di Teresa Lanna.
«Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare: tre concetti che riassumono l’arte della fotografia». Lui, senz’altro, è riuscito a veicolarli tutti in maniera magistrale, attraverso il suo lavoro.
Parliamo di Helmut Newton (all’anagrafe, Helmut Neustädter, ndr.), uno degli artisti più discussi e controversi del panorama fotografico mondiale.
Fotografo tedesco, naturalizzato australiano (Berlino 1920 – Los Angeles 2004), fu apprezzato, sin dagli esordi, per l’originalità e l’audacia del suo linguaggio fotografico, che mescolava eleganza, erotismo e moda. Come ogni grande artista che si rispetti, però, non era ben visto da tutti; in modo particolare, da quelli che lo accusavano di razzismo e misoginia. Tuttavia, il suo spiccato senso dell’umorismo lo aiutò a sdrammatizzare anche le critiche: «Amano odiarmi, ma a me non importa. Anch’io mi amo».
Più volte interpellato in merito alla sua presunta denigrazione del genere femminile, Newton ha sempre affermato di sostenere la rivendicazione dei diritti delle donne e di essere assolutamente contrario a tutte le disparità di genere. Lo dimostrano molti dei suoi ritratti, nei quali le donne sono assolute protagoniste della scena e molto spesso immortalate in una posizione di comando.
Di famiglia ebraica, Newton si avvicina sin da subito al mondo della fotografia; forse già dall’età di otto anni, quando accompagna il fratello maggiore in un quartiere a luci rosse. Qui incontra Red Erna, una delle prostitute più gettonate della Berlino della fine degli anni venti che, di solito, lavorava munita di frusta, indossando stivali di pelle nera alti ben sopra il ginocchio. L’incontro si rivelò abbagliante come un flash fotografico, tanto da influenzare lo stile di gran parte dei suoi scatti successivi.
Il primo approccio vero e proprio con la fotografia avviene, però, a dodici anni; quando, cioè, con i propri risparmi, acquista la sua prima macchina fotografica, una Brox Brownie, con la quale inizia a girare a piedi, per strada, a Berlino, soprattutto di notte. Nel 1936 inizia a lavorare nel settore diventando l’assistente della fotografa di moda Else Ernestine Neuländer-Simon, meglio conosciuta come Yva. Per Newton, i due anni trascorsi con Yva si rivelarono importantissimi, sia dal punto di vista tecnico che da quello creativo. Negli scatti di Yva, infatti, la donna, per la prima volta, diventa protagonista assoluta della scena, in un’atmosfera da sogno che mescola insieme fascino, eleganza e sensualità.
Le leggi razziali del 1938 mettono, purtroppo, fine alla collaborazione tra i due. Helmut è quindi costretto a fuggire; lascia, così, la Germania, imbarcandosi, da Trieste, su una nave diretta in Cina. Rifugiatosi inizialmente a Singapore, si stabilisce, poi, in Australia e, dalla metà degli anni Quaranta, comincia a lavorare a Melbourne come fotografo freelance.
In seguito, attivo prima a Londra, poi a Parigi, collabora con i più celebri periodici di moda (Jardin des Modes, Elle, Vanity Fair, Marie Claire e Vogue). Le sue immagini audaci ed innovative catalizzano l’attenzione dell’industria e, nel corso degli anni ‘60 e ‘70, Newton diviene uno dei fotografi di moda più richiesti al mondo.
Uno dei tratti salienti del suo lavoro è la commistione di eleganza e sensualità, attraverso immagini spesso sorprendenti e provocatorie, che ponevano diversi interrogativi circa il rapporto esistente tra potere e sessualità.
Le donne al centro delle sue foto, fredde e dominanti, sembrano avere il controllo della scena; gli uomini, al contrario, appaiono spesso in una posizione subordinata. Questo “scambio” di ruoli di genere ha, ovviamente, generato dibattiti e discussioni, tutt’oggi ancora aperti. Il lavoro di Newton spazia da ritratti di celebrità e icone di Hollywood ad immagini audaci e provocatorie di nudo.
Negli anni Settanta Newton rielabora, negli scatti di moda e nei ritratti, la compostezza formale della fotografia tradizionale, inserendovi una prorompente carica erotica e le sue ossessioni.
Tra i suoi numerosi libri, si segnalano: Sleepless night (1976); World without men (1984); Portraits (1987); Immorale (1993) e Sumo (1999), raccolta di immagini di grande formato, riedita nel 2009 in versione ridotta.
Le fotografie di Newton sono state esposte all’interno di mostre in tutto il mondo e hanno ispirato migliaia di fotografi sparsi per il pianeta. La sua eredità artistica è stata celebrata anche con una fondazione a suo nome, la Helmut Newton Foundation, che ha come scopo quello di promuovere la sua opera e la fotografia in generale.
Tra le esposizioni a lui dedicate nel corso degli anni, si annoverano: una retrospettiva al Musée d’art moderne de la Ville de Paris (1984); Archives de nuit, Villa Medici a Roma (1993); Helmut Newton: works, Neue Nationalgalerie, Berlino (2001). Nel 2009, la Fondazione Helmut Newton ha allestito, a Berlino, la mostra Helmut Newton: Sumo; tra le esposizioni successive vi sono quelle presso il Museum of fine arts di Houston (2011), che gli ha dedicato una personale che documenta a trecentosessanta gradi il rigore estetico del fotografo, spesso intriso di una sottile ironia; presso il Gran Palais di Parigi (2012), che ha esposto una serie di lavori, conservati presso la Helmut Newton Foundation, che ne illustrano la libertà espressiva e la complessità artistica; e presso il Palazzo delle esposizioni a Roma, dove, nel 2013, la mostra White women, sleepless nights, big nudes ha consentito al pubblico di ammirare oltre duecento foto dell’artista tedesco. Il Museo dell’Ara Pacis di Roma, nel 2023, ospita l’ampia retrospettiva Helmut Newton. Legacy con circa 250 fotografie.
Newton ha scattato fotografie per importanti case di moda, come Vogue e Playboy, così come per clienti privati. La sua esperienza nel mondo della moda lo ha portato alla creazione di immagini completamente stilizzate, con un’attenzione sia all’estetica dell’abbigliamento che del corpo umano. Ha lavorato con molti nomi celebri, come Grace Jones, Catherine Deneuve e Charlotte Rampling, immortalando i loro tratti caratteriali espressivi e temerari. Protagoniste dei suoi scatti sono modelle alte, imponenti, sensuali e, allo stesso tempo, fredde; personaggi imperturbabili di storie ambientate in eleganti ambienti dell’alta borghesia.
In Big Nudes, del 1981, compaiono le sue gigantografie di nudi a figura intera, ripresi in studio con una macchina di medio formato. L’ispirazione, come lui dirà, nacque dall’osservazione dei manifesti della polizia tedesca per cercare i membri dell’organizzazione terroristica RAF.
Il suo stile fotografico, definito “newtoniano”, è caratterizzato da una tecnica fondata su un accurato utilizzo della luce, inquadrature strutturate e, sovente, una prospettiva insolita. La sua capacità di creare composizioni dinamiche, unita all’attenzione per i dettagli, hanno contribuito a rendere i suoi scatti indelebili e le pagine delle sue riviste tappe fondamentali per avvicinarsi, con occhi rispettosi ed attenti, alla comprensione dell’essenza della bellezza femminile.
Nonostante fosse noto soprattutto per le sue immagini provocatorie, Newton ha anche dimostrato di avere una sensibilità più intima e poetica. Le sue fotografie in bianco e nero di nudi e paesaggi erano spesso, infatti, più introspettive e malinconiche rispetto al suo consueto stile audace. Questo testimonia una completa padronanza dell’arte fotografica e la capacità di adattarsi alle diverse esigenze dei soggetti immortalati.
Helmut Newton è stato un’ispirazione per molti fotografi successivi e il suo lavoro è ammirato e discusso ancora oggi. Le sue immagini continuano a sfidare le convenzioni della fotografia di moda e a provocare reazioni contrastanti. Il suo contributo nel mondo dell’arte ha lasciato, senza alcun dubbio, un’eco profonda e il suo stile inconfondibile continuerà ad ispirare i fotografi dell’avvenire. Così come le sue fotografie, che rimarranno sempre un testamento della sua genialità e della sua capacità di catturare la bellezza ed il potere.
«La fotografia erotica è una forma d’arte. Attraverso di essa, posso esplorare la bellezza del corpo umano e il suo potere di seduzione». Newton dichiara esplicitamente di non essere attratto dall’interiorità dei personaggi fotografati, ma dalla loro esteriorità, dal corpo, dall’espressione del viso e dal rapporto con lo spazio nel quale si muovono. La macchina fotografica rappresenta, per l’autore, un mezzo attraverso il quale esprimere la sua idea di mondo. Un universo che, pur se influenzato dal cinema, dalla pittura e dalla letteratura, parte dalla realtà per poi concentrarsi in immagini studiate fin nei minimi dettagli, senza lasciare nulla al caso ed all’improvvisazione: «Investo molto tempo nella preparazione. Penso a lungo a ciò che voglio realizzare. Ho libri e piccoli quaderni in cui scrivo tutto prima di una seduta fotografica. Altrimenti dimenticherei le mie idee».
Anche nell’ultimo giorno di vita, Helmut Newton farà parlare di sé; questa volta in modo inconsapevole, dopo esser stato vittima di uno schianto fatale, su un muro di contenimento del Sunset Boulevard di Los Angeles. Si trovava a bordo della sua Cadillac; era il 23 gennaio del 2004.
«Il mio scopo come fotografo è creare immagini che rimangano impresse nella mente delle persone. Voglio che le mie fotografie siano iconiche e indimenticabili».
Non c’è data, neanche quella della sua tragica morte, che possa porre fine all’eredità artistica lasciata da Newton. Osservando i suoi scatti, l’essere umano si sente a proprio agio nel suo spazio, qualunque esso sia, e ogni donna ritrova la sua anima, in un’apparente freddezza di corpi ed immagini.
Teresa Lanna.
Immagine in evidenza: Helmut Newton – Amica. Milano, 1982 © Helmut Newton Foundation
Tutte le immagini: © Helmut Newton Foundation. Courtesy Museo dell’Ara Pacis di Roma dalla mostra “Helmut Newton. Legacy” curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia di Venezia