità) del concavo e convesso creava un corpo diverso dalle figure circostanti della natura eppure ad esse coniugato in modo vitale.
Tale rapporto era reso possibile dalla semplicità e naturalezza della forma quale è ideata da Max Bill e quale si presenta perciò comune quanto un albero o altra cosa del mondo naturale – anche la Costruzione in granito di Baveno del 1937 collocata nel giardino antistante il teatro di Grenchen non ha l’effetto di un’aggiunta decorativa, ma si compenetra all’ambiente nei suoi rilievi luminosi e nei suoi incavi d’ombra, così da mobilitare per proiezione e rifrazione una struttura spaziale integrata alla sua ubicazione.
Va rilevato dunque che le opere di Max Bill, proprio perché non dimettono la proprietà individuale che le ha create e non si assoggettano affatto ad un semplice ufficio strumentale, rispettano un impegno tanto assertivo quanto integrativo nel senso dell’armonizzazione: la figura deve essere per Max Bill, appunto, la somma di tutte le funzioni in una unità armonica.
Ed è per questa ragione che egli respinge qualsiasi mistificazione e non ammette, come fece osservare Georg Schmidt, alcuna illusione spaziale nei dipinti, i quali si adattano alle due dimensioni della parete ed hanno quindi svolgimento bidimensionale.
Le opere plastiche, viceversa, agiscono in senso spaziale.
Tale riguardo alla situazione risponde ad una regola ordinativa che è anche senso morale.
“Lo spirito e l’opera dell’uomo – ha scritto – prendono posizione di fronte allo spazio naturale per il fatto che l’uomo cerca di mettere le sue opere allo spazio naturale per il fatto che l’uomo cerca di mettere le sue opere in rapporto ordinato con l’ambiente e spesso lo domina e lo accentua con pochissimo dispendio”.

“Ritratto di Francis Bacon con apparecchio fotografico”
bronzo h. 40 cm, 1978
Si ricava così da tale affermazione un altro degli elementi che guidano l’opera di Max Bill: pochissimo dispendio vuole dire infatti estrema economia, massima semplicità.
Le idee universali non sono mai confuse o complicate o prive di rigorosa determinazione.
La geometria e le leggi matematiche possiedono una forza di verità così sicura che chiunque aspiri alla trascendenza non può non restarne attratto o, quanto meno, disconoscerne gli ammonimenti e servirsene per ciò che voglia raggiungere nel campo della creazione pura, quella che alla storia aggiunge un’altra verità tra le molte che sono soltanto verità parziali o approssimative.
Nella esattezza logica e meditata – oggi potremmo anche dire programmata – che sta alla base dei lavori di Max Bill non manca mai un margine per l’intuizione diretta; tant’è vero che quando plasmò nel 1935 il Nastro senza fine ignorava il problema geometrico del nastro di Moebius.
Conviene, a questo proposito, riferire ciò che egli stesso pensa su tale argomento.
“In tutti i tempi la geometria è servita alla conoscenza dello spazio e alla determinazione ai rapporti nello spazio.
Noi sappiamo che con l’ausilio della geometria l’uomo stacca dallo spazio elementi di esso, li fissa, li ordina; sappiamo che egli scopre problemi spaziali e li chiarisce, , come sappiamo che egli ne crea di nuovi che sono della massima importanza per la percezione della figura.
(… ) Malgrado ciò il nostro compito non si esaurisce con la geometria come forza formativa.
Per noi la geometria costituisce la legge che ordina e collega le idee creatrici e che interviene quando l’interpretazione individuale non ha valore universale.
Benché dunque la geometria abbia incontestabilmente un contenuto spirituale e sia stata sempre intesa in questo senso dalla filosofia, pure noi da un’opera d’arte esigiamo punti di vista che trascendono quelli puramente geometrici.
Innanzi tutto noi cerchiamo l’unità e l’individualità entro i limiti dell’idea cha ha valore universale”.
Detto questo, si è fatto appena un passo per accostarsi alla complessa personalità di Max Bill, non riducibile per certo nelle prerogative consuete di colui che si definisce un artista: egli è molto di più – anche se taluni pensano che ne sia molto di meno.
Max Bill è un maestro nel senso antico del termine: la sua attività infatti ed il suo spirito d’iniziativa si esercitano in tutti i domini della operatività creativa e soltanto circostanze inevitabili precludono la possibilità di presentare sempre una serie di tutti gli esempi che il suo impegno creativo è in grado di offrire nel campo della pittura, scultura, architettura, del disegno industriale e della grafica, della investigazione teorica e critica.
Qualunque sia ad ogni modo l’oggetto di lui che si guarda, non si deve dimenticare che uno stesso spirito vi ha dato fondamento, e che egli non potrà mai essere compreso ove lo si consideri soltanto come pittore oppure come scultore oppure…
Max Bill è una guida: per la sua idea l’arte si intrinseca in tutte le forme visibili e dovunque deve essere almeno adombrato uno spirito formativo innovatore, tale da concordare le molteplici esigenze di cui l’uomo abbisogna in un oggetto dove fantasia e funzione (intesa questa non solo in senso pratico), immagine e significato facciano unità omogenea.
Max Bill, nella sua intransigenza morale oltre che artistica, ha dimostrato che la fantasia può essere controllata e che il rigore costruttivo non esclude l’apporto immaginativo; anzi, che l’esperienza visiva nei suoi dati più elementari può incamerare prosecuzioni suscitatrici di controparti ideali.
Quando Georg Schmidt individuò nelle opere di Max Bill una oscillazione combattiva fra la forma costruita di origine matematica e l’effetto personale dell’impressione ottica, colse il punto centrale del problema, e giova soltanto soggiungere che tale dibattito ha discendenza tradizionale, nobile quanto antica.
Ora, è vero, un’analisi morfologica potrebbe rinviarci agli esemplari di Vantongerloo o di Albers o di Pevsner o di qualche altro per quanto attiene ad una conformazione spaziale periodizzata, ma tutto questo obbligherebbe anche a compiere indispensabili ed accurate distinzioni, mentre più utile ai fini di un chiarimento storico risulterebbe l’individuazione delle versioni operate sulle proposte che egli stesso mise alla altrui disposizione, e che non furono ne poche evidenti.
Ma è compito, questo, da rimandare ad altra occasione di studi e, quindi, di legittimo rinvio in sede di semplice dichiarazione d’omaggio ad uno dei preminenti protagonisti dell’esperienza creativa del secolo.
I dipinti qui raccolti, benché presentino uno solo degli aspetti della sua attività, sono sufficienti per dimostrare, nella loro luminosa e risonante bellezza, l’autorità di chi li ha eseguiti con amorevole severità e controllata emozione.
Umbro Apollonio, 1964
Tratto dal Catalogo:
“13a Biennale Internazionale del Bronzetto Piccola Scultura – Padova 1981: omaggio a Max Bill”
Comune di Padova – Ass. ai Beni Culturali
Musei Civici agli Eremitani – Padova
Novembre 1981/Gennaio 1982
Testi di Giuseppina Dal Canton, Umbro Apollonio, Giulio Carlo Argan, Max Bill, Ryszard Stanislawski, Giorgio Segato, Alexandr Bassin, Janos Frank, Carlo Munari, Franco Solmi, Dora Vallier, Lea Vergine.
Artisti invitati: Edgardo Abbozzo, Getulio Alviani, Natalino Andolfatto, Walter Angerer, Takado Araki, Mario Arcuri, Gloria Argelés, Elio Armano, Adriano Avanzolini, Kengiro Azuma, Peter Balogh, Clive Barker, Paul Bégué, Simon Benetton, Antonio Bernardi, Angelo Bertolio, Giampaolo Bertozzi, Gerard Bignolais, L. Bistra, Zoltan Bohus, Janez Boijka, Mario Bollin, Giannette Bravi, Hede BuehI, Enrico Bugli, Nado Canuti, Gino Cortelazzo, Roberto Cremesini, S. Dal Monte Casoni, Amalia Del Ponte, Hugo Demarco, Tone Demsar, Anton Egloff, Janos Fajo, Barbara Falender, Gerda Fassel, Candido Fior, Joan Fitzgerald, Horia Flamindu, Mirella Forlivesi, Alberto Friscia, Giancarlo Frison, Michel Gerard, Rosalda Gilardi, Friedrich Graesel, Patrizia Guerresi, Istvan Haraszty, Hannes Haslecker, Pierre Hémery, TomoKazu Hirai, Patrick van Hoeydowck, Yoshiji Ito, Adam Keri, Harry Kivijarvi, Bosko Kucanski, Aglae Liberaki, Carlo Lorenzetti, Giuseppe Lucietti, Alessandro Mendini, Dragomir Mileusnic, Aiko Mìyawaki, Savina Morra, Balan Nambiar, Giorgios Nikolaidis, Neculai Paduraru, Laszio Paizs, Gina Pane, Pompeo Pianezzola, , Gianni Pisani, Silvano Pulcinelli, Diana Rabito, Adolf Ryszka, Aldo Rontini, Sergio Schirato, Paolo Scirpa, Cesarina Seppi, Pablo Serrano, Mojca Smerdu, Francisco Sobrino, Claude de Soria, Alessio Tasca, Antonio Trotta, Renato Vanzelli, Nanda Vigo, Luciano Vistosi, Maria Voyatzoglou, Joze Vrscaj, Friedrich Werthmann, Magdalena Wiecek, Vera Winter, Jan S. Wojciechowski, Giorgio Zennaro, Cornelis Zitman
