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L’affresco di una Sicilia vivace e della sua cultura figurativa del XVII secolo

di Mariateresa Zagone.

L'affresco di una Sicilia vivace e della sua cultura figurativa del XVII secolo

Sarà che da anni, ormai, mi occupo di contemporaneo o, forse, un background che data da tempo immemore e che aveva trovato un proprio paravento ideologico nel testo di Federico Zeri “Pittura e Controriforma”, ma il mio interesse non era stato particolarmente stimolato dalla mostra “Umiltà e Splendore”.
Quanto possono essere fuorvianti i preconcetti? Passeggiare amabilmente con la curatrice ed ex compagna di studi e di camera all’Università di Siena per le sale di Palazzo Ciampoli, splendido esempio quattrocentesco di gotico catalano a Taormina che ospita la mostra “Umiltà e splendore. L’arte nei conventi cappuccini del Valdemone tra Controriforma e Barocco”, è stato invece un puro piacere per gli occhi, un procedere lungo un percorso molto ben organizzato nella bella pittura di un periodo particolare dell’arte religiosa in Sicilia.

Si tratta di una visione corale sull’arte sacra in Sicilia a partire dallo snodo cruciale della Controriforma fino ai primi decenni del Settecento, un progetto unico che ha consentito di riunire capolavori semisconosciuti o mai esposti al pubblico provenienti da eremi remoti, chiese raramente aperte, sacrestie, depositi di grandi e piccoli musei.

Le opere esposte sono una trentina tra le quali spiccano capolavori di Scipione Pulzone, Giovanni Lanfranco, Guglielmo Borremans.
Approfittando dell’amicizia che ci lega, ho intervistato l’ideatrice e curatrice Stefania Lanuzza.

[Mariateresa Zagone]: Ci sono state mostre che ti hanno in qualche modo segnata e fatto venire voglia di metterti in gioco e farne di tue?

[Stefania Lanuzza]: “Umiltà e Splendore” è una mostra che tratta quasi esclusivamente di pittura ed è la terza mostra di arte sacra da me curata. Tra le tante manifestazioni precovid sedimentate nella mia memoria emergono due mostre monografiche di grande fascino: “Jacopo Ligozzi, pittore universalissimo”, allestita presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti nel 2014, suggestiva ricostruzione di una personalità artistica versatile e complessa, e “Serpotta e il suo tempo” curata a Palermo, qualche anno fa, da Vincenzo Abbate, una mostra multidisciplinare che trattava le “meraviglie” di una produzione artistica raffinatissima in un momento di felice connubio tra le arti. Entrambe si avvalevano di apparati scientifici importanti, confluiti nei rispettivi cataloghi, e di un curatissimo allestimento

Parliamo di Umiltà e Splendore. Com’è nata l’idea di questa mostra? Perché?

Non si può negare il ruolo propulsivo di Giuseppe Lipari, Presidente dell’Associazione Intervolumina di cui faccio parte, nella genesi di questa mostra. L’Associazione infatti mantiene stretti rapporti con i Cappuccini di Messina e ha proposto la realizzazione di una iniziativa che valorizzasse le personalità artistiche seicentesche appartenenti all’Ordine emerse a Messina nel XVII secolo. Oltre a questo è da tenere in conto il mio acceso interesse per il Lanfranco di Randazzo e gli studi decennali sulla pittura del XVII secolo con particolare attenzione a quella di ambito cappuccino. Inoltre la mia professione prevede la “sorveglianza” nelle movimentazioni di opere d’arte durante l’allestimento delle mostre per garantirne la tutela, come è stato nel caso di quella del 2013 a Gaeta su Scipione Pulzone. Così il progetto è cresciuto in modo da offrire uno spaccato culturale che contemperasse la realtà di provincia e i modelli dei grandi maestri importati dal continente ed è stato accolto e sostenuto con entusiasmo da Gabriella Tigano direttrice del Parco archeologico Naxos Taormina e dalla sua equipe. Ecco, tutto ciò ha creato quell’humus da cui è nata questa mostra che alla fine è stata un’occasione per mettere insieme e collegare studi di una vita che in fondo collegati lo sono sempre stati.

La curatela di mostre “storicizzate” prevede molti prestiti e restauri. Come vi siete mossiin tal senso?

I prestiti, soprattutto quelli concessi dai Cappuccini, sono stati addirittura entusiastici, inutile sottolineare quanto la Provincia di Messina e gli altri Enti ecclesiastici, il Museo Regionale messinese e le altre realtà museali coinvolte, abbiano contribuito. Problema più arduo è stato invece reperire tutti i fondi necessari al restauro della maggior parte delle opere prima dell’esposizione. A questo proposito il ruolo di coordinamento della raccolta fondi svolto da Intervolumina e la collaborazione e la sinergia di enti pubblici e privati, singoli cittadini e club service sono stati straordinari. Molti artisti messinesi contemporanei hanno donato opere allestite e messe all’asta presso la Galleria SpazioQuattro e alcuni restauratori hanno ridotto il budget all’osso pur di venire incontro al progetto.

Qual è il grado di soddisfazione fra il progetto iniziale e il risultato finale? Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate?

Posso dire con serenità che il grado di soddisfazione è massimo. Considerato il budget contenuto e il ridotto arco temporale in cui è stata organizzata e realizzata la mostra penso di aver fatto tutto ciò che avrei potuto fare. Credo di essere stata molto fortunata, non ci sono stati intoppi o particolari difficoltà e tutto si è svolto in un fortunato clima di collaborazione tra i vari soggetti interessati il Parco Archeologico Naxos Taormina si è sobbarcato i costi della mostra e del corposo catalogo che uscirà a breve, tutto il resto è rientrato nell’attività lavorativa di dipendenti e funzionari del Parco e della Soprintendenza.

La mostra è suddivisa in sezioni. Ce ne vuoi parlare?

Abbiamo deciso di suddividere la mostra in sezioni tematiche così da mettere in luce la Weltanshauung del periodo e le iconografie a cui l’Ordine mendicante era maggiormente legato. Essendo, i Cappuccini, dediti anche a pratiche penitenziali uno dei filoni tematici principali è quello della doppia natura, umana e divina, del Cristo. Altra sezione riguarda l’iconografia della Madonna degli Angeli di cui si attesta in Sicilia, con la pala d’altare inviata da Scipione Pulzone a Mistretta nel 1588, una delle prime rappresentazioni. La terza sezione riguarda i Santi prediletti dai Cappuccini fra i quali emergono le figure di San Francesco, Santa Caterina d’Alessandria, e le protomartiri siciliane Agata e Lucia. La quarta sezione include i frati pittori e la quinta i libri dei Cappuccini.

Com’è il Valdemone del ‘600. Cosa emerge da questi studi?

Emerge una parte di Sicilia (il Valdemone comprendeva le provincie attuali di Messina, parte di Catania ed Enna con qualche propaggine madonita) piena di fermenti culturali e legami molto interessanti non soltanto con Roma e altri importanti centri continentali. Si avverte infatti, anche fortemente, l’influenza della Spagna, come messo in luce dai contributi in catalogo. Del resto la particolarità di questo Ordine totalmente povero è quello di essere stato amato da tutti i ceti sociali. Molta piccola o grande nobiltà, di origine spagnola, ha materialmente commissionato e pagato le opere d’arte da donare a chiese e conventi.
Ciò emerge in maniera inequivocabile, ad esempio, nelle due Sante provenienti da Pettineo in cui si respira quel linguaggio, derivato da Zurbaran e Murillo, che è riuscito in Spagna a mettere insieme Rubens e Tiziano, Correggio e Van Dyck.

Hai scritto, anche se più raramente, di arte contemporanea, la curatela della quale prevede, oltre allo studio continuo, soprattutto spostamenti e relazioni continue. Di essa sii può quasi dire che sia una professione onnivora. Quali sono le caratteristiche della curatela di mostre storicizzate?

Non so se ci sia diversità di approccio in realtà, so che questo tipo di mostre necessita di grandissimo rigore scientifico e di studi pregressi e sedimentati. In questo senso il lavoro che svolgo in Soprintendenza mi ha creato il sostrato necessario dovuto alla conoscenza capillare del territorio. Altro elemento indispensabile è il tenere sempre il timone dritto nella progettazione del percorso espositivo che va costruito e calibrato attraverso simulazioni virtuali e un’attenta valutazione degli spazi e delle difficoltà di movimentazione delle opere, specie in una location come palazzo Ciampoli, una magione quattrocentesca su due piani con aperture di dimensioni ridotte. L’allestimento non poteva prevedere più di trenta tele, cinque delle quali molto grandi, la scelta è stata dunque ardua e, in questo senso, il progetto iniziale avrebbe, come ha fatto, facilitato le cose se chiaro nei suoi obiettivi.

fino al 23 ottobre 2022
“Umiltà e splendore. L’arte nei conventi cappuccini del Valdemone tra Controriforma e Barocco”
cura: Stefania Lanuzza, Virginia Buda

Palazzo Ciampoli
Salita Ciampoli, 98039 Taormina, Messina

Mostra organizzata e prodotta dal Parco Archeologico Naxos Taormina in collaborazione con la Soprintendenza dei Beni Culturali di Messina, cui è stata affidata la responsabilità scientifica, e promossa dalla Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Messina e dall’associazione Intervolumina