Questa mostra ci propone due personalità che non si collocano, ne si vogliono collocare, in una dimensione aulica dell’arte, ma si situano nel campo delle cosiddette “arti applicate”; in particolare Gigi Sabadin è insieme industriai designer e artigiano, mentre Enrico Stropparo è ceramista e sperimentatore, produttore di oggetti d’uso e di “ceramiche artistiche”.
Al di là di ogni approccio estetico ai loro oggetti e alla qualità artistica che pur posseggono in modo notevolissimo, al di là dell’apparente eterogeneità fra le rispettive produzioni, essi vogliono indicare una maniera comune di intendere non tanto l’arte o l’artigianato, che per altro sembrano espressioni ambigue, ma la progettazione di un oggetto, le sue modalità e il suo senso.
Più in profondità la loro prospettiva vuoi farci riflettere sulla necessità sempre più viva di rifiutare ogni facile edonismo e ogni gratuita concessione alla moda e al mercato per proporre oggetti “veri”, pieni di significato e di sostanza progettuale e non solo appetibili ma vacui, sorprendenti ma senza intima consistenza.
È proprio a questo nucleo essenziale di problemi che si riferisce il titolo della rassegna, ‘L’essere dell’apparenza”.
Questi due termini, cosi pieni di fascino e spessore filosofico, alludono a categorie che possono ben definire lo statuto della progettazione di un oggetto, di ogni progettazione in generale.
In essa infatti la cura della sola apparenza, della sola forma, conduce inevitabilmente allo styling e al kitsch che per natura sono connessi, ma anche alla pratica di una particolare concezione “politica” della società e della produzione.
Una progettazione autentica dovrebbe occuparsi contestualmente del cuore dell’oggetto, della sua funzionalità, del suo significato e del suo essere insomma, privilegiando il suo valore d’uso, nel senso più ampio, anche estetico del termine, e non il suo valore di scambio.
In definitiva questa mostra ci vuoi parlare di un’attività che, al di là di ogni facile discorso, di ogni escamotage, si situa nel solco di una rigorosa mentalità progettuale, di un’elastica ed aggiornata modernità; quel che Sabadin e Stropparo ci invitano a fare è riflettere senza pregiudizi su un’eredità che non può essere negata.
Il loro lavoro va visto all’interno del Movimento moderno, come un momento attuale di quel processo che parte dalle Arts and Crafts e attraverso il Deutscher Werkbund e la Bauhaus arriva all’esperienza della scuola di Ulm, all’approfondimento della metodologia della progettazione e alla contraddittoria situazione contemporanea.
In questo ambito il senso della loro operatività è quello di una concezione “laica” ed “integrale” dell’arte, che si rifiuta di considerarla fine a se stessa, confinata in un limbo intellettuale accessibile a pochi.
L’opera, qualsiasi opera, non può non porsi ad un altissimo livello di qualificazione che come uno strumento utile, accrescendo il significato dell’utilità ben oltre il fatto strumentale per cui essa serve a qualcosa, e valorizzata nella dimensione sociale della sua origine e della sua destinazione.
Aldi là di ogni distinzione fra arti maggiori e arti minori, al di là di ogni dicotomia e gerarchia fra momento dell'”ideazione”, dell'”ispirazione” e momento della produzione, del “mestiere”, l’unità dell’arte, la vera unità dell’arte è, nel senso in cui la definisce W.Morris, una dimora, un edificio pubblico, ben costruito, adatto ai suoi fini ed arredato in modo appropriato, costruito per durare e debitamente ornato per esprimere la vita e le aspirazioni dei cittadini, frutto del lavoro di uomini ragionevoli e risoluti, dello sforzo comune di un popolo libero.
Questa concezione dell’unità dell’arte e dell’integrazione in essa fra momento teoretico e momento pratico si lega strettamente alla riproposizione dell’attualità dei valori originali del programma moderno contro la negazione che in tutti i campi, da quello filosofico a quello sociale, da quello produttivo a quello artistico ed architettonico, tenta di rappresentare ciò che in questi anni viene indicato con la formula di “Postmoderno”.
Tiziano Santi
Tratto dal Catalogo:: “L’essere dell’apparenza. Gigi Sabadin, Enrico Stropparo – Materia e figurazione 4”
testi di Tiziano Santi
17 ottobre – 1 novembre 1987
Castello Inferiore, Marostica (Vicenza)