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Aldo Rossi: l’inesausta curiosità di un architetto, designer e intellettuale. Intervista a Chiara Spangaro

di Teresa Lanna.

Aldo Rossi: l'inesausta curiosità di un architetto, designer e intellettuale. Intervista a Chiara Spangaro

“Avevo indubbiamente un interesse per gli oggetti, gli strumenti, gli apparecchi, gli utensili. Stavo nella grande cucina a S., sul lago di Como, e disegnavo per ore le caffettiere, le pentole, le bottiglie. In particolare amavo le caffettiere smaltate blu, verdi, rosse, per il loro volume bizzarro; era la riduzione di architetture fantastiche che avrei incontrato più tardi.”

Basterebbe questa frase ad illustrare Aldo Rossi (1931-1997); uno dei più grandi architetti, designer e critici del novecento. Egli comincia la sua formazione universitaria negli anni Cinquanta, presso il Politecnico di Milano. Assistente negli studi di Ignazio Gardella e Marco Zanuso, insegna con Ludovico Quaroni presso la Scuola urbanistica di Arezzo e con Carlo Aymonino allo Iuav di Venezia. Professore incaricato al Politecnico di Milano nel 1959, nel 1970 vince la cattedra di Caratteri degli edifici. Nel frattempo, inizia a collaborare anche con diverse università americane, tra cui la Cooper Union University, l’Institute for Architecture and Urban Studies, Harvard e Yale University.

L’attività progettuale si divide tra edilizia pubblica e privata. Tra i primi progetti realizzati, è possibile menzionare: l’ampliamento della scuola De Amicis di Broni (1970), un’unità residenziale al quartiere Gallaratese di Milano (1973); il Cimitero di San Cataldo di Modena (1978) e la scuola elementare di Fagnano Olona (1976). In seguito, gli edifici pubblici di Fontivegge-Perugia e Borgoricco (1989), la ristrutturazione del Teatro Carlo Felice di Genova (1989), l’ampliamento dell’aeroporto di Milano-Linate (1993) ed il progetto per la ricostruzione del Teatro “La Fenice” di Venezia.

Intanto, la sua fama travalica i confini nazionali, grazie ad opere come l’isolato tra Kochstrasse e Friedrichstrasse a Berlino (1981), l’Hotel “Il Palazzo” di Fukuoka (1989) e il Bonnefanten Museum a Maastricht (1994).

Come storico e teorico dell’architettura, egli collabora con diverse riviste, quali “Casabella Continuità”, “Società” e “Il Contemporaneo”. A Rossi si deve, inoltre, la pubblicazione de L’architettura della città (1966) e Autobiografia scientifica (1984), oltre al film Ornamento e delitto (con Gianni Braghieri e Franco Raggi), realizzato nell’ambito della direzione della sezione internazionale di architettura alla Triennale di Milano (1973) e della sezione architettura della Biennale di Venezia del 1983.

Nel corso della sua monumentale carriera, Aldo Rossi ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti; uno fra tutti, il premio Pritzker nel 1990, fino ad allora mai vinto da un italiano.

L’architetto è noto anche per la sua attività di designer ed artista: dal Teatro del Mondo, presentato alla Biennale di Venezia del 1979, al Monumento a Sandro Pertini (Milano, 1990), passando per l’opera pittorica e grafica, da sempre legata alla sua attività progettuale.

Abbiamo approfondito la figura di Aldo Rossi con Chiara Spangaro, curatrice della mostra “Aldo Rossi. Design 1960-1997”, un progetto presso il Museo del Novecento di Milano che vede esposti, per la prima volta, oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi, progettati e realizzati da Aldo Rossi dal 1960 al 1997.

[Teresa Lanna]: Quando nasce l’idea di questa esposizione e quali sono state le figure che concretamente l’hanno supportata nell’organizzare il percorso della mostra?

[Chiara Spangaro]: La prima ricerca risale ad alcuni anni fa. Dopo la nascita della Fondazione Aldo Rossi nel 2005, ho voluto conoscere la figura dell’architetto-designer più da vicino, attraverso i racconti di quelli che lo hanno conosciuto. Visitando i produttori di design che con Rossi hanno lavorato, ho scoperto oggetti e arredi inediti e mai presentati al grande pubblico. Questa prima ricerca è stata aggiornata e, talvolta, arricchita di nuove scoperte in occasione della mostra al Museo del Novecento. La presentazione si è avvantaggiata della collaborazione di tutti i produttori di arredi e oggetti di Rossi, che sono stati generosamente presenti, sia garantendo prestiti dai loro archivi, sia lavorando a supportare l’esposizione in vario modo. Con loro, anche le istituzioni italiane e internazionali che custodiscono opere di Rossi hanno contribuito con entusiasmo, predisponendo disegni e modelli di studio: dal MAXXI di Roma al Centre Pompidou di Parigi, al Museo Richard-Ginori, per citarne alcune. La partnership organizzativa con Silvana Editoriale, sia sulla mostra che sul catalogo ragionato, ha chiuso il cerchio di un’ampia e felice collaborazione che Rossi ha costruito intorno alla sua attività e sulla quale la Fondazione e gli Eredi Aldo Rossi possono contare.

C’è, in particolare, un oggetto di design, realizzato da Aldo Rossi, che l’ha colpita in special modo e che vorrebbe sempre nella sua casa?

Sono diversi gli oggetti e i mobili che suscitano un senso di magia, a partire da quelli collegati a una mitologia infantile e ludica, come la Cabina dell’Elba (Bruno Longoni Atelier d’Arredamento) e i servizi Tea and Coffee Piazza (Alessi) o Il Faro (Rosenthal). Anche i progetti più legati alle architetture di Rossi che rimandano alle facciate – come la libreria Cartesio per Unifor, il tavolino Tabularium per Up Group (tavolino Tabularium) e la scrivania Papyro per Molteni&C – riportano nel mondo del design l’interesse per la geometria e la composizione, riallacciando i diversi ambiti creativi di Rossi in un progetto sempre intellettualmente coerente.

L’esposizione guida lo spettatore attraverso un iter spettacolare, articolato da oltre 350 tra arredi, oggetti d’uso, prototipi, modelli, dipinti, disegni e studi progettati e realizzati da Aldo Rossi dal 1960 al 1997. Dalla sua produzione emerge la figura di un uomo che amava molto l’aspetto familiare, quasi individuale, degli arredi. Com’era l’Aldo Rossi privato?

Morris Adjmi ha progettato l’allestimento con il suo studio di New York. Adjmi ha raccontato il lato privato e intimo di Rossi – riportando i colori delle sue case e dei suoi studi, ricostruendo liberamente nella sala 7 un nucleo abitativo / professionale personale, e inserendo nel display le citazioni delle architetture di Rossi. Più in generale, Adjmi ha portato, nell’allestimento, la sua esperienza di amico e associato di Aldo insieme a una visione indipendente, giocosa e rispettosa. La narrazione curatoriale si è, così, collocata in un contesto dove l’amicizia si lega alla memoria e al vissuto e diventa coinvolgente per il pubblico.

Aldo Rossi e la poltrona Parigi per UniFor, 1989. © Federico Brunetti. Courtesy Federico Brunetti.

Molti arredi e oggetti ideati da Rossi sono ancora oggi in produzione; può citarne qualcuno?

Alcune icone, tra cui la caffettiera La cupola (Alessi), la poltrona Parigi (Unifor) e la libreria Piroscafo (Molteni&C., realizzata con l’amico Luca Meda) sono sempre nei cataloghi dei produttori. Altri oggetti, meno conosciuti al grande pubblico ma altrettanto rappresentativi, sono editati con continuità – come ad esempio la lampada Prometeo per Artemide e l’insieme dei prodotti in marmo per Up Group.

Qual è, se c’è, la sezione della mostra che più delle altre ha riscosso maggiore interesse nel pubblico?

L’articolazione in sale che non seguono una cronologia ma presentano temi, ambienti e narrazioni diverse, spero sia una sorpresa per i visitatori. L’intento è quello di ricostruire, o almeno accennare, a un mondo complesso, dove la ricerca, il disegno e la produzione artigianale e industriale si collegano in modo naturale all’esperienza personale e alla reminiscenza delle cose viste.

La realizzazione di un arredo od oggetto, in Rossi, è sempre corredata da una riflessione; affascina, per esempio, quella sulla caffettiera e sull’orologio. C’è un ‘fil rouge’ che accomuna tutta la sua produzione?

Rossi è stato un intellettuale di grande complessità. Nella sua professione di architetto e designer, teorico e docente, non ha mai rinunciato al suo senso artistico e poetico. Se esiste un filo rosso che collega i diversi ambiti del suo sapere e della sua attività, penso sia l’inesausta curiosità nei confronti del mondo – passato e presente. Il continuo scavo nella Storia per aggiungervi un personale elemento di novità.

Aldo Rossi e Luca Meda, libreria modulare Piroscafo, 1992. Molteni&C, Giussano. Molteni Museum. © Eredi Aldo Rossi, courtesy Molteni&C.

Rossi ha disegnato mobili ed oggetti per diverse aziende; ci sono state amicizie nate da quelli che all’inizio erano esclusivamente rapporti lavorativi? Se sì, può citarne qualcuno tra i più significativi?

I primi oggetti firmati da Rossi nel 1960 sono stati realizzati con l’amico e collega Leonardo Ferrari, con cui contestualmente lavorava a una villa ai Ronchi. Il legame con il Gruppo Molteni è nato grazie all’intervento di Luca Meda, amico e associato nel primo studio di Milano. Anche il legame con la Alessi è cominciato quando Alessandro Mendini è diventato direttore artistico della società, portando al suo interno il mondo dell’architettura internazionale. Da queste prime relazioni personali, ne sono nate altre. Nel campo del design, con Alberto Alessi, Bruno Longoni e Carlo Molteni, che con Rossi hanno lavorato con continuità per vent’anni. In occasione della mostra, Francesca Molteni e Mattia Colombo hanno realizzato un documentario nel quale questi rapporti sono evidenti e vengono raccontati con tutto il loro portato di divertimento e nostalgia.

Lei ha curato il catalogo della personale, che illustra al lettore la complessa e straordinaria figura di Aldo Rossi; quali sono gli aspetti principali dell’intera produzione che l’hanno particolarmente affascinata?

Senza dubbio, la circolarità coerente e sempre innovativa del suo pensiero teorico e pratico. Mi interessano anche il senso poetico ed etico che emerge nei progetti come negli scritti e nei disegni. Entrambi non sono senza dubbi o contraddizioni, come è nella natura umana.

Ci sono dei designer contemporanei che si ispirano, oggi, allo stile di Rossi?

Dagli anni sessanta, fino alla sua scomparsa nel 1997, Rossi ha insegnato e tenuto conferenze nelle scuole di architettura di tutto il mondo – da Milano a New York, da Venezia a Zurigo, da Tokyo a New Haven. La sua influenza di docente e di teorico è stata enorme, sia sugli studenti che lo hanno seguito che sugli assistenti con cui ha lavorato, ma anche sugli architetti che ne hanno conosciuto principi e letture. La mostra e il libro dedicati al design di Rossi presentano un nuovo tassello nella ricerca scientifica dedicata a un architetto che ha costruito un universo ricco di immagini e temi. I designer di oggi possono attingervi, facendo loro la lezione di Rossi nel modo più libero e creativo.

«Da sempre pensavo al passo di Agostino “Signore Dio, poiché tutto ci hai fornito, donaci la pace, la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto. Tutta questa stupenda armonia di cose assai buone, una volta colmata la sua misura, è destinata a passare. Esse ebbero un mattino e una sera”».
(Aldo Rossi)

Tutte le immagini dell’allestimento: Aldo Rossi. Design 1960-1997, Installation view at Museo del Novecento. Ph: Francesco Carlini