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La natura morta – edizione 2020 – Mostra collettiva

sabato 15 Febbraio 2020 - mercoledì 26 Febbraio 2020

La natura morta - edizione 2020 - Mostra collettiva

sede: GAMeC – Centro Arte Moderna (Pisa).
cura: Massimiliano Sbrana.

Il termine “natura morta” coniato nel tardo Rinascimento, è presente con traduzioni sostanzialmente affini nel significato in molte lingue europee, per gli inglesi si dice “still-life” (vita ferma), in Germania “stil leben”, in Spagna “naturaliza muerta”, per gli antichi greci le nature morte si definivano “xenia”, letteralmente “doni ospitali”, dal vocabolo xenos, ospite.

Sul piano concettuale, rappresentare una natura morta ha un significato fortemente innovativo, vuol dire passare dal primitivo rapporto dell’uomo con le cose viste secondo la funzione che l’uomo stesso ha loro convenzionalmente attribuito, subordinandole a sé in quanto oggetti inanimati, ad una considerazione delle cose di per sé stesse portatrici di significati e di valori estetici autonomi ed in un certo senso poste sullo stesso piano della figura umana.
L’arrivo della modernità vede l’ascesa della natura morta dall’ultimo gradino della gerarchia accademica. Il genere, proprio per il fatto di mostrare oggetti inanimati, è poco considerato dalla critica ufficiale, mentre diventa una specie di bandiera per i realisti di fine Ottocento, convinti che sarebbe venuto il giorno in cui una carota avrebbe significato una rivoluzione.
Il Cubismo, influenzato da Cezanne, sceglie la rappresentazione degli oggetti come luogo ideale per le proprie sperimentazioni pittoriche. Il genere si presta infatti alle indagini su spazi e volumi perché, come sostiene Braque, la natura morta offre uno “spazio tattile”, una realtà che può essere manipolata.

Un altro tipo di scomposizione dell’immagine è quella praticata dal Futurismo, in cui la disgregazione della realtà è resa nella sua componente dinamica e non in quella statica tipica del cubismo. Completa il quadro complesso delle vicende artistiche del secondo dopoguerra la convivenza di correnti figurative e non figurative, le prime rappresentate, tra gli altri, da Giorgio Morandi, che sceglie di muoversi su un terreno al confine tra rappresentazione di oggetti reali e istanze simboliche.
A partire poi dagli anni ‘50 del Novecento nascono le contaminazioni, le integrazioni. Le iconografie, di solito separate, per esempio il nudo e la natura morta, si uniscono. Andy Warhol, negli anni del boom economico, prende ispirazione dallo sterminato inventario di immagini dei mass media, trasformando gli stilemi con cui l’artista si è sempre rivolto alla rappresentazione dell’oggetto.
Pop Art, Azionismo e Arte Povera ridefiniscono le possibilità della natura morta, filtrando i riferimenti al passato attraverso una sperimentazione tecnica spesso estrema e testimoniando inequivocabilmente che la natura morta, nell’arte moderna e contemporanea, pur avendo subito una metamorfosi, è tutt’altro che scomparsa.

Espongono: Ada Bertasi, Alberto Martini, Alessandro Volpi, Antonio Barberi, Carlo Lapucci, Claude Lafoy, Diva Severin, Dolfo, Ernesto Faraoni, Ferruccio Pizzanelli, Franca Lupetti, Franco Banti, Giulio Sbrana, Giuseppe Viviani, Guido Morelli, Italo Lotti, Luciano Borin, Marco Dolfi, Marilena Luongo, Paola Pietrafitta, Paolo dell’Aiuto, Paolo Fifanzi, Piergiorgio Pistelli, Pierugo Orsolini, Renato Guttuso, Renato Santini, Renzo Mezzacapo, Renzo Sbolci, Sergio Frascari, Silvana Girardi, Stefano Ballantini, Uliano Martini.

Inaugirazione: sabato 15 febbraio 2020 alle ore 17:30