L’arte rapita: una profana messinscena. Intervista a Daniele Accossato

di Fabiana Maiorano.

Immaginiamo di visitare il Louvre e trovare la maestosa Nike di Samotracia privata delle sue ali, oppure la Psiche di Canova senza il suo Amore: la nostra percezione di quello spazio e delle icone cambierebbe notevolmente, portandoci a chiedere chi sia l’autore di quei furti dal valore inestimabile.

Ad aver rapito queste opere, insieme a molte altre, è stato Daniele Accossato, talentuoso artista torinese, classe ‘87, che sin da giovanissimo individua nella scultura il proprio metodo espressivo che si sviluppa in continue metafore di azioni violente e irriverenti, in antitesi con il suo nobile intento di dissacrare la bellezza rendendola fragile, instaurando un rapporto più umano con lo spettatore.

La ricerca scultorea di Accossato è del tutto singolare: unisce l’antico e il nuovo in un inno all’arte del tutto innovativo, con le opere tirate giù dagli eleganti basamenti su cui siamo abituati a vederle ed esposte nei loro contenitori da trasporto.

Ecco allora che Amore Rapito non è più la divinità che scocca frecce alla cieca, bensì un fanciullo dall’espressione attonita, legato e ammutolito in una cassa, al pari di qualsiasi merce pronta per la spedizione. La stessa sorte è toccata alle Ali della Nike, al Bronzo di Riace, alle Veneri e ad altre opere di matrice più contemporanea come il dito medio di Cattelan o il Rabbit di Koons…

Ricorrendo a casse, pallet, gabbie di legno e altri materiali da trasporto, l’artista pone la chiave di lettura delle sue opere sui contenitori nei quali sono costrette con pose inusuali.

Queste cornici insolite sono al tempo stesso prigione e protezione, suggeriscono un repentino cambio di prospettiva e di contesto indotto da un coinvolgimento e uno sconvolgimento dei soggetti.

Tale messa in scena dai toni profani caratterizza la sua intera produzione, sottolineando da una parte l’importanza dell’arte del passato, la sua storia e la sapienza tecnica; dall’altra evidenzia la tendenza dei movimenti contemporanei nel mettere in discussione gli antichi valori e i canoni del bello.

Daniele Accossato con le sue opere

L’intervista

[Fabiana Maiorano]: La tua ispirazione verso l’arte e la scultura nasce sin da giovanissimo, appena adolescente. È una passione che ti ha portato a frequentare l’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Luciano Massari. Qual è stata la scintilla che ha scatenato il tutto?

[Daniele Accossato]: Non è che c’è stata proprio una scintilla perché già prima dei 15 anni, direi dalle scuole elementari, mi sono avvicinato al disegno. Ho frequentato poi il liceo artistico e ho avuto la possibilità di scegliere l’indirizzo di scultura. È lì che mi sono innamorato di questa tecnica, ma direi che è stato un percorso naturale più che un momento incisivo ad avermi portato qui. Sin da piccolo mi è sempre piaciuto disegnare e pasticciare, poi la scultura mi ha subito colpito perché la sua tridimensionalità è un qualcosa che manca al disegno. Non so se mi spiego, ma è come se completasse un po’ la maniera di esprimersi. Ad attrarmi è stato anche l’aspetto pratico. piuttosto fisico, del fare scultura: il poter mettere le mani in pasta e creare qualcosa che prendesse uno spazio nell’ambiente mi ha sempre stimolato.

Daniele Accossato – Box n.4 – Davi di Donatello, 2017

Parli della scultura come di una “necessità che prende forma”. A quale necessità ti riferisci?

È una citazione dal greco che intende la necessità come un bisogno vitale che abbiamo tutti. Tutti abbiamo la necessità di rapportarci con gli altri e di comunicare, io ho trovato questo mezzo, la scultura, che è riuscito a darmi la possibilità di esprimermi al meglio. È un modo per esprimere me stesso.

Le tue sculture propongono opere diversissime e lontane nel tempo fra loro, dai bronzi di Riace ai balloons di Koons, da Cattelan alla Nike di Samotracia. C’è un artista del passato o del presente che ti ha particolarmente ispirato?

Non c’è un artista in particolare. Sicuramente le ispirazioni iniziali sono state quelle classiche e neoclassiche, ovviamente guardo a Canova, a Michelangelo, a Bernini, etc., a tutta l’arte antica in generale. Personalmente ho vissuto la storia dell’arte del passato – come si può notare dalle sculture – sia come una spinta verso il fare scultura, sia come una gabbia, nel senso che purtroppo le pratiche contemporanee ne oscurano un po’ la visione, imprigionando i valori antichi.

Daniele Accossato – Box n.2 – Bronzo di Riace, 2016

In riferimento alle tue opere, ricordo che visitai una tua mostra personale al Museo Archeologico provinciale di Salerno, dove icone classiche erano calate con esiti del tutto inediti in una dimensione contemporanea. Mi concentrai molto più sul contenitore che sulle sculture vere e proprie. Qual è la giusta chiave di lettura?

Anche per un sentimento di fuga dalla nostra tradizione, dal peso della nostra storia, ho cercato di corrompere un po’ l’immagine classica del bello inserendo diversi elementi di contrasto contemporanei come imballaggi o contenitori per il trasporto, che di fatto rappresentano l’opposto rispetto l’opera d’arte intoccabile e inestimabile dei musei, perché riguardano la merce spedita in tutto il mondo, commercializzata. Per me ha un aspetto estetico importante quasi più della parte scultorea, infatti in qualche modo l’involucro nasconde il bello classico, irrompendo con un’estetica contemporanea dell’utilizzo degli oggetti di massa.

Daniele Accossato – Cage n.11 – Rabbit, 2022(1)

Con i tuoi imballaggi che mercificano l’arte poni un quesito interessante: l’arte non è tale in quanto libera da compromessi?

Secondo me l’arte è possibile solo se non ci sono compromessi. Quello che cerco di esprimere è anche la sofferenza di dover, purtroppo, scendere a compromessi se, ad esempio, non si ha la fortuna di essere sostenuti economicamente (penso a tanti giovani artisti) e quindi l’obiettivo principale della ricerca viene oscurato per creare qualcosa da vendere. Quando devi creare qualcosa per vendere non sei totalmente libero.

Cosa ne pensi delle sculture in digitale o in NFT a cui molti artisti, tra cui scultori, si sono avvicinati?

Come non si può mettere a confronto pittura e scultura, anche i nuovi linguaggi digitali non sono paragonabili. L’utilizzo della tecnologia può entrare un po’ in conflitto col fare classico, però in linea di massima non penso che una cosa escluda l’altra. Personalmente prediligo l’artigianalità perché mi soddisfa il processo del fare, del mettere le mani in pasta. Penso inoltre che ci sia un valore unico anche nell’errore umano, una sorta di autenticità che i mezzi computerizzati a controllo numerico, interessanti nel momento, non hanno.

Daniele Accossato – Wrapped n.3 – Venere, 2022

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danieleaccossato.com; info@danieleaccossato.com
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Tutte le immagini: © Daniele Accossato
Immagine in evidenza: Daniele Accossato – Box n.1 – Amore Rapito, 2015