Gli oggetti transizionali di Carole A. Feuerman: tra innocenza e seduzione

di Paola Milicia.

Gli oggetti transizionali di Carol A. Feuerman: tra innocenza e seduzione

C’è una logica nell’opera di Carole A. Feuerman che più di altre sostanzia le riflessioni che rinvengono in tutta la sua vitalità artistica, e che non ha a che fare con la dimensione delle opere – a grandezza naturale, o monumentali in occasione di installazioni pubbliche – né con il virtuosismo esasperato (che solleva secondariamente la questione se l’iperrealismo è una forma di arte o più sfrontatamente, il risultato di una dimestichezza e un talento nel maneggiare la tecnica di riproduzione) condensato nella meccanica riproduttiva della realtà, che è poi il marchio di fabbrica degli iperrealisti.

Le sculture dell’artista americana, da molti celebrata come la regina dell’iperrealismo, costituiscono in serie un riverbero del feticismo infantile al punto che si è propensi a credere che è l’intenzione di dettagliare la realtà e renderla il più possibile riconoscibile, e di qui, afferrabile, a tradire la relazione univoca e indivisibile con lo sguardo infantile sul mondo circostante: che per un bambino passa attraverso la riproduzione di elementi, per lo più impercettibili agli occhi adulti (poco importa se distorti e incodificabili), al servizio di una dichiarazione inconscia di occupare un posto dentro lo spazio riprodotto con fedeltà innocente.

L’universo dei corpi di Carole A. Feuerman si assimila a quello del gioco, al memento dell’infanzia, ai transiti della crescita individuali segnati dalla presenza di oggetti transizionali con cui si esercita la scoperta del primo innamoramento, dell’ossessione del possesso e della supremazia sull’oggetto medesimo, nonché una candida pulsione sessuale. Colorate e invitanti come fossero dei grandi designed cake (da mordere, e scomporre), gommose, levigate e seducenti come le Barbie, con cui condividono – consapevolmente? – una vaga stereotipizzazione della donna-bambola e l’aria da prodotto patinato di un’illustrazione pubblicitaria primi anni Sessanta, The Swimmers (Le nuotatrici) appaiono come monumentali feticci di un’età e di uno stato di primordiale spensieratezza di cui percepiamo anche il contraccolpo oscuro dettato dall’immanenza di una realtà nuova che irrompe per infrangere il sogno e la leggerezza, foriera di un distacco che non ha riparazione né ritorno.

Mannequin, pin-up, moderne bambole del sesso: sembrano tutte convogliare nelle sculture di Carole A. Feuerman pregne di un’ambiguità e edonismo, di innocenza e turbamento, di inquietudine e di eros, di illusionismo e verità.

Monumental Brooke with beach ball (2012) è ritratta in una posa dormiente, appagata, raccolta in una dimensione contemplativa, sotto l’effetto di un sonno di cui si intuisce l’operosità onirica. Bibi on the Ball (2015), posta all’esterno della Galleria, irradia quel carattere egocentrico e consapevole da diva di Hollywood, voluttuosa e insieme indifferente.

Se da un lato, dunque, l’iperrealismo annulla la linea sottile che separa l’arte dalla realtà, dall’altra, scatena una memoria associativa involontaria che sovrasta l’osservazione quando si serve di narratives ecoiche e fascinose rinvenibili al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.

Non è, perciò, importante cogliere la verosomiglianza con la realtà se non la si relaziona con l’ambito della fantasia e del gioco (anche erotico) e una sottintesa regressione verso ricordi rimossi e dejà vu che impone l’osservazione.

Un discorso a parte esigono le sculture in bronzo brunito. The Thinker (2019) e Yaima and the Ball (2016), atleti in una posa di raccoglimento, ma anche Strengh (2019) e Fire and Harmony (2019), quest’ultime allestite sulla Terrazza del Pincio e visibili fino al 21 settembre 2021, appositamente selezionate dall’artista nel tentativo di approcciare il sinuoso movimento delle sculture con la rarefazione del panorama capitolino: attraverso il ricorso a forme più squisitamente classiche, le opere offrono un tributo alla forza non solo fisica – muscolare, ma a quella più generale del pensiero umano.

Paola Milicia

La mostra di Carole A. Feuerman è il nono appuntamento nell’ambito del progetto espositivo generale “From La Biennale di Venezia & Open to Rome. International erspectives”, ideato nel 2016 dalla Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con PDG Arte Communications, con la cura di Claudio Crescentini e Paolo De Grandis. Il progetto si dedica alla presentazione negli spazi espositivi capitolini di alcune mostre e installazioni internazionali provenienti dall’Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia e da Open Esposizione internazionale di Sculture ed Installazioni.

“Carole A. Feuerman . From La Biennale di Venezia & Open to Rome. International perspectives”
14 Luglio 2021 – 10 Ottobre 2021

Galleria d’Arte Moderna di Roma
Via Francesco Crispi 24, 00187 Roma
060608; info@galleriaartemodernaroma.it; galleriaartemodernaroma.it

Foto di Paola Milicia