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Verso una critica d’arte come ermeneutica morfologica dialettica

di Giancarlo Pagliasso

Verso una critica d'arte come ermeneutica morfologica dialettica

Tra i molti eventi espositivi organizzati dalla fiera Artissima 22 o ad essa contemporanei, al di fuori del contenitore ufficiale dell’Oval, spicca Tempo Rizomatico di Diego Cibelli, presso il centralissimo Hotel Principi di Piemonte.

Il lavoro dell’artista napoletano, rappresentato dalla Galleria Artiaco di Napoli, è locato, grazie alla collaborazione tra Artissima e Una Esperienze, nel salone della feste dell’Hotel torinese così da interagire e dimensionarsi proficuamente con lo spazio, illuminato naturalmente da sole finestre, di Bonadé Bottino e le sue decorazioni, realizzate grazie alla collaborazione di Giovanni Chevalley, con mosaici dorati e lampadari di Murano.

Il carattere mediale delle opere esposte, cioè il contenuto che supporta il loro valore d’uso, è l’idea di festa. Si tratta di cinque obelischi e un Totem in ceramica: sculture sviluppate in verticale – i primi alti all’incirca due metri, il secondo oltre i tre – che vengono definite dall’autore Obelischi Totemici e posizionate centralmente nel grande vano di accoglienza ludico-ricreativa dell’albergo. Per realizzarli, Cibelli, secondo costume 1, ha visionato materiale d’archivio del XVIII secolo riguardante disegni di giostre in legno e strutture per fuochi d’artificio. Anche la componente materica (l’argilla) delle opere, essendo terra, è una sorta d’archivio geo-storico dall’impronta antropica o. come precisa l’artista, «la ceramica come materia ha una dimensione geografica, è possibile risalire al luogo in cui è stata realizzata e prodotta. Questa ‘testimonianza’ ha per me un grande valore perché la dimensione geografica della materia rappresenta, con le sue applicazioni e oggetti, un racconto lungo e antico tra uomo e ambiente» 2.

Il plesso dialettico tra contenuto materiale e ideativo delle opere, tra il supporto fisico che esprime – nella loro morfologia di tensione e slancio pirotecnici – l’ebbrezza espressiva della festa, è anche quello che afferisce al tempo rizomatico cui il titolo rimanda. Tutto parte dal valore che l’artista assegna alla bellezza, quale circostanza che avvolge le cose e ne scandisce pure lo svolgersi temporale. Cibelli, infatti, precisa questo punto così:« La bellezza è un’energia che sopravvive grazie alla sua capacità di assorbire memoria e archivio. Nelle bellezze si conservano tutti i tentativi che effettuiamo per trovare una posizione nel mondo terreno e in quello spirituale» 3, lasciando spazio a rimandi estetici di carattere neo-tomista 4 che rendono particolarmente densa la partitura ideativa della sua poetica.

Intanto, la contestualità installativa degli obelischi – nella sala delle celebrazioni che per metonimia col nome dell’hotel richiama i fasti della mondanità gaudente della corte sabauda – raddoppia il valore di messa in scena degli stessi, ammantandone in certo senso con una patina auratica temporale le superfici. Al di là dello slittamento semantico dal tropo alla figuralità formale ‘apparente’ che questo comporta 5, le sculture incorporano, come presenze bloccate al presente, l’energia giubilante e dinamica delle giostre in movimento e il dirompente spreco delle esplosioni dei fuochi d’artificio.

L’installazione gioca anche sul fatto di ostendersi ‘sopra’ la temporalità passata del lavoro estetico decorativo del salone, che invece oggi, in quanto cifra della crescente estetizzazione produttiva del tardo capitalismo, per Gernot Böhme, sottende non più solo gli ambiti preposti ‘naturalmente’ a contestualizzare in chiave ‘atmosferica’, suggestiva e attraente ambienti, oggetti e soggetti 6, ma investe anche la presentabilità, inerente e consustanziale però al loro valore d’uso e di scambio 7, dei prodotti ed esperienze di consumo 8.

Questo intreccio rizomatico orizzontale, da cui gemmano presente e passato, è anche la base ipostatica per delineare l’annunciarsi del futuro, il quale però è circoscritto alla durata limitata della permanenza delle opere nello spazio espositivo.

La temporalità determinata della mostra è quanto apparenta nuovamente il futuro del salone delle feste al suo valore d’uso nel presente, rendendo palese la contraddizione inerente alla percezione qualitativa del tempo, che le opere simbolicamente incarnano, e a quella profana esperita in base al suo utilizzo commerciale come spazio adibito all’intrattenimento orchestrato in funzione di servizio.

Il tutto è rimandabile al fatto che Una Esperienze abbina l’interesse ‘estetico’ del comodato di utilizzo locativo per le opere come feed back pubblicitario in chiave sinergica all’ottimizzazione delle proprie offerte alberghiere verso un target sempre più qualificato di utenti 9.

Vediamo di analizzare in dettaglio questo correlarsi del tempo verso dimensioni relazionali, atmosferiche e ‘propriocettive’ opposte, partendo dal rapporto oggetti / spazio che l’artista articola così:« All’interno di questo processo evolutivo accade che oggetti e spazi ‒ i principali riferimenti abitativi ‒ vedono invertito il loro ruolo, per cui i primi acquistano una profondità e un’ampiezza tale da accogliere nel tempo l’intera esistenza emotiva dei loro possessori, mentre l’ambiente domestico diviene sempre più scomponibile e ricomponibile a seconda dell’uso, delle esperienze e delle persone con cui interagisce» 10.

Gli Obelischi Totemici simboleggiano, pur in quanto oggetti artistici secolarizzati, la ritualità temporale della festa e ne indicano la radice sacrale, cioè l’esigenza di durata che contrasta con l’accelerazione cumulativa e quantizzabile del tempo di lavoro. In merito a questo, Byung-Chul Han scrive: «Il tempo della festa non è un tempo di relax o di ripresa dalle fatiche del lavoro: con la festa inizia un tipo di tempo diversissimo. La festa, come la cerimonia, rientra originariamente nel contesto religioso. La parola latina feriae ha un’origine sacrale e indica il tempo dato alle attività di culto. Il fatum è un luogo sacro dato alla divinità, quindi pensato per le attività religiose» (Han 2022 :109-110).

I Totem per rimanere aderenti al messaggio che veicolano come contenuto mediale dovrebbero essere non assimilabili ai prodotti frutto del lavoro quantificabile, cioè del lavoro socialmente astratto presupposto per valorizzare le merci durante lo scambio. Essendo prodotti riferibili alla forma merce (che io chiamo) figurativa, le sculture di Cibelli in parte non sono sussumibili al ciclo effettivo del capitale poiché derivano da lavoro concreto improduttivo e non sono determinate come valore dal lavoro astrattamente umano speso produttivamente, ma si valorizzano in relazione alla domanda del mondo e del mercato dell’arte in quanto non competono alla necessità del bisogno ma all’ofelimità (Pareto 1896-97: 11-31) dei desideri.

La forma merce figurativa, anche se in parte elude la determinazione valoriale relativa al lavoro sociale speso per realizzarla, sembra poter mediare, attraverso il concetto di lavoro estetico, alla sua oscillazione tra lavoro improduttivo e produttivo. Infatti, pur senza essere riconducibile alla dinamica del prezzo stabilito sulla base della teoria valore-lavoro, l’essere inquadrabile all’interno del lavoro estetico come sua espressione specifica la corrobora rispetto alla relazione di eguaglianza (di prodotto) tra le merci estetiche. Questo carattere onto-relazionale delle opere d’arte, in quanto merci specifiche, è espresso bene dalla teoria istituzionale di Dickie. Ovviamente, come già detto, non è la valenza topologica che ne definisce lo statuto ontologico ma la collocabilità sociale

Alla luce del carattere inclusivo/esclusivo della produzione artistica relativamente al capitale e pur rispettando quanto su questo scrive Heinrich: «ci sono certi prodotti del lavoro (come le opere d’arte) il cui valore di scambio è completamente indipendente dal tempo di lavoro speso per la loro produzione» (2012 : 36), Gabriele Schimmenti ha mostrato come «il fenomeno “opera d’arte” può essere ricondotto senza problemi alla teoria del valore di Marx» (2015: 10), cioè passibile di sussunzione alla forma merce ordinaria dei prodotti di consumo.

Già Marx ed Engels, ne l’Ideologia tedesca, criticando la presunzione di unicità del lavoro artistico sostenuta da “Sancio” (Max Stirner), avevano insistito sul carattere improduttivo di quell’operare senza disancorarlo però dalla dinamica della divisione capitalistica del lavoro (finalizzata allo scambio) all’epoca corrente 11, e sempre Marx ne le Teorie sul plusvalore non aveva mostrato difficoltà a considerare Milton come autore-artista de Il Paradiso perduto in quanto « produttore indipendente che scambia, al grado zero del capitale, il prodotto del suo lavoro al mercato» (Schimmenti 2015: 15) proprio in virtù del fatto che il lavoro artistico improduttivo rimane individuale e non socialmente mediato dal capitale 12.

La non sussunzione del prodotto artistico a quest’ultimo crea la discrepanza tra il valore di un’opera d’arte frutto del lavoro improduttivo rispetto ad una creata produttivamente, per il resto – e questo in modo ancor più evidente oggi – essa è congruente alla categoria merce e alla sua forma dal lato del valore d’uso, scambiabilità, riconoscimento sociale e suo dimensionarsi all’interno della divisione del lavoro capitalistica (Schimmenti 2015: 16-17).

Tornando al lavoro di Cibelli, possiamo dire che azzera tutte le temporalità a cui allude nella misura in cui cerca di tenere il equilibrio, nel medesimo spazio, la logica opposta del lavoro estetico come emergenza produttiva e idealità improduttiva.
Giancarlo Pagliasso

Copyright
Tutte le immagini: © Diego Cibelli – “Tempo Rizomatico”, Artissima 2022

Bibliografia
Böhme G., 2016, Ästhetischer Kapitalismus, Berlin, Suhrkamp.
Eco U., 2016, Arte e bellezza nell’estetica medioevale, Milano, La nave di Teseo.
Han B.- C., 2019, Kapitalismus und Todestrieb. Essays und Gespräche, Berlin, Matthes & Seitz; tr.it di S.Anglan-Buttazzi, Perché oggi non è possibile una rivoluzione, Milano, Nottetempo, 2022.
Haug W. F., 1971, Kritik der Warenästhetik, Frankfurt am Main, Suhrkamp.
Heinrich M., 2012, An Introduction to the three volumes of Karl Marx’s Capital, tr. in eng. by A. Lo Cascio, New York, Monthly Review Press.
Lipovetsky G. – Serroy J., 2013, L’esthétisation du monde. Vivre à l’âge du capitalisme artiste, Paris, Gallimard; tr.it. di A.Inzerillo, int. di G.Puglisi, L’estetizzazione del mondo. Vivere nell’era del capitalismo artistico, Palermo, Sellerio, 2017.
Marx K., 1965, Theorien über den Mehrwert, in Marx-Engels Werke (MEW), Institut für Marxismus-Leninismus beim ZK der KPdSU (hrsg.), Band 26/1, Berlin, Dietz Verlag.
Marx K. –Engels F., 1969, Die Deutsche Ideologie [1932], in Karl Marx – Friedrich Engels Werke (MEW), Band III, Berlin, Dietz Verlag; tr.it. a cura di D. Fusaro, intr.di A.Tagliapietra, Ideologia tedesca, Milano, Bompiani, 2011.
Pareto V., 1896-97, Cours d’économie politique, Losanna, Rouge; tr.it. di R.Fubini, Corso di economia politica, Torino, Paolo Boringhieri, 1961.
Schimmenti G., 2015, Marx, le merci e l’opera d’arte, in «H-ermes. Journal of communication», n.5, 7-20.
Vercellone F., 2022, L’età illegittima. Estetica e politica, Milano, Raffaello Cortina Editore.

Note

  1. “Da un punto di vista metodologico, il mio lavoro nasce dall’osservazione di archivi, che mi piace immaginare come ‘specchi parlantì di una fonte moderna e circolare. In questi ultimi anni a Napoli ho studiato le incisioni borboniche. Da tale ricerca nascono i due progetti L’Arte del danzare assieme e Gates” (https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2021/09/ceramica-intervista-diego-cibelli/)
  2. Ibid.
  3. Ibid.
  4. Per quanto riguarda l’oggettività del bello dell’estetica medioevale, intenzionato però solo dallo sguardo umano razionalmente indirizzato al suo specifico, Cfr. Eco, 2016 : 59.
  5. Propongo di interpretare l’Inszenierungswert (valore di messa in scena) di Gernot Böhme, in riferimento alla forma merce figurativa (opere d’arte), anche come manifestazione fenomenica del suo contenuto (quale valore d’uso primario), in aggiunta al fatto di soddisfare, come la forma merce ordinaria dei prodotti di consumo, il desiderio di piacere estetico autodirezionato in quanto gratificazione, traslata attraverso lo scambio, di “visibilità, attualizzazione e potenziamento vitale” (Böhme, 2016:27).
  6. Böhme articola il concetto di “lavoro estetico” in quanto capacità di fornire un “aspetto, radianza e atmosfera” a luoghi, cose e umani:”Mit ihm wird die Gesamtheit jener Tätigkeiten bezeichnet, die darauf abzielen, Dingen und Menschen, Städten und Landschaften ein Aussehen zu geben, ihnen eine Ausstrahlung zu verleihen, sie mit einer Atmosphäre zu versehen oder in Ensembles eine Atmosphäre zu erzeugen” (Id. 26). Sulla particolarità dell’impatto estetico tra le pratiche, in quella che chiamano la produzione del “capitalismo artistico”, Lipovetski e Serroy si esprimono così: “un lavoro sistematico di stilizzazione dei beni e dei luoghi commerciali, di integrazione generalizzata dell’arte, del look e della sensibilità affettiva nell’universo consumistico” (2013:21).
  7. Rispetto a Böhme, la valorizzazione estetica delle merci proposta da Haug riguarda la “parvenza del loro valore d’uso”, in quanto escamotage visivo sensibile per indurre il/la consuma-tore/trice all’acquisto (Haug 1971: 10).
  8. Questa presentabilità immaginale/scenica delle merci è quanto costituisce il plusvalore immaginario alla base del desiderio identitario de-i/lle consuma-tori/trici o, come ben scrive Federico Vercellone, l’identità “in immagine è la vera merce che viene veicolata dal mercato, che si tratti delle carte d’identità, della green card, del lusso, della moda. In tuti questi casi l’immagine si manifesta come la merce connessa al bisogno più elementare, quello di sapere chi siamo. Le identità vengono vendute e veicolate sul mercato come il bene più prezioso” (2022:125).
  9. “I valori dell’esposizione sposano quelli del brand Una Esperienze che racchiude l’essenza dello stile autentico italiano. Il 5 stelle invita, perciò, gli ospiti a perdersi nel viaggio tra tempo e cultura durante le giornate di Artissima” (https://www.hotelmag.it/2022/11/03/esperienze-artissima-insieme-un-progetto/).
  10. https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2021/09/ceramica-intervista-diego-cibelli/
  11. “La legge secondo la quale è fissato il prezzo di quei lavoratori che egli riconosce come unici, ad esempio di una danzatrice […] Sancio può rintracciarla già esposta in Adam Smith [:::] Gli economisti moderni si sono basati su tale legge per mostrare l’elevato salario che essi definiscono travail improductif e il basso salario dei braccianti agricoli […] Sancio dovrebbe essere a conoscenza del fatto che un altro, e non Mozart, ha realizzato e steso la maggior parte dei Requiem di Mozart, che Raffaello stesso ha “eseguito”una minima parte dei suoi dipinti […] Sancio ritiene che Raffaello abbia realizzatole sue opere a prescindere dalla divisione del lavoro che era vigente a Roma nella sua epoca” (Marx-Engels 1969: 1163-67).
  12. “Da quanto detto emerge che il lavoro produttivo è una determinazione del lavoro che anzitutto non ha assolutamente nulla a che fare con un determinato contenuto del lavoro, con la sua particolare utilità o con il suo peculiare valore d’uso nel quale esso si presenta. La stessa specie di lavoro può essere produttiva o improduttiva. Ad esempio Milton, che scrisse il Paradiso perduto per cinque sterline, fu un lavoratore improduttivo. Invece lo scrittore che fornisce lavori dozzinali al suo editore è un lavoratore produttivo. Il Milton produsse il Paradiso perduto per la stessa ragione per cui un baco da seta produce seta. Era una manifestazione della sua natura. Egli vendette successivamente il prodotto per cinque sterline. Ma il proletario letterato di Lipsia, che fabbrica libri (ad es. compendi di economia) sotto la direzione del suo editore, è un lavoratore produttivo; poiché fin dal principio il suo prodotto è sussunto sotto il capitale e viene alla luce soltanto con la valorizzazione di questo” (Marx 1965: 376-77).