Da Marilyn a Malcom X: gli scatti intramontabili di Eve Arnold

di Teresa Lanna.

Bar girl in a brothel in the red light district, Havana, Cuba, 1954 © Eve Arnold / Magnum Photos

Senza entrare nel merito della insoluta questione riguardante la disparità di genere nei diversi ambiti della società, è innegabile che vi siano alcuni mestieri nei quali la sensibilità femminile è un valore aggiunto. Ciò emerge sia dall’approccio che si ha nei confronti d’un lavoro, che dal risultato ottenuto. Nel caso specifico, se dietro all’obbiettivo di una macchina fotografica c’è una donna, ecco che, quasi in automatico, entrano in gioco una serie di componenti che, pur volendo, sono quasi del tutto estranee all’universo maschile. Una di queste, per esempio, è la maternità.
È il caso di Eve Arnold (Philadelphia, 1912 – Londra, 2012).

Eve Arnold on the set of "Becket", England, 1963. Photo by Robert Penn
Eve Arnold on the set of “Becket”, England, 1963. Photo by Robert Penn

Nata in una famiglia di emigrati russi di religione ebraica, Eve Arnold è tra le fotografe più importanti del ventesimo secolo. Nella sua autobiografia “Eve Arnold: In Retrospect“, racconta di un’infanzia trascorsa in difficoltà economiche, che ciononostante non le impediscono di iscriversi alla facoltà di Medicina, che lascerà nel 1943, per trasferirsi a New York. Qui trova lavoro in uno stabilimento che si occupa dello sviluppo di fotografie da rullini e negativi, e, proprio in questi anni, un amico, probabilmente il fidanzato di allora, le regala una macchina fotografica con la quale comincia a realizzare i suoi primi scatti. Scopre, così, per puro caso, all’età di 32 anni, la grande passione che la accompagnerà per tutta la vita, e che la induce ad iscriversi subito ad un corso di fotografia presso la New York School of Research.

Quello che, all’inizio, catalizza maggiormente la sua attenzione, sono i concorsi di bellezza che si svolgono ad Harlem, tra sfilate con modelle di colore e giovani stilisti emergenti afroamericani. È proprio qui, tra il backstage e le passerelle, che inizia a sperimentare i diversi effetti della luce naturale; una tecnica che, sin da questo momento, rappresenterà il maggior segno distintivo del suo lavoro. I suoi scatti suscitano l’interesse del direttore di Harper’s Bazaar, Alexey Brodovitch; inizia così la straordinaria carriera della fotografa statunitense.

Malcolm X during his visit to enterprises owned by Black Muslims, Chicago, Illinois, USA,1962 © Eve Arnold / Magnum Photos
Malcolm X during his visit to enterprises owned by Black Muslims, Chicago, Illinois, USA,1962 © Eve Arnold / Magnum Photos

Il servizio viene considerato scandaloso dalle riviste dell’epoca, realizzate esclusivamente per un pubblico bianco. Per questo motivo, Eve Arnold, in un secondo momento, ritorna ad Harlem per scattare altre foto, entrando anche in contatto con i movimenti antirazziali dei Black Muslims e di Malcolm X. Le sue foto colpiscono molto anche Henri Cartier-Bresson, uno dei fondatori della Magnum; Eve Arnold diventa, così, la prima donna freelance dell’agenzia di stampa. Trascorre la propria vita tra incontri, eventi e storie che rappresentano già di per sé un autentico reportage del novecento, offrendo un punto di vista attento e vicino a tematiche e problemi ancora fortemente radicati nella nostra società.

«Sono stata povera e ho voluto documentare la povertà; ho perso un figlio e sono stata ossessionata dalle nascite; mi interessava la politica e ho voluto scoprire come influiva sulle nostre vite; sono una donna e volevo sapere delle altre donne», dichiarò Eve che, al centro del proprio obbiettivo, ha sempre posto l’essere umano con le sue fragilità, a prescindere dalla fama del soggetto che aveva di fronte.

Nel 1959, dopo un aborto spontaneo, trascorre diversi mesi a fotografare i parti ed i neonati del Mather Hospital di Port Jefferson, per poi passare ai reparti di maternità degli ospedali di tutto il mondo. Si tratta di fotografie intime e delicate, sulla cui tematica ritornerà costantemente, soprattutto per esorcizzare il dolore subito in seguito a quella incolmabile perdita. Sceglie, così, di ritrarre, in particolare, tutto ciò che accade nei primi cinque minuti di vita di un bambino. Il progetto si intitola “A baby’s first five minutes“; durerà sette anni. In alcune di queste immagini è evidente la delicatezza e l’intimità di certi gesti; in altre, invece, ciò che emerge è la gelida atmosfera che caratterizza gli ambienti ospedalieri, presente soprattutto nel freddo automatismo dei movimenti effettuati dai sanitari. «Penso che, se mai sarò soddisfatta, dovrò smettere. È la frustrazione che mi spinge». Questa frase di Eve Arnold è emblematica nel sottolineare quanto l’autocritica, in alcune circostanze, sia un aspetto positivo nello spingere chiunque a fare sempre meglio il proprio lavoro, senza mai accontentarsi del risultato, anche quando, come nel caso della Arnold, questo raggiunge vette eccellenti.

«Non vedo nessuno come ordinario o straordinario. Li guardo semplicemente come persone davanti al mio obbiettivo». È proprio tale atteggiamento di naturalezza che ha permesso alla Arnold di ritrarre tanti personaggi famosi mettendoli sin da subito a proprio agio. Tenacia, curiosità e, soprattutto, la volontà di sottrarsi a qualsiasi stereotipo o pregiudizio, hanno permesso alla fotografa statunitense di produrre un ricco archivio fotografico; dai ritratti delle grandi star del cinema e dello spettacolo ai reportage d’inchiesta, dove ha analizzato temi e questioni tutt’oggi ancora irrisolte. Fra queste, il razzismo negli Stati Uniti, l’emancipazione femminile ed il rapporto fra le differenti culture del mondo. Negli Usa, a partire dagli anni Cinquanta, gli afroamericani iniziano a rivendicare con forza il riconoscimento dei propri diritti civili, tema a cui Arnold è particolarmente sensibile. Il suo primo progetto è dedicato, infatti, alle numerose sfilate di moda che si tengono ad Harlem, quartiere di New York abitato in prevalenza da afroamericani, nella quasi totale indifferenza del mondo della moda bianca. Con lo stesso scopo di sradicare luoghi comuni e pregiudizi, nel 1964 realizza un servizio intitolato “The Black Bourgeoisie” (“La borghesia nera”), nel quale mostra il ballo delle debuttanti all’Hotel Waldorf Astoria e ritrae eleganti uomini d’affari e signore ornate di gioielli.

Marilyn Monroe in the Nevada desert during the filming of “The Misfits. USA, 1960 © Eve Arnold / Magnum Photos
Marilyn Monroe in the Nevada desert during the filming of “The Misfits. USA, 1960 © Eve Arnold / Magnum Photos

La sua notorietà, a livello internazionale, è, però, indubbiamente legata ai numerosi servizi su set di film intramontabili, dove ha ritratto le grandi star del novecento; da Marlene Dietrich a Marilyn Monroe, da Joan Crawford a Orson Welles. Le immagini che, più di tutte, associamo immediatamente a lei sono quelle che hanno come soggetto Marilyn Monroe, con la quale intesse un saldo legame artistico, dopo che, nel 1954, l’attrice, avvicinatasi a lei nel corso di una festa, le sussurra: «Se sei riuscita a fare così bene con Marlene, riesci ad immaginare cosa potresti fare con me?». Da questa attestazione di stima, nasceranno immagini meravigliose, che mostreranno il vero volto di Marilyn, specchio universale delle debolezze e degli aspetti individuali che difficilmente un personaggio pubblico mostra con disinvoltura davanti alle telecamere o all’obbiettivo di un fotografo.

«Fotografarla era come guardare una stampa che incomincia ad apparire nello sviluppo. Era un’esibizione al rallentatore; il fotografo non doveva far altro che fermare il tempo in un dato istante e Marilyn avrebbe sfoggiato una nuova immagine», affermò una volta Eve Arnold, parlando della diva.

Nel corso dei dieci anni successivi, le due donne lavoreranno insieme in sei diverse occasioni. Gli scatti più noti sono quelli realizzati sul set del film “Gli spostati“, dove Eve Arnold, su richiesta di Marilyn Monroe, rimase per più di due mesi. Al momento del suo arrivo, l’attrice era particolarmente provata, sia fisicamente che psicologicamente. Era, infatti, appena uscita dall’ospedale per un’overdose; inoltre, il suo matrimonio con Arthur Miller era ormai giunto al capolinea e, a complicare ulteriormente le cose, si aggiunse il caldo torrido del Nevada, che rendeva particolarmente arduo effettuare le riprese.

Uno degli scatti più toccanti ritrae una Monroe concentrata nel ripetere le sue battute davanti all’arido deserto del Nevada. I bianchi e neri degli scatti creano un velo di silenzio e malinconia, mettendo ancora più in evidenza la vulnerabilità del soggetto.

Eve Arnold riesce a compiere quella che possiamo definire un’impresa straordinaria, dimostrando una rara capacità di entrare in empatia con i soggetti immortalati, abbattendo blocchi e paure, anche durante scatti a volti noti come Joan Crawford, che si fa ritrarre durante i suoi consueti rituali di bellezza; o Malcolm X, il leader afro-americano più popolare e discusso del ventesimo secolo, che le permette di fotografarlo nel corso dei più importanti raduni dei Black Muslims. È proprio della Arnold il ritratto più noto di Malcolm X, scattato da Eve a Chicago, Illinois, nel 1961.

«Se il fotografo dà importanza alla persona che sta davanti all’obbiettivo, e ne ha compassione, il più è fatto. Una buona fotografia dipende dal fotografo e non dalla macchina che è, invece, semplicemente uno strumento», affermerà.

Song and dance troupe, China, 1979 © Eve Arnold / Magnum Photos
Song and dance troupe, China, 1979 © Eve Arnold / Magnum Photos

Eve Arnold realizza anche numerosi servizi fotografici a livello mondiale, come quelli prodotti in Cina nel 1979 ed il grande progetto sull’uso del velo in Medio Oriente, iniziato dopo aver assistito ad un discorso del presidente tunisino Habib Bourguiba, il quale invitava le donne a togliere il velo per compiere il proprio ingresso nella modernità. La produzione di Eve Arnold è, da ogni punto di vista, un continuo sostegno alla causa dell’emancipazione femminile. Al centro del suo obiettivo, infatti, ci sono, in gran parte dei casi, donne: lavoratrici, madri, bambine, dive, suore, modelle, studentesse, immortalate senza mai fare un tentativo aprioristico di etichettarle o di fornire di loro un’opinione personale, bensì con l’unico scopo di percepire, comprendere e, successivamente, mostrare al mondo il loro più autentico volto.

Nel corso della sua lunga carriera, Eve Arnold ha ottenuto importanti riconoscimenti; fra questi, l’elezione a Master Photographer da parte dell’International Center of Photography di New York, nel 1995, e l’inserimento nell’Order of the British Empire, nel 2003. Fra le esposizioni più importanti a lei dedicate, si ricorda quella del 1996 presso il Barbican Centre di Londra.

«Eve’s name is rarely printed without the prefix “legendary”», si legge di lei all’interno del quotidiano britannico The Guardian.
“Leggendaria” fu senz’altro tutta la sua vita, che si concluse a Londra nel 2012, pochi mesi prima che Eve Arnold compisse 100 anni.
Teresa Lanna

Immagini tratte dalla mostra
“Eve Arnold. L’opera 1950-1980”
CAMERA CENTRO ITALIANO PER LA FOTOGRAFIA
Via delle Rosine 18, 10123 Torino
011 0881150; camera.to

Tutte le immagini: © Eve Arnold / Magnum Photos
Immagine in evidenza: Bar girl in a brothel in the red light district, Havana, Cuba, 1954 © Eve Arnold / Magnum Photos