L’arte di Veronique Charlotte oltre i confini di genere

di Ginevra Amadio.

L'arte di Veronique Charlotte oltre i confini di genere

Attivista, fotografa, attrice, artista visiva, direttrice creativa: ha tanti volti Veronique Charlotte, un concentrato di talenti messi a servizio dell’esplorazione, come non fosse possibile narrare il mondo – un certo mondo – restando confinati in un unico ruolo, senza allargare lo sguardo alla contaminazione, ai generi rimescolati in partenza, non solamente nel lavoro finale ma nel processo di elaborazione, nell’abilità di chi dà vita all’arte.

Quello di Charlotte è, del resto, un percorso fisico-visuale, che parte dai corpi per indagare l’ambiente, per scandagliare i dettami sociali, per minarne gli impatti. La fotografia, sonda artistica sul reale, diviene mezzo deputato alla connessione tra opposti, il solo legame tra soggetto impresso e occhio “fissante”.  Al centro c’è la fluidità, la dismissione degli abiti che equivale alla messa a bando dei preconcetti, delle categorie binarie, ed è un’indagine acuta, fuori-canone, un’apertura all’Altro che equivale a un ragionamento sull’identità, sul coraggio di essere esposti, vulnerabili.

Veronique Charlotte

Il passato nel mondo della moda le ha permesso, del resto, di saggiare il maschilismo imperante, quelle logiche di potere che si appuntano sul corpo della donna e veicolano – pur nel variare dei canoni – un’immagine standardizzata, predisposta da altri, da un mercato che si avvale dello sguardo maschile e ne elabora gli schemi plasmando punti d’osservazione, le lenti mediante cui scrutare forme, dettagli, la carne.

Così, Charlotte ha deciso di tracciare altre linee, di riempire un foglio di curve, di onde, di quei segni “fuori margine” che fanno di un corpo una mappa, il referto di un’esistenza unica – qualunque essa sia – con le sue debolezze, i suoi sbandamenti, i punti di luce che filtrano dalle crepe, oltre i dettami già dati. Lo fa con la fotografia, che di tutte le arti è forse la più diretta, la più “cruda”, se è lecito usare un termine che scava nel profondo, che implica una messa a nudo delle costruzioni prima dei soggetti, un processo di svelamento basato sulla relazione tra attori in gioco, laddove l’occhio che guarda subisce una lenta trasformazione attraverso l’oggetto effigiato.

Gender Project – “un progetto sociale che indaga la comprensione e la percezione dell’identità delle persone” – è, in questo senso, il manifesto di un nuovo sguardo, il viaggio di un’idea che si incarna negli incontri, nelle relazioni. L’artista ha parlato con i protagonisti dei suoi scatti, ne ha colto i barlumi interiori prima di fissarli in un’istantanea, prima di donare al pubblico le unicità di un sorriso, di una ruga sul volto, l’enigma di tatuaggi che nascondono storie, di capelli che vorrebbero dire, urlare, restituire un pezzo di sé.

Di città in città, Veronique Charlotte dà vita a un mosaico cangiante, un puzzle di identità che si intersecano e nel farlo rafforzano l’idea di inclusione, del rispetto per l’Altro che è accettazione della diversità, del peculiare percorso di ognuno. C’è un senso di prodigio in queste immagini che giocano col sapore patinato delle riviste di moda e, nella migliore tradizione artistica, ne sabotano i canoni dall’interno, piegandone schemi e temi a un discorso diverso, di vulnerabilità e dolcezza.

Non più ruoli ma individui liberi, svincolati dai tabù sessuali, dalle imposizione normative legate al genere, all’etnia, allo stato sociale. Uomini e donne in relazione reciproca, in equilibrio leggero sul confine, in quello spazio del “tra” – tra i sessi, tra le culture, tra i luoghi – che è in fondo uno spazio di ri-costruzione, di coesistenza fuori margine.
Ginevra Amadio

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