God save the Queer

di Valerio Dehò.

God save the Queer

La differenza tra maschio o femmina è superata. Non certo nelle retroguardie di una società che ormai arranca tra sopravvivenze totemiche di riti tribali e avanguardie che si spingono ai limiti del pensiero. La contemporaneità è un casino. La società liquida è diventata inevitabilmente gassosa, non ci sono recipienti che le possano dare una forma. Proviamoci o provateci.

Gli artisti hanno offerto squarci di androginia e di ermafroditismo sempre al limite del codice penale, sempre al limite di una Natura che non si sa mai se scriverla con la N maiuscola o meno. Ma esiste la Natura? Ho preso l’abitudine a dubitarne, è successo come con Dio. Esiste? Boh, e nel caso fosse che cosa c’entra con noialtri?

Urs Lüthi- Something like falling off the World – 1979 (fonte: ursluethi.com)

Il concetto stesso di “contronatura” si sta sciogliendo come neve al sole? Lo scandalo degli uomini che si travestono, delle sessualità multiple, delle entrate e uscite delle donne dal ruolo ancillare e subordinato, l’omosessualità come limite pseudo naturale da non oltrepassare, sono memorie di un passato che ristagna solo nelle pozzanghere della Legge o nelle menti anguste della destra populista.

Vito Acconci – Conversions by Vito Acconci (fonte: Archive.org)

Gli artisti hanno già deciso da che parte stare cioè con il superamento dei tabù e l’infrangersi delle differenze/diffidenze. Vito Acconci fa diventare i suoi testicoli una sorta si passera gentile, Ray crea la più potente sodomizzazione di massa, Urs Lüthi interpreta ruoli maschili o femminili con nonchalance.
È così che l’arte è sempre stata in un altro luogo rispetto ad una società legata a doppio mandato al potere e alla religione.

L’arte è anarchica o non è. Fa i cazzi suoi che non sono quelli di chi vuole governare, ma quelli di chi vuole sfondare i muri, travestirsi da Rrose Sélavy, frequentare chi non si dovrebbe almeno a sentire gli esperti di diritto canonico. E poi l’arte è vera, anche se non sappiamo bene cosa possa essere la verità, ma quando le siamo vicino ne sentiamo l’odore, il calore sensuale che qualcosa sta accadendo.

Allora il “Queer” che cosa vuol dire? Intanto che ognuno fa quello che vuole, che la sessualità non è un’opposizione naturale, ma una scelta culturale.
È libertà di scegliere? No, è libertà di non dover scegliere, dire io sono così o colà, sono un maschio o una femmina, sono una donna nel corpo maschile o viceversa. Uno può sentirsi uno o l’altro in certi momenti della propria vita, sente il bisogno di modificare il proprio status di individuo, non tanto e non solo la carta d’identità.

Marcel Duchamp nei panni di Rrose Sélavy, fotografato da Man Ray (fonte: Wikimedia Commons)

E sia ben chiaro che non si tratta nemmeno di dover identificare il “queer” con qualcosa di nuovo e di mondano da imitare. La libertà funziona sia in entrata che in uscita. I fenomeni imitativi ci sono e ci saranno, ma non facciamone dei miti. la sessualità liquida non è ancora una scelta facile, la società retriva italiana e l’avvento dei neofascistelli, certamente ritarda tutto e complica le cose in un paese che fino a 40 anni fa aveva il “delitto d’onore” e il “matrimonio riparatore”: retaggio di un paese sessista e contrario alla parità delle donne.

Ma il sesso deve essere inteso sempre di più un fenomeno di ibridazione culturale, una scelta.
La Natura si allontana, possiamo far finta che esista ancora, ma siamo legati ad un archetipo non ad una realtà.
Per questo la rappresentazione in campo artistico alterna momenti elevati a manifesti politici. Il problema scotta, la ferita è aperta. E’ inevitabile che frammenti di ideologia possano rallentare i meccanismi estetici.
Ma ormai la Generazione Z ha già superato l’impasse, ha già scelto perché non c’erano scelte da fare. Non bisogna aggiungere altro se non di diffondere l’arte attraverso tutti i canali possibili, far sapere da che parte stanno l’Arte e gli artisti ha sempre un senso. Anche nel “multiverso”.
Valerio Dehò

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