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Pietro Ruffo. L’ultimo meraviglioso minuto
martedì 29 Ottobre 2024 - domenica 16 Febbraio 2025

sede: Palazzo delle Esposizioni di Roma (Roma).
cura: Sébastien Delot.
L’ultimo meraviglioso minuto, la più grande mostra personale di Pietro Ruffo mai realizzata fino ad oggi da un’istituzione pubblica, raccoglie lavori di natura diversa che formano un racconto unitario, un lungo e articolato viaggio nello spazio e nel tempo, che termina con un grande omaggio alla città di Roma.
Oltre 50 le opere che l’artista ha realizzato appositamente per quattro delle sale del piano nobile di Palazzo Esposizioni, un gesto artistico che indaga il tema estremamente attuale e discusso del rapporto tra essere umano e pianeta, con uno sguardo inedito e un punto di vista coraggioso, che invita a considerare il potenziale ‘meraviglioso’ della nostra presenza sulla Terra.
La mostra gioca sulla dilatazione e contrazione del tempo e dello spazio. L’obiettivo è quello di far percepire tempi lunghissimi, per noi immemorabili – quelli della storia del pianeta e dell’uomo – nello spazio e nel tempo unico dell’incontro con le opere. Tutto inizia con un’avventura durante il periodo di residenza alla Nirox Foundation, dove grazie all’amicizia con Lee Berger, antropologo e paleontologo di fama mondiale, Ruffo vive un’esperienza che segnerà profondamente il suo lavoro: visita uno dei luoghi più emblematici della storia umana, ovvero La Culla dell’Umanità, un sito paleoantropologico che si trova non distante da Johannesburg in Sudafrica, il luogo in cui è stato scoperto il primo primate della storia. La mostra parte da 55 milioni di anni fa. Il titolo della prima sala, Le monde avant la création de l’homme, è lo stesso del libro di Camille Flammarion, che ha come sottotitolo “origines de la terre, origines de la vie, origines de l’humanité” (1886). Un libro che l’artista ha letto da adolescente e del quale riscopre il valore letterario e quello delle meravigliose tavole incise che mostrano come, alla fine del XIX secolo, veniva immaginato il mondo prima della ‘creazione’ dell’uomo. Di questo pianeta Ruffo traccia gli elementi caratteristici. Disegna con una penna bic una foresta primordiale per creare un immenso sipario (700 metri quadri) che corre lungo tutto il perimetro dell’ambiente (Primordial Forest), circondando i visitatori e le visitatrici con immagini di piante e minerali, che rimandano all’epoca in cui la giungla tropicale occupava la maggior parte delle terre emerse. Taglia la sala con una grande struttura autoportante (4 metri per 21) sulla quale raffigura una porzione del Grand Canyon, dipingendo con l’inchiostro su carte intelate con la tecnica del camaïeu (usando, ossia, diversi toni della stessa tinta, in questo caso la terra di Siena bruciata). Superato questa grande struttura, il pubblico si trova a camminare tra le tracce vegetali di una vita passata della Terra: galleggiano come ninfee sul bianco pavimento 21 opere circolari di diverse dimensioni, dal titolo De Hortus, che creano un’atmosfera cromatica di grande impatto visivo.
Il percorso della mostra procede addentrandosi nell’Antropocene: l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è condizionato dagli effetti dell’azione umana. La paleontoclimatologa Rebecca Wragg Sykes nel suo noto Neanderthal, vita, arte, amore e morte ha scritto, rifacendosi al ‘calendario cosmico’ di Carl Sagan: “Se riduciamo i 13, 8 miliardi di anni dell’Universo a un periodo di dodici mesi, i dinosauri compaiono verso Natale, mentre i primi Homo sapiens arrivano solo pochi minuti prima dei fuochi d’artificio di Capodanno”. A questa manciata di ultimi minuti della storia del nostro pianeta sono dedicate le tre sale successive, quelle in cui Pietro Ruffo esplora l’intervento umano alla ricerca della “meraviglia”.
Nella seconda sala, dove sono raccolte opere realizzate su carta intelata, con intagli e inchiostro di china, i visitatori si trovano immersi in un archivio visivo che ripercorre simbolicamente le tappe dell’evoluzione dei nostri antenati, dai teschi dei Neanderthal di Saccopastore, fino alle statuette votive, primo emblema di pensiero astratto su cui si fondano le società.
Nella terza sala, con un radicale cambio di scenario, i visitatori e le visitatrici si trovano immersi in una video installazione, dal titolo The Planetary Garden, realizzata in collaborazione con Noruwei. Ispirata all’omonimo testo del filosofo francese Gilles Clément, l’opera restituisce in forma tridimensionale il movimento, lo slittamento e il cambiamento del paesaggio nel tempo.
L’ultima sala, intitolata Antropocene attraverso le stratificazioni di Roma, raccoglie una serie di opere interamente dedicate alla città. Com’era Roma 2777 anni fa, all’epoca della sua fondazione? E ancora prima, com’era quando le strade attuali erano calpestate da giaguari e rinoceronti? Partendo dalle note mappe della città di Giovanni Battista Nolli (1701-1756) e di Luigi Canina (1775-1856), l’artista le innesta con squarci di inattesi panorami naturali proponendo una passeggiata inedita nella storia e nella preistoria del territorio romano. Le opere raccolte in questa sala permettono di passare dalle profondità marine (Antropocene 77, Rome Under the Sea), alla foresta primordiale (Antropocene 92, Rome Covered by a Primordial Forest) e poi al teatro di grandi costruzioni architettoniche (Antropocene 51, Rome Imperial Period; Antropocene 53, Rome Porta Maggiore e altre). L’antologia di paesaggi esplorata in queste opere si presenta come un mosaico di momenti storici e futuri ipotetici, in cui ogni tassello della trasformazione è allo stesso tempo conseguenza di eventi naturali e dell’intervento umano. Intagli su carta intelata, disegni a penna, a olio e rilievi trovano un’armonia compositiva che invita all’osservazione profonda.
“Per capire l’infanzia del nostro pianeta, dobbiamo guardare in profondità sotto la sua pelle. Per quanto possa sembrare strano, la Terra è molto viva. Il volto della Terra cambia nel tempo. Riscoprire questa infanzia perduta significa capire cosa è successo in profondità”, scrive il curatore Sébastien Delot.
È attraverso la “meraviglia” che Ruffo, con gli strumenti dell’artista e con la potenza delle opere, offre un’inedita esperienza visiva, mettendo sotto una nuova luce, questioni ambientali che quotidianamente accompagnano il nostro vivere nella società.
Immagine in evidenza
Le Monde Avant la Cre´ation de l’Homme, 2024, china su carta intelata e intagli (Canyon), 400 × 2100 cm (part.)