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“I paesaggi di Giovanni Comisso”. La mostra che rilancia i temi cari allo scrittore: ambiente e industrializzazione selvaggia

di Pierluigi Panza.

"I paesaggi di Giovanni Comisso". La mostra che rilancia i temi cari allo scrittore: ambiente e industrializzazione selvaggia

In un articolo del 1952 dal titolo “Cemento armato e architetti disarmati” lo scrittore Giovanni Comisso scriveva: «Viviamo in un’epoca brutalizzata in cui l’uomo deve adattarsi ad essere un animale insensibile. Quindi non importa se qualche superstite, in possesso ancora della sua sensibilità d’uomo trovi fastidioso rasentare un pilastro con quattro spigoli e passare sotto a una travatura liscia». Questa frase scritta dal narratore trevigiano amico di De Pisis è l’esatto contrario del celebre aforisma di Vassily Kandinsky «l’impatto dell’angolo acuto di un triangolo contro un cerchio ha un effetto non meno affascinante del dito di Dio che tocca l’indice di Adamo in Michelangelo».

Gli esiti di queste posizioni – la tradizione come opposta allo spirito di incessante innovazione, un ambiente dove uomo e natura convivono opposto a una sfida faustiana alla Natura – trovano ancora oggi controversia e prova ne sia la mostra «I paesaggi di Comisso» che si è inaugurata a Palazzo Giacomelli (Spazio Assindustria Venetocentro) a Treviso. Esito di un concorso, le foto e i video esposti non illustrano le prose poetiche di Comisso, ma partono dai «luoghi di Comisso» per entrare nel vivo del dibattito contemporaneo sul paesaggio.

© Andrea CamioloPer un paesaggio possibile, 2021 (Opera vincitrice del Concorso “I paesaggi di Comisso”

L’esposizione è un momento di riflessione, attraverso i linguaggi visivi contemporanei, dell’emblematico tema del paesaggio che Comisso mise a fuoco fin dagli anni Trenta. Una concezione, quella di Comisso, che lo portò a combattere battaglie culturali per la salvaguardia e valorizzazione delle Ville Venete e di critica verso l’uso massiccio del cemento armato e delle scelte «moderniste» nella ricostruzione del Dopoguerra.

In un articolo apparso sul settimanale Il Mondo nel gennaio del 1950, dal titolo I despoti del Cemento, Comisso scriveva: «Si credeva che il regime della dittatura fosse il carnevale degli ingegneri, degli architetti, dei costruttori, insomma, e che la democrazia fosse quello degli avvocati; invece, sotto gli auspici delle vaste distruzioni operate sulle città italiane, la democrazia protrasse ancora la grande festa dei costruttori. Sicché dopo la guerra ci si trovò ancora alle prese con un despotismo sostanziato di cemento armato e di mattoni. Ma mentre quello di prima partiva da un solo programma di follie, questo parte da tanti programmi quante sono le città da ricostruire».

In “II pianto della scavatrice” Pasolini ricordava come si piange «ciò che muta, anche per farsi migliore» perché la «luce del futuro non cessa un solo istante di ferirci»; tuttavia, molto del futuro progettato nel Dopoguerra è diventato un’eterogenesi dei fini: l’automobile, la strada, il cemento da elementi di liberazione per tutti sono diventati la condanna del traffico, dello smog, dell’effetto serra. In qualche modo su questo riflettono le elaborazioni esposte, che vanno dalla manipolazione del reale all’approccio ironico a quello analitico, dall’uso di immagini e filmati preesistenti alla loro giustapposizione con elementi testuali fino alla pratica digitale del glitch.

Torna così d’attualità quel breve testo intitolato “Chiacchiere sul paesaggio” pubblicato da Comisso nella rivista «Bianco e nero», che rifletteva sulla necessità di «scoprire nel paesaggio l’intima relazione tra esso e gli uomini» perché il primo «ha influenza nella modellazione del corpo, nell’apertura e illuminazione dello sguardo e attraverso questo crea nell’uomo il pensiero». È quella visione olistica o, se vogliamo, di William Morris e Hermann Hesse oggi riscoperta nella declinazione anglofona di «green» o nel termine caro all’industria di «sostenibilità», per scivolare nel «chilometro zero», controllo climatico, ZTL, materiali biocompatibili e, forse un giorno, all’abbandono dell’angolo retto.
Pierluigi Panza

sabato 26 Marzo 2022 – venerdì 29 Aprile 2022
I paesaggi di Comisso – Mostra dei finalisti
PALAZZO GIACOMELLI
Piazza Giuseppe Garibaldi, 13, 31100 Treviso
palazzogiacomelli.it

L’esposizione è accessibile anche in modalità virtuale

In esposizione opere di Arnaldo Agugiaro, Massimo Alfano, Isabella Balena, Domenico Barra con Guido Molea; Enrico Bedolo, Alessandro Brasile, Nicola Buonuomo, Andrea Comiolo, Giammario Corsi, Maria Luisa Cortesi, Andrea Lazzari e Hossep Baboyan; Allegra Martin, Roberto Mirulla, Luca Radatti, Pierantonio Tanzola, Jacopo Valentini

Mostra promossa dall’Associazione Amici di Comisso in collaborazione con Assindustria Venetocentro, nell’ambito delle iniziative per la Capitale italiana della cultura d’impresa 2022

Pubblicato il 12 Aprile 2022 su Corriere del Veneto – Treviso e Belluno
© Corriere del Veneto – Riproduzione Riservata

Immagine in evidenza: © Luca Radatti – Pilastri, 2021

Screenshot della mostra virtuale interattiva su concorso.premiocomisso.it