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Oliviero Toscani, il fotografo della “razza umana”, racconta la sua carriera attraverso una selezione di scatti

di Teresa Lanna.

Oliviero Toscani, il fotografo della "razza umana", racconta la sua carriera attraverso una selezione di scatti

Ottant’anni compiuti da poche settimane e l’entusiasmo di un ragazzo sempre più desideroso di esprimersi attraverso la fotografia; regalando bellezza, ma anche facendo riflettere, mostrando la realtà nuda e cruda. Senza i filtri del mezzo; neanche quelli del pensiero.
Lui è Oliviero Toscani; figlio del primo fotoreporter del Corriere Della Sera, è nato a Milano nel 1942 e ha studiato fotografia e grafica all’Università delle Arti di Zurigo dal 1961 al 1965.

Conosciuto come la forza creativa alle spalle dei più famosi giornali e marchi del mondo, creatore di immagini corporate e campagne pubblicitarie per Esprit, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci, Prenatal, Jesus, Inter, Snai, Toyota, Ministero del Lavoro, della Salute, Artemide, Woolworth e altri.
Tra gli ultimi progetti: la collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Salute, con la Regione Calabria, con la Fondazione Umberto Veronesi, e alcune campagne di interesse e impegno sociale dedicate alla sicurezza stradale, all’anoressia, alla violenza contro le donne, e contro il randagismo.
Come fotografo di moda ha collaborato e collabora tuttora per giornali come Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern, Liberation e molti altri nelle edizioni di tutto il mondo. Dal 1982 al 2000, ha creato l’immagine, l’identità, la strategia di comunicazione e la presenza online di United Colors of Benetton, trasformandolo in uno dei marchi più conosciuti al mondo. Nel 1990 ha ideato e diretto Colors, il primo giornale globale al mondo, e nel 1993 ha concepito e diretto Fabrica, centro di ricerca di creatività nella comunicazione moderna.
Dal 1999 al 2000 è stato direttore creativo del mensile Talk Miramax a New York diretto da Tina Brown. È stato uno dei fondatori dell’Accademia di Architettura di Mendrisio; ha insegnato comunicazione visiva in svariate università.

Mai ripetersi; questo è per Oliviero Toscani l’imperativo categorico. Perché la creatività si esprime così, attraverso la propria personalità, senza la mediazione di altre figure.
Uno dei più importanti esponenti della Fotografia si racconta attraverso semplici battute; concise e dirette, come le sue immagini. A continuare la narrazione, infatti, saranno sempre le sue foto; soprattutto quelle migliaia di scatti fatti nelle piazze di tutto il mondo, a persone qualsiasi, d’ogni età, etnia, genere e condizione sociale, che rappresentano gli infiniti volti della “razza umana”, un progetto ancora in corso e sempre aperto ad accogliere l’altro, senza sapere chi sia e da dove provenga, ma lasciando che sia il suo volto ed il suo sguardo a narrare la propria storia personale.
E’ una selezione di oltre cento immagini ad illustrare la carriera di Oliviero Toscani, in una retrospettiva dal titolo “80 anni da situazionista”, fino al 4 settembre 2022, presso Palazzo Albergati, a Bologna. Da questa mostra nasce lo spunto per iniziare l’intervista ad Oliviero Toscani, al quale poniamo alcune domande.

Teresa Lanna

© Oliviero Toscani – La razza umana

L’intervista

[Teresa Lanna]: Lei si definisce un fotografo “situazionista”; nel senso che scatta nel momento stesso in cui si guarda intorno, senza programmare più di tanto ciò che andrà a fotografare?

[Oliviero Toscani]: Non mi interessa più questo tipo di fotografia. Ho iniziato così, ma poi ho capito che tutto questo era finito ed è esattamente ciò che, invece, fa ora la televisione. Io mi guardo in giro, rifletto e ricostruisco delle situazioni di critica a ciò che ho visto intorno, cioè alla realtà che mi circonda.

Con “La razza umana” lei ha ritratto migliaia di foto in giro per il mondo. Tutte quelle persone erano state informate del suo progetto oppure sono foto nate così, al momento?

Era tutta gente che passava per strada, per caso. Pura casualità; nessuna informazione. Io sono contrario a questo genere di organizzazione e programmazione.

C’è qualche reazione che ricorda con piacere, in seguito a questi scatti?

Tante; tantissime. Soprattutto da persone che non erano mai state fotografate e a cui nessuno aveva chiesto di essere immortalate per una foto. Gente che non pensava minimamente di poter essere oggetto d’attenzione di un fotografo; quelli, per me, sono i soggetti migliori, quelli più interessanti.

Come dev’essere un volto, secondo lei, per essere bello?

Qualsiasi volto è bello. Ciascun volto è unico e interessante. C’è il volto del cretino e il volto dell’intelligente, e tutti e due appartengono alla razza umana. C’è il volto dell’ebete, che magari ha anche studiato, ma si vede che rimarrà ebete anche con tre lauree, e c’è il volto di uno che, invece, non ha studiato ma si percepisce subito che è super intelligente.

Lei, nel corso di varie interviste, ha dichiarato di essere assolutamente contrario a figure come quella dell’Art Director, del Project Manager, etc., perché tendono a gestire la creatività altrui, che invece dovrebbe rimanere libera e spontanea; come quella del fotografo.

Sì, perché l’artista deve saper fare; queste figure, invece, non sanno fare. Come fai a dirigere la creatività? Fai fatica anche a farla da solo! Mi fa ridere anche già il pensare alla denominazione “direttore creativo”; è ridicola!

Oliviero Toscani – Elle, 2005. © olivierotoscani

Cosa consiglia ad un giovane che si avvicina a questo mondo, per svincolarsi da qualsiasi tentativo altrui di dirigere la propria creatività, quindi per rimanere libero ed indipendente?

Bisogna saper gestire la propria creatività; ecco, solo questo. Capire il proprio talento, valutare quanto se ne ha; il discorso è tutto lì, ed è una ricerca che dura tutta la vita.

Lei è solito iniziare i suoi workshop con l’autoritratto; come mai questa scelta?

Semplicemente per studiarsi, per capire chi si è. Perché, in verità, abbiamo paura di conoscerci; quindi bisogna avere il coraggio di sapere chi siamo, o meglio, di cercare di sapere chi siamo. Serve per fare un’analisi, per trovare un punto di riferimento. Non si fa l’autoritratto per far vedere agli altri quello che si è; no. L’autoritratto è molto personale e deve rimanere tale; una cosa molto intima.

Di recente è uscita la sua autobiografia, dal titolo “Ne ho fatte di tutti i colori”. C’è un colore, tra i tanti, che metterebbe in tutte le foto?

Non vi sono colori che metterei in tutte le foto; non esiste una regola, ogni foto ha i propri e solo quelli.

Tra i tanti personaggi famosi che le è capitato di fotografare, vuole citare qualche complimento che l’ha particolarmente colpita, in seguito ad un ritratto che ha realizzato?

Quando mi dicono che riesco a fotografare lo sguardo, la loro interiorità. Questo, forse, è un complimento.

Com’è cambiato, secondo lei, il mezzo fotografico, da quando ha iniziato a scattare?

Beh, il mezzo è diventato incredibilmente sofisticato e facilissimo. Ora tutti sanno fotografare, così come tutti sanno scrivere. Una volta, non tutti sapevano scrivere o fotografare. Quindi fotografare non è un mestiere, in realtà. Non è che siccome uno sa fotografare è un fotografo; no. Anche il macellaio sa scrivere, ma non è uno scrittore. Quindi fotografare credo sia un’attività che dovrebbero saper fare tutti; così come scrivere. Fare il fotografo, però, è tutta un’altra cosa; vuol dire essere un autore con una visione, con una storia da raccontare, con un punto di vista che viene trasformato in immagine. Proprio come fa il musicista con la musica o il pittore con la pittura.

Oliviero Toscani – United Colors of Benetton, 1991. © olivierotoscani

Tra le altre cose è stato anche direttore di “Music Box”; qual è la musica che ascolta di solito e che magari si può associare ai suoi lavori?

Io sono un figlio degli anni sessanta; quindi ho l’età dei Rolling Stones, dei Beatles, di Bob Dylan… Quella è la mia musica. Però, mi piace anche la musica classica, la musica primitiva africana, quella sperimentale… Insomma, sono aperto a tutti i generi e non ho preconcetti in questo campo, assolutamente.

Oliviero Toscani – United Colors of Benetton, 1996. © olivierotoscani

Lei di recente ha rilasciato una dichiarazione molto forte sulla guerra, affermando che c’è molta ipocrisia in merito al conflitto bellico in corso tra Russia ed Ucraina, nel senso che si pensa solo agli aumenti dei prezzi che inevitabilmente scaturiranno da questa situazione e che, peraltro, sono già in atto. Vuole illustrarci ancora più ampiamente il suo pensiero?

L’egoismo umano la fa da padrone; alla gente non importa nulla della guerra. Anche prima morivano trentamila bambini al giorno per un conflitto bellico, ma chi ci ha mai riflettuto? Siamo qui a giocare a pallone, a fare i progetti degli stadi, le sfilate di moda… Quindi, all’essere umano non toccano i drammi altrui; gli interessano solo i suoi interessi. Ecco, allora, che il problema vero, per lui, è che adesso la benzina aumenterà, avremo disagi col riscaldamento, le nostre comodità non ci sono più… il Pil (lo ripete per tre volte, ndr.) scenderà… e basta!

Lei si è trovato sicuramente varie volte a fotografare familiari, o comunque persone legate a lei da vincoli sentimentali. C’è una certa emozione che, in quel momento, non le consente di essere abbastanza distaccato quando scatta foto ai suoi cari?

Sono come un dottore, io. È chiaro, con i propri familiari c’è un rapporto diverso che con uno sconosciuto; ma loro sono facili da fotografare. Li conosco bene.

fino a domenica 4 Settembre 2022
Oliviero Toscani. 80 anni da situazionista
PALAZZO ALBERGATI
Via Saragozza, 28, 40123 Bologna
palazzoalbergati.com

Immagine in evidenza: Ritratto di Oliviero Toscani. Foto di Olivierotoscanistudio, Ph Leandro Manuel Emede