Gender Fluid

“Le mie opere, Custodi di Fuoco”. Intervista a Matteo Pugliese

di Teresa Lanna.

"Le mie opere, Custodi di Fuoco". Intervista a Matteo Pugliese

“Quando sentirai che afferra le tue dita / La riconoscerai la forza della vita“, recita uno stralcio di una canzone di Paolo Vallesi, ‘La forza della vita’, del 1992. Sembrano quasi evocarne il testo gli ‘Extra Moenia’ dell’artista Matteo Pugliese, tormentati corpi che emergono dirompenti dalle pareti dello spazio espositivo e che, assieme ad altre opere, saranno protagoniste di ‘Custodi di fuoco’, prima personale napoletana in galleria dello scultore di origini sarde, che vedrà una serie di opere scultoree appartenenti ai tre cicli figurativi che determinano la produzione dell’artista: oltre agli ‘Extra Moenia’, i ‘Custodi’, vivaci samurai in terracotta e bronzo, ed inoltre i preziosi ‘Scarabei’.

L’elemento che unisce i lavori esposti è il fuoco, da sempre simbolo del cuore pulsante della città partenopea e fulcro dei lavori di Pugliese, il quale, modellando con forza forme di argilla, esprime la sua voglia di rompere gli schemi ed i luoghi comuni e mettersi in discussione. Per sottolineare lo stretto legame tra il fuoco e le sue ceneri, l’artista ha voluto dare agli ‘Extra Moenia’ inedite patine di colore, virando dal rosso fuoco al nero assoluto del bruciato della lava.

Matteo Pugliese, nato a Milano e cresciuto in Sardegna, sin da bambino si appassiona alla modellazione grazie anche all’influenza di Pinuccio Sciola, amico di famiglia e scultore celebre per le sue pietre sonore. Dopo un primo periodo di sperimentazione in cui realizza per lo più figure di animali, si dedica successivamente a personaggi tratti dai fumetti di Hugo Pratt e Andrea Pazienza. Nel 1995 si laurea in Lettere Moderne, a Milano, con una tesi in critica d’arte, ma già dal 1988 realizza i primi soggetti della serie ‘Extra Moenia’; la sua prima esposizione, autofinanziata, nel 2001 è l’inizio di una carriera che nei successivi vent’anni si consolida con oltre trenta mostre personali in Italia e all’estero.
Teresa Lanna

L’Intervista

L’esposizione partenopea, presso la galleria “Al Blu di Prussia”, è stata l’occasione per porre all’artista alcune domande sul suo lungo percorso professionale.

[Teresa Lanna]: Lei ha origini sarde e vive a Milano; come nasce l’incontro con Napoli e con la Galleria Al Blu di Prussia?

[Matteo Pugliese]: «Ho vissuto in Sardegna 12 anni, ma sono nato a Milano da padre calabrese e madre veneta. L’incontro con Mario è stato possibile grazie all’artista e caro amico Alessandro Busci, che collabora con Mario Pellegrino già da molti anni.
L’incontro con Napoli è in fase di svolgimento; mi rendo conto di due cose: che la conosco molto poco e che è difficilissimo parlare di Napoli senza cadere nei cliché.
Questa mostra è stata concepita più di due anni fa, congelata per tutto questo tempo per i motivi che ben conosciamo».

Custodi di fuoco”: come ha concepito il titolo dell’esposizione?

«Le sculture in bronzo, prima di avere l’aspetto finale, erano allo stato liquido; un fiume di lava di temperatura superiore ai 1.000 gradi.
Intorno ai 1000 gradi è anche la temperatura del forno che cuoce le sculture in terracotta. Il richiamo al fuoco del titolo non ha solo un intento evocativo; il fuoco è davvero l’elemento generatore di questi lavori.
Con la curatrice della mostra, Maria Savarese, questo ci è sembrato il fil rouge perfetto per una mostra all’ombra del Vesuvio.
Per questo motivo, per la prima volta, ho personalizzato le patine delle sculture degli ‘Extra Moenia’. Mi sono ispirato ai colori del vulcano. Per una scultura ho creato una patina cinerea utilizzando del nitrato d’argento, per un’altra un nero bruciato con l’impiego di solfuro, fino ad arrivare al rosso vivo e fiammante delle ceramiche dei Custodi samurai impiegando degli smalti al selenio.
Anche alcuni scarabei sono stati creati ad hoc per questa mostra: c’è uno scarabeo tutto nero che custodisce una ginestra, unico arbusto che cresce sui terreni inospitali del vulcano. È un simbolo di lotta e rinascita, come ben ricorda Leopardi nella lirica omonima.

Qui sull’arida schiena
del formidabil monte
sterminator Vesevo,
la qual null’altro allegra arbor né fiore,
tuoi cespi solitari intorno spargi,
odorata ginestra,contenta dei deserti».

Giacomo Leopardi

Nei suoi ‘Extra Moenia’ si percepisce la necessità, da parte dell’uomo, di aggrapparsi a delle certezze. Secondo lei, nel caos e nella confusione dei nostri tempi, quali sono i punti fermi che danno una certa speranza nel futuro?

«Più che aggrapparsi alle certezze, preferisco pensare che sia necessario andare avanti nonostante i dubbi. L’unica certezza assoluta che ho è riassunta dal celebre aforisma di Eraclito: Tutto Cambia. πάντα ῥεῖ» .

Secondo lei, quali sono, invece, le false certezze di oggi?

«Viviamo immersi nelle false certezze e ne abbiamo avuto una prova estremamente chiara in questi ultimi anni. Pandemia e una guerra totalmente inaspettata stanno minando quello che sembrava essere un modello di vita consolidato e inalterabile. Molte delle nostre certezze come civiltà si sono dissolte in poco tempo».

Quanto conta il lato spirituale per un artista?

«Un’opera è il riflesso spirituale di un’artista, a prescindere che l’artista ne sia consapevole. Purtroppo, la nostra società vive ancora come un tabù il parlare di sentimenti, emozioni, spiritualità e mondo interiore e si concentra su forma esteriore e materialità. Mettersi a nudo è considerato un segno di debolezza anziché di forza e passiamo la vita ad indossare maschere per non mostrare quel che viviamo dentro fino a che anche noi stessi non ci riconosciamo più, non sappiamo più chi siamo.
Ecco; credo che l’arte sia l’unica attività accettata e rispettata nel mondo occidentale che attinge e parla di questi argomenti considerati – con una visione decisamente miope – “scomodi”.
Ho fatto diversi percorsi personali alla ricerca di una connessione con la mia spiritualità, col mio mondo interiore. Quello che ho constatato è che la stragrande maggioranza dei partecipanti a questi percorsi è sempre composta da donne. I maschi sono sempre una esigua minoranza, hanno molta più difficoltà a mettersi in discussione, a deporre armi e maschere e questo credo sia dovuto anche al ruolo suggerito/imposto loro dalla società».

Se dovesse scegliere un’opera che la rappresenta, in particolare, tra quelle esposte a Napoli, quale privilegerebbe?

«Credo che la rappresentazione di un artista sia data spesso dalla somma dei suoi lavori. Le tre serie: Extra Moenia, Custodi e Scarabei indagano diversi aspetti del mio carattere o diverse fasi della mia vita, pur con pesi diversi; è la somma delle parti che mi rappresenta. Ma, dovendo rispondere con un titolo alla sua domanda, credo che ‘L’infinito’ mi rappresenti molto bene, specialmente di questi tempi, perché conserva una sua ambiguità di fondo. È un torace con braccia aperte e la testa parzialmente inghiottita nella parete.
Può sembrare uno spirito vittorioso che si lascia baciare dalla luce cui è appena approdato dopo immani fatiche. Ma può benissimo essere un naufrago stremato colto negli attimi prima di essere completamente risucchiato dai flutti. Mi riconosco in entrambe le letture».

Visitando Napoli, quale monumento, prodotto, aspetto, l’ha colpita di più e perché?

«Come scultore il primo luogo che mi viene in mente è certamente la Cappella San Severo, dove ho più volte ammirato il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, ma anche ‘il Disinganno’, la scultura di Queirolo in cui l’uomo cerca di liberarsi da una rete interamente scolpita in marmo. Non basta tirare in ballo il talento e la perizia tecnica per spiegare queste opere; qui siamo nel territorio della magia.
Altro luogo che mi ha molto affascinato è l’ipogeo della Chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco dove si celebrava il culto delle anime pezzentelle».

Infine, volevo chiederle quale, fra i vari complimenti per le sue opere, le è rimasto più impresso nel corso della sua carriera.

«Una premessa ricorrente e che trovo bellissima è la frase “Io non capisco niente di arte MA i suoi lavori ecc ecc” (segue qualche complimento). Questa premessa, quasi una giustificazione, mi piace perché sottintende che c’è stato un dialogo emotivo e spontaneo tra l’osservatore e i miei lavori. Non è un complimento suggerito da qualcosa che l’osservatore ha letto o sentito, ma da una emozione reale che ha provato osservando l’opera. Ecco, sapere che si è stabilito questo dialogo, che sono sorte determinate emozioni, è il complimento più gratificante»

fino a venerdì 30 Settembre 2022
Matteo Pugliese. Custodi di fuoco
AL BLU DI PRUSSIA
Via Gaetano Filangeri, 42, 80132 Napoli
081 409446; albludiprussia.com