“Brodwolf scopre un giorno che i tubetti di colore spremuti a metà assomigliano proprio a figure umane; che il coperchio di vite può significare la testa, il filetto il collo, il tubetto stesso con la tonda irrigidità “spalla” il corpo senza braccia e gambe.
Indubbiamente, un’associazione di forma, ma un’immersione in cui riflette anche una relazione atavica delle cose.
Dunque, a datare dalla preistoria, l’uomo ha visto come inizio della sua attività qualche cosa nelle forme espressive improntata dalla natura stessa; divinità, forze misteriose della natura, buoni e cattivi spiriti punto di partenza di tutti gli usi dei popoli primitivi ed i loro feticismi.
La figura del tubetto trovato per caso divenne per Brodwolf la sua propria figura d’arte, la cui forza risiede nel rappresentare in modo stilizzato o astratto la figura umana e che d’altra parte subisse sempre la deformazione”.
(traduzione d’un estratto dì testo originale di Willy Rotzier)
“Negli ultimi anni, Brodwolf ha superato le sue figure di tubetti e di piombo ed ha inventato le sue figure di tela con prove sgombrate.
Ci sono delle congiunzioni che variano in tecnica e tipo le cosiddette figure di tela messe intorno ripetutamente.
C’è la figura di tela con rilievo di tinta e con un’immersione di tinta, come una figura di tela carbonizzata che in parte è bruciata per documentare distruzioni della materia reale fino alla sua cenere.
Più di prima, i frammenti di figure indicano una dimensione specifica dell’esistenza d’oggi.
In questi contorni e panni appesi che nella tecnica di congiunzione dai più vari materiali riuniscono il disegno ed il rilievo, non è attivo come restauratore dei quadri scomparsi da molto tempo o come archeologo.
Piuttosto, cerca di far presente situazioni figurate in cui il processo del guasto e della rovina è terminato – indicazione alla disunione e caducità di tutto ciò che vive.
D’altra parte però, questi frammenti sottili personificano e documentano la nostalgia per la conservazione, anzi una salvezza dell’esistenza umana.
Non c’è solo un’archeologia artificiale verso il passato, ma nello stesso tempo un’archeologia dell’avvenire.
Perciò, si capisce perché proprio le figure di tela di Brodwolf possano evocare delle associazioni alla tradizione dei quadri cristiani come le figure di Oskar Schlemmer.
Riassumendo si potrebbe dire: il superamento creativo e l’interpretazione dell’ambivalenza psicologica nei residui delle figure ha raggiunto un alto grado d’indipendenza personale e può essere considerato come un contributo importante all’avvenimento dell’arte d’oggi.
È un contributo che mira al nocciolo, alle cose umane”.
(traduzione d’un estratto di testo originale di Siegfried Salzrnann)
Tratto dal Catalogo: “Jurgen Brodwolf”
Edizioni Galleria del Naviglio – Milano
Direttore Renato Cardazzo
Catalogo stampato in occasione della 663a Mostra del Naviglio
Maggio 1976