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Gregorio Botta. Just measuring uncosciousness
lunedì 3 Febbraio 2020 - lunedì 13 Aprile 2020
sede: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea – Sala via Gramsci (Roma).
cura: Massimo Mininni.
Misurare l’inconsapevolezza, recita un verso di Emily Dickinson: come lo Stalker di Tarkovskij l’artista è un agrimensore che traccia i confini e le traiettorie in un campo sconosciuto.
Gregorio Botta, sfruttando gli spazi della galleria, costruisce un percorso in quattro stazioni, una per ogni sala, quasi un viaggio esistenziale.
Si parte dalla stanza della gravitas: dal muro spuntano decine di bacchette di vetro sulle quali sassi si trovano in un equilibrio instabile e precario.
Questa ondata di pietre sembra terminare su Sisifo, una scultura mobile che accoglie agli estremi di una sottile sbarra di vetro – che gira su se stessa – un pesante sasso e una leggera coppa di cera.
Sulla parete opposta quattro quadri impaginati in modo simile.
L’ultimo, un quadro leggero, aereo fatto di fogli diafani, sospesi a un vetro, introduce alla stanza successiva.
Quella del respiro, in cui all’interno di alabastri o forme di cera sembra soffiare un flatus.
Attraverso un lungo corridoio con gli Esercizi di deposizione (piccole opere realizzate con garze, lini, veline bruciate e sangue) che diventano lentamente Esercizi di stupore, si approda nella stanza costruita come un hortus conclusus: un chiostro popolato di opere abitate da foglie e sangue.
Come accade nel giardino affrescato dal Beato Angelico nel Noli me tangere del Convento di San Marco a Firenze, la bellezza della natura si fonde con i segni del sacrificio (il rosso delle stimmate che diventa lo stesso dei fiori nel prato) in un’unica composizione che risolve ogni contraddizione.
Al centro, come in un vero chiostro, da un piccolo pozzo di ferro sgorga – vitale – un’acqua perpetua.
L’ultima tappa è la stazione dell’acqua, della sublimazione, dell’evaporazione.
Qui domina la grande installazione Abbi cura di me: una moltitudine di vetri concavi colmi d’acqua proietta sulla parete la sua ombra luminosa: un’opera viva che ha bisogno di una attenzione continua e di essere sempre nutrita con nuova acqua.
Chiude il percorso Ophelia’s dreams: un letto di cera sull’acqua, attraversato da ferite dalle quali sgorgano rivoli d’acqua.
Vita, dolore, desiderio, morte si fondono in questa opera che racchiude il senso di Just measuring unconsciousness.
Infine, al piano terra, nella grande stanza condivisa con Elisabetta Novello, Machina, un enorme dodecagono di ferro, inespugnabile, accoglie e protegge il mistero della vita.
Al suo interno la fiamma di una lampada ad olio, quasi invisibile, si rivela inafferrabile attraverso strette feritoie.
Il catalogo della mostra, a cura di Massimo Mininni, che sarà pubblicato nei giorni successivi all’inaugurazione per documentare l’installazione negli spazi della Galleria, contiene i contributi di Bruna Esposito, Massimo Mininni, Ludovico Pratesi e Andrea Viliani.
Inaugurazione: lunedì 3 febbraio 2020 ore 18:30