Altre Ecologie - Quando l'Arte protegge il Pianeta

Lee Miller, storia d’amore e d’anarchia

di Ginevra Amadio.

"Lee Miller, storia d’amore e d'anarchia" - di Ginevra Amadio

È stata tante cose Lee Miller. Modella dalla bellezza androgina salvata da Condé Nast prima che un’auto la travolgesse; fotografa in equilibrio tra avanguardia, rotocalchi e guerra; amante e ‘musa’ di Man Ray; icona totale (celebre lo scatto di David Sherman che la ritrae nella vasca di Hitler) o frammentata (suo l’occhio sul metronomo, il collo, le labbra catturate da Ray). E ancora attrice (la statua che prende vita in Le sang d’un poète di Jean Cocteau, 1930), fotogiornalista accreditata dall’esercito degli Stati Uniti tra il 1939 e il 1945.

Ma più di ogni altra cosa Miller è stata una donna nomade, uno di quegli spiriti ribelli capaci di rompere le convenzioni, di gravitare attorno al Surrealismo con l’attitudine della strega, con l’istinto delineato da Jules Michelet e nutrito di lucida follia, di sublime solitudine.

Uno spirito libero, il suo, contrario alle imposizioni come quello di Leonora Carrington, altra madre dell’Avanguardia schiacciata sulla relazione con il geniale Max Ernst. Figlie ‘deviate’, indomite, espulse dagli istituti scolastici e mandate a studiare all’estero, con Parigi come luogo di transito e ri-appropriazione nell’atmosfera vibrante degli anni Trenta, terribili e fertili come non sarà più. È qui che si elabora l’automatismo psichico, qui che Breton teorizza la preminenza dei desideri, degli istinti non addomesticati.

Mostra Lee Miller Man Ray fashion, love, war Palazzo Franchetti, Venezia, © Vincenzo Bruno

In questo clima sospeso fra sonno e veglia, in quello che appare quasi uno stato prenatale sciolto da convenzioni, tabù, pretesti, Lee Miller compie il suo apprendistato artistico lasciandosi avviluppare dal caos, inanellando alchimie visive per trovare nuove espressioni e nuove forme, come la solarizzazione scoperta fortuitamente in camera oscura, accendendo la luce al passaggio di un topo.

In questa prospettiva, la mostra “Lee Miller – Man Ray. Fashion, Love, War” a cura di Victoria Noel-Johnson (5 Novembre 2022 – 10 Aprile 2023, Palazzo Franchetti, Venezia) si pone come osservatorio privilegiato sull’esistenza dell’artista, dominata da un istinto vorace di compenetrazione con l’ambiente e quella comunità di intellettuali. L’esposizione applica un metodo cronologico-comparativo che consente di delineare l’operare artistico di Miller, denso di rimandi a soggetti e oggetti utilizzati anche da Man Ray (la protezione a rete degli schermidori, i ritratti e autoritratti ‘a specchio’ con sottili variazioni) calati in un’atmosfera che tenta di ricostruire quel particolare clima tra le due guerre, come se tutto dovesse convergere sul finale, sui reportage dalla Londra bombardata, sull’assedio di Saint-Malo con il napalm, sulla liberazione dei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau.

Quello che va definendosi, tuttavia, è soprattutto il romanzo di formazione di una donna indomabile, Venere di Milo per Jean Cocteau – omaggiata da Bertolucci in The Dreamers (2003) – , fotografa che amava farsi fotografare, sperimentatrice di generi, corpo e occhio a disposizione del ‘processo alchemico’ teorizzato nel secondo manifesto surrealista, dove l’occultamento profondo – del reale, delle parole, di ciò che è razionalmente percepibile – diviene porta d’accesso alla conoscenza, all’affermazione di sé come capacità di esprimere il proprio potenziale fuori da schemi predeterminati, anche giocando con l’ironia, con i riferimenti della cultura di massa, viaggiando in luoghi esotici di cui riesce a cogliere i relitti, le scorie, le ombre del passaggio umano.

Mostra Lee Miller Man Ray fashion, love, war Palazzo Franchetti, Venezia, © Vincenzo Bruno

Così, anche nei lavori più patinati scorre una vena sovversiva, felicemente perturbante, come dimostra la foto della mano che esplode (Parigi, 1931), giocata sull’effetto ottico dei graffi lasciati dagli anelli sulla vetrina di una profumeria. Persino gli scatti per Vogue UK (quasi un ritorno alle origini rovesciato di prospettiva: da modella a fotografa) svelano un desiderio di rottura che lavora sul già noto, sul sabotaggio dei moduli legati alla moda, al cinema, alle rappresentazioni canoniche. Basti un solo esempio, il più noto: Corsetry, Solarized Photographs (1942), la summa dell’essenza milleriana, in grado di unire divismo e avanguardia, glamour e sperimentazione.

Anche il soggiorno in Egitto con il marito Aziz Eloui si configura come un viaggio al termine dell’onirico, un impasto di dettagli minimi, scollegati, di suggestioni che ispirano letture, aperture di sguardi. Lo testimonia il celebre Portrait of Space, vicino a Siwa, Egitto (1937) con la tenda strappata verso il mare, laddove l’acqua è metafora del materno, un liquido amniotico che ricorda la vita prenatale, quel tempo sospeso che è libertà inconsapevole: un senso profondo di infinito.

Mostra Lee Miller Man Ray fashion, love, war Palazzo Franchetti, Venezia, © Vincenzo Bruno

Per questa ragione, la sua discesa agli inferi del Reich sarà un’esperienza devastante, un orrore a cui dare occhi a costo di portarne le tracce dentro l’anima, le lacerazioni nella psiche. Calandosi nel ventre di un’umanità atterrita, disgregata, Lee Miller coglie l’ombra dell’inferno restituendola attraverso immagini-simbolo come la Remington smembrata, i guanti di gomma appesi da un’infermiera dell’esercito, un materasso trascinato da due suore e da un medico militare.

«A ben riflettere, mi rendo conto che l’unica formazione rilevante per un corrispondente di guerra è essere prima un surrealista, poiché per un surrealista nulla è troppo insolito», così scriveva Anthony, il figlio che Lee ebbe dal critico d’arte Roland Penrose. Ma qui bisogna evitare ogni fraintendimento, perché per Miller la macchina fotografica è stata necessità e passione, complemento e strumento d’azione. Nessun vezzo, mai uno scatto che non fosse indagine.
Ginevra Amadio

Immagini in copertina:
George Hoyningen-Huene – Lee Miller and Agneta Fisher, Vogue, 1932 © George Hoyningen-Huene Estate Archives
Immagini in evidenza
Man Ray Lee Miller 1930 circa © Man Ray 2015 Trust / ADAGP – SIAE – 2022 ; images : Telimage, Paris

Antony Penrose figlio di Lee Miller e Victoria Noel-Johnson curatrice mostra Lee Miller Man Ray fashion,
love, war © Vincenzo Bruno