![Natalino Andolfatto](https://www.arte.go.it/wordpress/wp-content/uploads/2020/04/camminare-senza-seguire-orme_03.jpg)
Questi cinque artisti, Edoer Agostini, Natalino Andolfatto, Alberto Biasi, Ferruccio Gard e Horacio Garcia Rossi, non si sono raggruppati intorno a un programma, bensì, come accade sempre più spesso, attorno ad una direzione di ricerca come verifica di certi valori ed esperimento di possibili sviluppi.
Dopo il costruttivismo (o suprematismo) russo e del movimento olandese “de Stijl”, il messaggio di un’arte razionale, di una chiara volontà costruttiva e diversamente “prefiguratrice” di un ordine mentale, metodologico ed esistenziale, dopo la ripresa compiuta da Max Bill e seguaci, è tornato ad appassionare tutta una nuova generazione di artisti venuta prepotentemente alla ribalta negli anni sessanta.
Le loro ipotesi di lavoro hanno dimostrato e continuano a verificare che le possibilità del campo geometrico-costruttivo, dopo oltre 50 anni di sviluppo, sono tutt’altro che esaurite, ma anzi promettono perfezionamenti e sperimentazioni ad alto livello.
L’unione di elemento-geometrico con l’elemento-colore continua a sedurre, a stimolare proposte di ulteriore scandaglio e approfondimento nel campo della percezione.
Caratteristiche di questa nuova generazione, che ha ormai più di un ventennio di esperienze e di “battaglie” a livello operativo-estetico, furono fin dall’inizio l’assunzione di un modulo (elemento standardizzato) come base per l’indagine su strutture lineari, spaziali e volumetriche, il cinetismo (compresa la “qualità” cinetica di un quadro che pur essendo statico varia a seconda della posizione e del movimento dell’osservatore), e il conseguente ruolo determinante giocato dall’elemento luce sull’elemento colore (al colore reale si aggiunge un colore riflesso, aleatorio, irreale, fortemente condizionato dall’incidenza della luce).
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Così, di fronte a questi cinque operatori, l’immediato rimando mentale è ad esperienze che si inseriscono in una zona di ricerca fra costruttivismo e “optical”, astrazione geometrica ed organizzazione seriale dell’immagine, con particolare insistenza sugli effetti-luce e sugli effetti plastico-cinetici con tutte le infinite derivazioni dei singoli episodi.
Una zona, per la verità, assai frequentata negli ultimi tempi, invasa dagli esercizi progettuali dei designers, contaminata dagli scherzi “topologici” dei matematici e già percorsa dai balbettii dei dilettanti acculturati, e alla quale, di conseguenza, non è semplice offrire reali apporti personali.
Di ciascuno degli autori qui presentati va evidenziato non solo l’aspetto formale (pittorico – plastico) delle opere, ma anche, e soprattutto, quello di attenta riflessione critica delle possibili letture tanto del proprio lavoro quanto dell’iter o processo analitico – operativo.
Si affermano allora come autentici professionisti impegnati in una ricerca che non si spiazza in affermazioni aberrantemente innovative, ma si applica in codificazioni più consone a una “evoluzione” e a uno slargamento delle capacità visive e percettive.
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Il metodo programmato non porta assolutamente alla monotonia, all’aridità e all’appiattimento o impoverimento del messaggio; anche se in questo tipo d’arte si tende accuratamente ad eliminare ogni valenza personale connessa alla pennellata, resiste tuttavia il carattere individualistico nella metodologia di adoperare e ordinare gli elementi con i quali l’opera è composta, prediligendo ora aspetti cromatici, ora plastici, ora più esplicitamente costruttivi o concettuali.
Per tutti, ad ogni modo, la creazione artistica intende fornire dei modelli operativi e di comportamento traducibili in termini culturali nel tessuto esistenziale e sociale.
Nelle fantastiche sigle architettoniche di Andolfatto è ravvisabile una semplificazione dell’impianto plastico che procede dal più forte richiamo ai grandi costruttivisti fino ai limiti essenziali della cifra, del segno, in un rastremato desiderio di accrescere il proprio rigore formale, a conferma di una riflessione sempre più matura sulla sintassi dell’operazione.
Già abilissimo nelle tecniche di trattamento dei marmi più pregiati, Andolfatto raggiunge esiti scultorei di orientale emblematica ireaticità, in cui l’estremo rigore formale e costruttivo scarta in poetiche contemplazioni che materializzano lo spazio.
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Nelle opere di Agostini, di Biasi e di Gard l’operazione “pittorica” produce risultati curiosi, non puramente ottici, con accelerazioni e vibrazioni scambievoli di vuoti e di pieni che (in Gard) certi effetti a griglia accentuano, mentre improvvise intrusioni di linee verticali, o convergenti (Biasi), o di vere e proprie forme geometriche chiuse (Agostini) spezzano e ricostituiscono un ritmo i cui elementi si caricano di forti allusioni materiche; e il loro discorso resta in qualche modo soggettivo perché rifiuta le ipotesi esclusivamente astratte e le scansioni fondate su leggi ottiche o matematiche dogmaticamente assunte, così da trovare attuazione in una serie di interventi che tendono ad evidenziare una volontà che, se è soprattutto ordinatrice, non tende a una fredda selezione di carattere oggettivo, ma piuttosto si incarica di recuperare il “privato” (tanto abusato oggi) come poetico modo di sentire e di tradurre l’immagine “razionale”.
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Horacio Garcia Rossi diventa un po’ emblema di questa intenzione carica di possibilità conoscitive e nuovamente “espressive”: se nella geometria, e al di là e al di qua dei suoi principi, stava tutto il mondo della ricerca astratta che ambiva ad una luce di raziocinio e ad una misura fuori dalle forme oggettive, Rossi modula la sua originale ricerca sui rapporti concettuali linguaggio – colore – struttura giungendo a esiti che ritraducono l’oggettualità in forme attentamente progettuali e connesse ai più sperimentati dettati delle ricerche visuali degli ultimi trent’anni, riacciuffando la sfera dell’immaginario poetico e della suggestione più segreta affidata al colore e al simbolo cifra.
Questi cinque artisti, dunque, propongono con il loro percorso artistico già ampiamente collaudato una visitazione accurata delle acquisizioni operative ed estetiche più recenti, ma riescono con libertà esemplare a stimolare su sentieri intatti e di ampia capacità provocatoria a seguire.
Giorgio Segato
Tratto dal Catalogo:
“Camminare senza seguire orme – Edoer Agostini, Natalino Andolfatto, Alberto Biasi, Garcia Rossi, Ferruccio Gard”, 1980
La Mostra si è svolta dal 28 luglio al 7 agosto 1980
Galleria Bevilacqua La Masa – Venezia
testi di Giorgio Segato
![Camminare senza seguire orme - Edoer Agostini, Natalino Andolfatto, Alberto Biasi, Garcia Rossi, Ferruccio Gard](https://www.arte.go.it/wordpress/wp-content/uploads/2020/04/camminare-senza-seguire-orme_01.jpg)